Posso vincere
Giorgio Gori tra una settimana sarà il nuovo governatore della Lombardia oppure sarà di nuovo il sindaco di Bergamo, con un futuro politico tutto da definire. Chiuderà la campagna elettorale venerdì alla Fiera di via Lunga, «forse col ministro Martina», poi a Milano con Beppe Sala e Giuliano Pisapia.
Vincere è molto difficile ma non impossibile?
«È possibile. Non so con quale probabilità, ma è possibile. C’è una crescita del mio consenso. Bisognerà valutare anche l’effetto trascinamento delle Politiche».
«È possibile. Non so con quale probabilità, ma è possibile. C’è una crescita del mio consenso. Bisognerà valutare anche l’effetto trascinamento delle Politiche».
Gli ultimi sondaggi davano il suo gradimento superiore a quello del candidato leghista Attilio Fontana. Ma il centrodestra era in vantaggio.
«Quel sondaggio di Ipsos per il Corriere diceva due cose: la mia riconoscibilità e il mio gradimento erano superiori a quelli di Fontana. E, soprattutto, il 37% dell’elettorato lombardo era indeciso».
«Quel sondaggio di Ipsos per il Corriere diceva due cose: la mia riconoscibilità e il mio gradimento erano superiori a quelli di Fontana. E, soprattutto, il 37% dell’elettorato lombardo era indeciso».
Confida nel voto disgiunto?
«Secondo me ce ne sarà abbastanza, di voto disgiunto. Sia da parte di elettori di Liberi e Uguali che di moderati: c’è un elettorato che magari sceglie Forza Italia ma che è spaventato dal profilo di Fontana, troppo simile a Matteo Salvini».
«Secondo me ce ne sarà abbastanza, di voto disgiunto. Sia da parte di elettori di Liberi e Uguali che di moderati: c’è un elettorato che magari sceglie Forza Italia ma che è spaventato dal profilo di Fontana, troppo simile a Matteo Salvini».
Ha girato la Lombardia per settimane, quali pensa che siano le eredità positive e quelle negative dell’era Maroni?
«Maroni ha avuto una condotta tentoriana, nel senso che in una Regione in cui si sta già molto meglio che in altre, non ha fatto granché, nemmeno grandi danni. Ma le cose migliorabili sono tante e girando vengono fuori. La sanità ha picchi di eccellenza, le cure ospedaliere sono di alto livello, poi però per una visita nelle strutture pubbliche ci possono volere mesi o anni. Dei treni dei pendolari non serve neanche parlare. L’esperienza che mi ha più colpito in questi mesi è stata la visita alle case Aler della periferia di Milano, dove mi hanno pure contestato. Lì capisci perché noi di sinistra non possiamo mai omettere di parlare di sicurezza e immigrazione in modo serio, temi su cui invece la Lega fa solo propaganda».
«Maroni ha avuto una condotta tentoriana, nel senso che in una Regione in cui si sta già molto meglio che in altre, non ha fatto granché, nemmeno grandi danni. Ma le cose migliorabili sono tante e girando vengono fuori. La sanità ha picchi di eccellenza, le cure ospedaliere sono di alto livello, poi però per una visita nelle strutture pubbliche ci possono volere mesi o anni. Dei treni dei pendolari non serve neanche parlare. L’esperienza che mi ha più colpito in questi mesi è stata la visita alle case Aler della periferia di Milano, dove mi hanno pure contestato. Lì capisci perché noi di sinistra non possiamo mai omettere di parlare di sicurezza e immigrazione in modo serio, temi su cui invece la Lega fa solo propaganda».
Sta evitando Matteo Renzi in questa campagna elettorale?
«Ma no, domenica a Milano non ci siamo visti perché gli impegni non coincidevano, ma poi l’ho sentito. Nei mesi scorsi abbiamo fatto cose insieme, ho partecipato a una tappa del suo viaggio in treno, ad esempio».
