Lavoro, giustizia sociale, equità
Intervento all'incontro organizzato da Fiba-Cisl sul tema "Lavoro, giustizia sociale, equità: un tetto alle retribuzioni dei top manager".
Parto dal fatto che a me non piace dire che c’è un’indistinta politica perché credo che troppo spesso, in questo Paese, si sia perso il senso della responsabilità. Personalmente, penso che non ci sia stata “una politica” ma ci sono state responsabilità diverse in cui ognuno ha avuto un proprio ruolo. Credo che questo Paese tornerà ad essere normale nel momento in cui i cittadini riconosceranno le diverse responsabilità, le attribuiranno e sceglieranno anche sulla base di ciò.
Tuttavia, so bene che il tema della credibilità della politica e delle istituzioni democratiche è centrale perché oggi c’è una sfiducia grandissima dei cittadini verso la politica e nella sua capacità di dare risposte e c’è una crisi fortissima e credo che a questo bisogna rispondere.
Oggi, il tema a cui tutti devono lavorare è come ridiamo credibilità alla politica. Questo è un tema su cui si gioca la possibilità di ridare forza alla nostra democrazia e ridare forza a questo Paese e che consentirà poi anche di fare le cose che qui sono state proposte.
Non penso che con una politica debole, lontana dalle persone e che non ha la fiducia dei cittadini si possa fare una grande redistribuzione del reddito come quella che è stata chiesta qui.
Per questo parto da qui. Parto da cosa può fare la politica per dare dei segnali che si è recepito il messaggio che viene dai cittadini e allo stesso tempo mandare dei messaggi di cambiamento, di riforma della politica che restituiscano credibilità.
Voglio partire dalla vostra proposta di legge di mettere un tetto agli stipendi dei manager perché credo che sia giusta. Non solo credo che sia utile ma penso anche che non sia scontata. Penso anche che si sia scelto un metodo innovativo per porre una questione che è generale: è una proposta di legge che pone due questioni semplici ma fondamentali.
La prima è il tema dell’equità. In questi anni, nel nostro Paese, le distanze tra chi è povero e chi è ricco sono aumentate: i poveri sono diventati ancora più poveri e sono aumentati di numero; i ricchi sono diminuiti ma sono diventati ancora più ricchi. Tutto il comparto del lusso nel nostro Paese continua ad andare molto bene perché ci sono i ricchi sempre più ricchi che fanno funzionare questo mercato.
Bisogna anche dirsi la verità: tutto questo non è successo solo per la crisi. La crisi ha dato una spinta ulteriore ma la forbice tra ricchi e poveri ha iniziato ad allargarsi prima a causa delle scelte politiche che sono state intraprese in questo Paese: i tagli orizzontali oppure le misure fiscali valide per tutti che hanno di fatto favorito i più ricchi, perché un conto è dire che abbassiamo le tasse per i più deboli e un altro conto è dire che lo facciamo per tutti.
Poi, in realtà, le tasse non le hanno diminuite per nessuno, però questa logica c’è stata in Italia.
La seconda questione richiama il tema del merito e della responsabilità.
Non è corretto dire che è giusto che un manager guadagni molto perché ha tante responsabilità e tanti meriti perché la storia delle banche, delle assicurazioni, del mercato finanziario di questo Paese dimostrano il contrario: i manager guadagnano sempre di più nonostante abbiano agito male.
Personalmente trovo incredibile vedere manager gestire esuberi e crisi che loro stessi avevano provocato guadagnando di più di quello che guadagnavano prima. Questo tema che riguarda la responsabilità e il merito è ciò che voi ponete nelle premesse di questa proposta di legge.
C’è un invito a portare questo disegno di legge in discussione presto e noi dobbiamo raccoglierlo perché penso che sia giusto farlo, anche perché pone questioni decisive per la politica e per la pubblica amministrazione.
Ha ragione chi, prima, affermava che non è che tagliando tutti i costi della politica e della pubblica amministrazione si risolvono tutti i problemi del Paese, tuttavia, se non facciamo un’operazione seria e trasparente su tutta questa materia non diamo un segnale che la crisi non riguarda solo gli altri ma riguarda anche la politica e la pubblica amministrazione e non riusciamo a ricostruire la credibilità della politica. Per questo credo che il settore pubblico debba dare un esempio rispetto alla questione della cancellazione di disparità così forti che ci sono. Si sta facendo qualcosa in questa direzione: il tetto agli stipendi dei manager pubblici è stato fissato, per tutti i manager delle partecipate è stato fissato al livello del presidente di cassazione, gli stipendi ai grandi manager sono stati ridotti del 20%.
