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De PD loquendo

Written by Vincenzo Ortolina.

Vincenzo Ortolina Il governo giallo verde ha dunque il vento in poppa, tre mesi dopo il suo insediamento. Nei sondaggi, la Lega e i Cinquestelle ottengono il gradimento del 60% dell'elettorato, ma l'exploit clamoroso è quello del partito di Salvini, il "duro" della coalizione, che ha quasi raddoppiato i consensi nel giro di pochissimo tempo.
Domandarsi perché è doveroso, per il centrosinistra in particolare, anche se la risposta, a mio avviso, non è difficile da intuire. La crisi dei "riformisti" (se posso definire così la coalizione che aveva nel Pd il suo epicentro) ha raggiunto il suo culmine in occasione della vicenda referendaria di due anni fa, che ha registrato la "ribellione" pubblica dei futuri (allora) scissionisti del Pd contro le decisioni assunte, sul tema, dagli organi ufficiali del partito stesso.
La legge costituzionale cancellata aveva, certo, dei difetti, peraltro ingigantiti dai soliti costituzionalisti "illustri", quelli spesso sui "media" (oggi, però, spariti o quasi), ai quali era impossibile contrapporre pubblicamente la voce altrettanto seria di costituzionalisti "minori", peraltro numerosi, favorevoli alla riforma ma poco "sfruttati" dai media. Una riforma sulla quale io stesso avevo, all'inizio, delle perplessità, ma che alla fine ho condiviso soprattutto perché prevedeva il superamento del "bicameralismo paritario" (con la creazione di un Senato delle autonomie locali, decisamente opportuno, secondo la mia opinione di amministratore locale di lungo corso), la cui permanenza nel nostro sistema continuerà a provocare problemi di efficienza istituzionale. La "ribellione" accennata ha prodotto conseguentemente la diffusa sensazione che nel Paese non esistesse più una forza (nel senso anche quantitativo del termine) 'riformista' capace di contrapporsi con qualche probabilità di successo, pur relativo, al previsto avanzamento della destra. Sensazione diventata poi certezza concreta al momento della "scissione". Uno "scisma" giustificato, nel dibattito pubblico, con riferimento quasi esclusivo alle responsabilità di Renzi e alle sue "politiche di destra", che avrebbero impoverito soprattutto il ceto medio e popolare. Ma, fosse stato davvero così, noi avremmo dovuto aspettarci un trionfo della 'sinistra', a partire dalla nuovissima formazione, LeU, che aveva ... intuito per tempo tutto. Sappiamo, invece, com'è andata, ahimè. Al riguardo, io ho trovato francamente penose le successive giustificazioni degli ex amici/compagni (forse più "compagni", che amici), che si dicono convinti che l'elettorato, anziché votare, nella situazione data, una destra "fotocopia" -quella di Renzi, ovviamente-, ha scelto la destra vera, quella originale. Il dramma, in realtà (lo ribadisco con franchezza), è che D'Alema, Bersani (mio candidato alle primarie del 2013) e compagnia, non hanno compreso il momento che stavamo e stiamo vivendo. Nel senso che non si sono accorti (possibile?) che la preoccupazione in assoluto preminente nel Paese riguardava e riguarda, di questi tempi, la questione migrazione, e la connessa paura (sfruttata cinicamente dall'intero centrodestra, naturalmente) che la stessa comporta, nonché la correlata problematica di un'Europa "assente", nel campo. Dato il "clima" politico, il 5 marzo avrebbe dovuto, perciò, vedere sul campo un Pd fortemente unito nel cercare di contrastare, sui temi citati - leit motiv, appunto, dell'intera campagna elettorale-, le posizioni sovraniste, populiste, e qualunquiste della destra. Sarebbe stata opportuna, al limite, quella "coalizione repubblicana" evocata a ...disastro avvenuto. Invece, ribadisco, abbiamo dato un'immagine agonizzante del centrosinistra.
Certo, si sarebbe perso comunque. Ma, forse, non a quel modo. In ogni caso, quel clima non è cambiato, lo sappiamo. Anzi! Così, nel governo, come detto, nonostante la foglia di fico (f minuscola...) e il "va tutto bene madama la marchesa" di Conte, in Italia comanda il "superduro" Salvini. L'uomo giusto... al posto giusto, oggi. Che detesta migranti e Unione Europea. Ma in campagna elettorale non è stato facile (o sì?) capire se il nemico degli ex Pd erano Salvini e Di Maio, oppure Matteo Renzi, il segretario democraticamente eletto (anche se io, personalmente, ho inserito scheda bianca, nell'urna, alle primarie). Quanto, infine, alle polemiche sul mancato sostegno del Pd, dopo le elezioni, a Cinquestelle, la mia opinione è questa:
-cacciare all'opposizione, per responsabilità nostra, la Lega trionfante, sarebbe stato un azzardo, in presenza del "duro" Salvini, certamente non insensibile all'idea di agitare costantemente, dopo l'estromissione, la piazza.
-la Lega è più facilmente riconoscibile (e, da parte mia, detestabile). M5S, da parte sua, ha già dato mille prove che definirlo partito di "sinistra" è una sciocchezza, pur a prescindere dal fatto che i suoi militanti hanno accettato con entusiasmo l'idea del 'flirt' con Salvini. A me, che, modestamente, ho conseguito, da giovane, una laurea in scienze politiche, con una tesi sul fascismo, il linguaggio di Grillo, Di Maio & c. ricorda quello del Mussolini prima maniera. (e al riguardo sappiamo, poi, come é finita).
In conclusione mi viene allora da considerare che quello di un Pd accondiscendente non sarebbe stato interpretato come un segno di "responsabilità", bensì di "opportunismo". E dunque?
Ma non posso non terminare questa mia nota con un commento, a proposito di Di Maio & c, apparso oggi sul "Corrierone": 'Quando c'è da fare una scelta importante, i grillini (quelli del "cambiamento", ndr) si comportano come tutti gli altri. Il mito dell'innocenza, se mai è esistito, è durato lo spazio di un mattino, giusto il tempo di salire al potere. Poi, solo posizioni pentastellate , un po' gialle, un po' verdi (e un po' nere ).
Ogni fiume è limpido solo alla sorgente'.
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