«Ma no, domenica a Milano non ci siamo visti perché gli impegni non coincidevano, ma poi l’ho sentito. Nei mesi scorsi abbiamo fatto cose insieme, ho partecipato a una tappa del suo viaggio in treno, ad esempio».
Qualche anno fa avrebbe fatto salti mortali per stare dieci minuti sullo stesso palco con Renzi.
«È passata l’idea che la mia candidatura non sia solo del Pd ma di un fronte più ampio, e questo è un bene. Abbiamo ritenuto di fare le cose in modo più corale, coinvolgendo figure come il premier Paolo Gentiloni, i ministri Carlo Calenda, Marco Minniti e Maurizio Martina. E questa linea sono convinto che consentirà al centrosinistra di recuperare voti negli ultimi giorni».
«È passata l’idea che la mia candidatura non sia solo del Pd ma di un fronte più ampio, e questo è un bene. Abbiamo ritenuto di fare le cose in modo più corale, coinvolgendo figure come il premier Paolo Gentiloni, i ministri Carlo Calenda, Marco Minniti e Maurizio Martina. E questa linea sono convinto che consentirà al centrosinistra di recuperare voti negli ultimi giorni».
Renzi a questo punto dovrebbe indicare Gentiloni come candidato premier? «No, Renzi ha fatto le cose che doveva, compreso chiarire che non si dimetterà anche in caso di sconfitta. Il lavoro del governo Gentiloni rappresenta quello che serve all’Italia e che le forze economiche oggi chiedono, tutte: la stabilità per proseguire nelle riforme e nella crescita».
Replicare a livello regionale l’esperienza bergamasca della Lista Gori ha funzionato?
«È un posizionamento utile, quello delle liste civiche. Ma certo ci consentirà di avere consenso tra gli elettori che non andrebbero sul Pd».
A chi darà le preferenze per il consiglio regionale?
«Non ho deciso. Ma mi pare che i due capilista bergamaschi della Lista Gori (l’assessore alla Cultura Nadia Ghisalberti e il consigliere comunale Niccolò Carretta, ndr) siano degnamente in quella posizione. Ci sono poi personaggi come Enea Bagini, il sindaco di Ciserano, che ha la tessera del Pd ma che nel suo territorio ha un consenso che va al di là dei confini della coalizione. Ci sono anche ottime candidature nel Pd, da Jacopo Scandella a Matteo Rossi a Marzia Marchesi».
Quanto le rinfacciano, in giro per la Lombardia, il fatto di aver abbandonato l’amministrazione di Bergamo?
«Per niente. A parte il fatto che io ci sono stato in questi mesi e come giunta abbiamo fatto moltissime cose, anche a Bergamo questo argomento è irrilevante. Non ha bucato per niente, anche perché non ha alcun senso che una parte politica si lamenti dell’assenza dell’avversario».
Ci sono però passaggi, come le cartelle Imu alle scuole cattoliche, che si sarebbero potute gestire meglio in queste settimane.
«Non è vero, io ho seguito quella vicenda nei mesi scorsi. Se avessimo potuto evitarlo l’avremmo evitato ma il mondo delle scuole paritarie era informato di questa decisione e delle ragioni che ci stavano dietro, e non c’è stata alcuna frattura. D’altra parte la stessa cosa l’hanno fatta Seriate e Lecco, che ha un sindaco cattolico».
L’intervento dell’arcivescovo di Milano Mario Delpini dopo il giuramento di Salvini sul Vangelo cosa dice del rapporto tra cattolici e politica?
«Dopo quella scena sarei voluto intervenire ma l’arcivescovo aveva già detto tutto. Il mondo cattolico, in sua larga parte, ha oggi un rapporto positivo con il centrosinistra. Ci accomuna un atteggiamento molto serio su accoglienza e immigrazione, che si tratta considerando la fragilità della persona prima di tutto il resto. Più il centrodestra si salvinizza, più la frattura col mondo cattolico si aggrava. Lui può giurare su tutti i vangeli che vuole, ma la sostanza è che quel messaggio è antitetico a quello cristiano».
