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Ricordi dalla Toscana

Written by Emanuele Fiano.

Emanuele FianoMentre allungo lo sguardo dall’Obló, improvvisamente realizzo un chiarore di acqua più forte la nella riva del mare; corrisponde alla spiaggia di Rosignano Solvay, sede di una famosa industria di produzione della soda, che nel tempo, con l’inquinamento, ha per sempre sbiancato il fondale del mare.
Scorrono a frotte ricordi del nonno Pinetto, non saprei bene perché e per come legato a quella candida e improvvisa spiaggia nel mar di Toscana. I ricordi affluiscono, non richiamati, ma come sgorganti da chissà quale pertugio.
E dunque era il Gori, un ometto rotondo, a me sembrava l’omino di burro del Pinocchio, dall’accento fiorentino fortissimo, che era amico e moltissimo del nonno, era il Gori, l’uomo delle vacanze a Rosignano Solvay; che di quella bianchissima esotica spiaggia parlava, forse ignaro del fortissimo danno, ma trasportando nella mia mente bambina, immagini di spiagge bianchissime mai viste. Il Gori era anche l’inventore di quella cuccia di legno, con cane di legno, che miracolosamente usciva fuori dalla cuccia al battere di mani. Prodigio di una tecnica elettrica allora stupefacente. In qualche cantina sepolto, dopo anni di onorata carriera.
Del nonno Pinetto, Al secolo Giuseppe Lattes, Tenente Colonnello dell’esercito regio nella Grande Guerra, classe 1893, che aveva 70 anni alla mia nascita e io 13 alla sua morte, ricordo pochino. Certamente del farsi la barba con un rasoio elettrico molto simile a quello di papà nel suo studio verdastro, affacciato a Firenze sul Mugnone.
Del suo labbro inferiore rotondo e carnoso, che risuonava poetico, mentre religiosamente aspirava le bavette al pomodoro e basilico, suo piatto preferito. Ricordo bene l’atmosfera tranquilla del pranzo dai nonni, in Viale Milton 33, anche se immancabile risuonava il grido perentorio di Pinetto alla nonna Rosina, perché mancava di sale la braciola. Solo che l’urlo era preventivo, incredibilmente, perché lui la mancanza di sale la lamentava prima di assaggiare.
Così poi, la sala da pranzo, dopo le bavette e la braciola, si vuotava, i grandi andavano al riposo, e per noi, per me e mia cugina, quella stanza, diventava un regno fantastico, collegato alla misteriosa veranda ricolma di piante, e al terrazzino della carbonaia e della ghiaccia.
Interminabili pomeriggi di avventure in ogni angolo del mondo, inventati sul posto, in pochi metri quadrati a Firenze, lontani dal mio mondo milanese, immersi in un mondo più vecchio, più antico, più lento.
Tutto era diverso da Milano, tutto straniante e un po’ misterioso.
Un vaso antico e rotondo imperava sul tavolo antico all’ingresso; quasi una specie di mappamondo, una forma antica e gentile, come in fondo Firenze, la sua arte, il suo fiume, le sue cupole, del Brunelleschi e della Sinagoga. A Milano era tutto squadrato, le case, i palazzi, le piazze, il nostro arredo moderno. E anche il mio Papà sul lavoro, preciso, ordinato, metodico, moderno con la 24 ore, sembrava così lontano da quel piccolo mondo antico dal quale peraltro veniva e da cui era stato strappato.
L’aereo prosegue, Rosignano scompare, i ricordi si acquietano, l’agenda ricopre l’irrefrenabile afflusso di immagini antiche e bellissime. Il giorno prosegue frenetico, oggi è giorno di rabbia cospicua; menomale che la mente che è libera, ci trasporta anche a volte lontano nel tempo e nei luoghi.

Per seguire l'attività di Emanuele Fiano: sito web - pagina facebook

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