Probabilmente non basta perché c’è un punto che riguarda la pubblica amministrazione che secondo me è chiave: in Italia ci sono 300 dirigenti della pubblica amministrazione tra Regioni e Provincie che guadagnano più del capo del Ministero degli Esteri e anche su questo fronte credo che bisogna agire. Nella pubblica amministrazione ci sono alcuni che guadagnano tantissimo e c’è una base larga di stipendi medio-bassi e in mezzo non c’è nulla. Alcuni hanno calcolato che abbassare del 20% lo stipendio dei dirigenti pubblici che guadagnano più di 100.000 euro all’anno comporterebbe per lo Stato un risparmio di quasi un miliardo di euro. Penso che un’operazione di questo genere sia possibile con una politica forte e che porti anche di equità al livello del comparto pubblico. La si può e la si deve fare, cominciando a dare l’esempio. Dobbiamo dare l’esempio, dobbiamo davvero portare fino in fondo le riforme che sono in campo.
Non credo che stiamo discutendo della riforma del bicameralismo perfetto, dell’abolizione del Senato per risparmiare soldi ma perché è evidente che c’è un processo legislativo che non funziona e che due Camere che rifanno lo stesso lavoro, magari per quattro volte, non consentono di rispondere ai problemi dei cittadini in maniera rapida come si dovrebbe fare, però questo farebbe anche risparmiare, così come farebbe risparmiare una modifica del Titolo V della Costituzione perché si andrebbero a ridurre i contenziosi tra Regioni e governo; così come farebbe risparmiare stabilire dei tetti di spesa per le Regioni e i loro dirigenti e personale.
Credo che si possa fare molto e si debba farlo adesso. L’abolizione del rimborso elettorale ai partiti è una cosa importante che si deve fare ma non basta: dobbiamo fare tante di queste cose non solo per pesare meno sugli altri e per liberare risorse ma soprattutto perché occorre far recuperare credibilità alla politica, perché solo una politica più autorevole può fare in questo Paese una grande redistribuzione del reddito.
Bisogna dirsi la verità: in questo Paese, redistribuire il reddito, cambiare le cose vuol dire mettere in discussione tutto, le corporazioni, gli interessi consolidati, burocrazie e privilegi che si difendono.
Serve una politica più forte e una politica perché sia più forte deve avere più credibilità.
Sapendo che, se riusciamo a risparmiare, tutto ciò che arriverà dalla spending review e che arriverà in cassa in questo anno, sarà messo in un fondo che servirà a fare ciò che può consentire una prima redistribuzione del reddito, cioè andare ad abbassare il costo del lavoro. Tutti quei soldi, quindi, saranno utilizzati per abbassare il costo del lavoro.
Serve anche una politica più credibile per fare un’altra cosa: per fare una battaglia più forte per la legalità. Quello della legalità è un tema che incide profondamente sullo sviluppo economico, sulla credibilità del nostro Paese, sulla capacità di attrarre investitori ma non è solo questo. In questi giorni, con la Commissione Antimafia abbiamo fatto diverse audizioni qui a Milano e il quadro che è emerso è molto preoccupante. È il quadro di un soggetto che si chiama ‘ndrangheta che dispone di moltissimi soldi tra droga e vari traffici, che in tempi di crisi diventa l’unico soggetto che ha i soldi e a questo soggetto si sta rivolgendo e si è rivolta in questi anni anche una parte dell’economia legale di imprese e professionisti, alimentando una zona grigia in cui economia legale ed economia illegale si confondono e questo è un problema per la democrazia del Paese. Il rischio è che una parte importante della nostra economia venga infiltrata da capitali di provenienza illegale e questo è un fenomeno pericoloso perché è invisibile: non è la ‘ndrangheta che spara o che va in giro con la coppola ma sono professionisti, è un sistema. Pochi mesi fa è stato commissariato per mafia il Comune di Sedriano - il primo Comune lombardo commissariato - e andando a guardare dentro a quella vicenda si vede come la criminalità organizzata cresce dentro ad un sistema diffuso di illegalità, di non rispetto delle regole, di persone che non fanno il proprio dovere.
Per contrastare tutto questo serve una politica più forte ma soprattutto una politica credibile, che sia in grado di attivare le coscienze perché il tema della legalità lo affrontiamo così, perché non avremo di fronte le bombe ma avremo di fronte l’insidia di tanti soldi che provengono dalla malavita che inquinano la nostra economia. A questo si risponde solo con una cultura della legalità che deve essere rafforzata in Italia e che è una delle condizioni anche per incominciare a ragionare sugli altri temi, che si fonda sul principio di legalità e di uguaglia di regole, del rispetto delle regole.