E il rapporto con Cl? Le manifestazioni di stima verso l’era Formigoni alla lunga le sono costate o hanno pagato?
«Quello è stato uno dei pretesti con cui Leu ha rotto le trattative per la coalizione. Per il resto, è cosa nota che oggi la Regione, rispetto al periodo di Formigoni, sia una macchina imballata».
Alla fine questa campagna elettorale quanto le è costata? Qualche settimana fa il suo staff ipotizzava 2 milioni, se fossero arrivati i fondi dal Pd.
«Ma i fondi del Pd non sono arrivati e quindi abbiamo speso meno, diciamo più di 1 ma meno di 2 milioni, tutti raccolti».
Lei ci ha messo del suo?
«Quanto consente la legge (100 mila euro l’anno, ndr)».
A proposito di staff, lei paga e non poco Francesco Facchinetti per il lavoro sui social. Ma ha capito se voterà per lei? Su Facebook ogni tanto fa uscite non proprio di sinistra.
«Non so, non gliel’ho chiesto se voterà per me... comunque non lo pago molto».
La prima cosa che farebbe per il territorio bergamasco se vincesse?
«Lavorare sul progetto della T2, la tramvia della Valle Brembana. La Regione deve fare la sua parte».
In realtà la domanda che tutti si fanno, sia che lei vinca, sia che lei perda, è: cosa succede il 5 marzo a Bergamo?
«Io considero solo l’ipotesi di vincere, dunque auspico di potercela fare e che il vicesindaco, Sergio Gandi, guidi la giunta per il resto del mandato».
Ma se perdesse, si ricandiderebbe a Palazzo Frizzoni?
«Non ci ho ancora pensato, davvero».
Con Renzi in difficoltà, dopo il voto Gori sarà un personaggio centrale per la futura leadership nazionale del Pd?
«Se noi riusciamo a vincere questa partita in Lombardia in un quadro nazionale confuso, anche per le regole della legge elettorale che non consente di avere un chiaro vincitore, diamo un segnale politico fortissimo, di speranza, perché vuol dire che non tutto è compromesso. Questo dà al voto regionale del 4 marzo un valore che va oltre la Lombardia».
Replicare a livello regionale l’esperienza bergamasca della Lista Gori ha funzionato?
«È un posizionamento utile, quello delle liste civiche. Ma certo ci consentirà di avere consenso tra gli elettori che non andrebbero sul Pd».
A chi darà le preferenze per il consiglio regionale?
«Non ho deciso. Ma mi pare che i due capilista bergamaschi della Lista Gori (l’assessore alla Cultura Nadia Ghisalberti e il consigliere comunale Niccolò Carretta, ndr) siano degnamente in quella posizione. Ci sono poi personaggi come Enea Bagini, il sindaco di Ciserano, che ha la tessera del Pd ma che nel suo territorio ha un consenso che va al di là dei confini della coalizione. Ci sono anche ottime candidature nel Pd, da Jacopo Scandella a Matteo Rossi a Marzia Marchesi».
Quanto le rinfacciano, in giro per la Lombardia, il fatto di aver abbandonato l’amministrazione di Bergamo?
«Per niente. A parte il fatto che io ci sono stato in questi mesi e come giunta abbiamo fatto moltissime cose, anche a Bergamo questo argomento è irrilevante. Non ha bucato per niente, anche perché non ha alcun senso che una parte politica si lamenti dell’assenza dell’avversario».
Ci sono però passaggi, come le cartelle Imu alle scuole cattoliche, che si sarebbero potute gestire meglio in queste settimane.
«Non è vero, io ho seguito quella vicenda nei mesi scorsi. Se avessimo potuto evitarlo l’avremmo evitato ma il mondo delle scuole paritarie era informato di questa decisione e delle ragioni che ci stavano dietro, e non c’è stata alcuna frattura. D’altra parte la stessa cosa l’hanno fatta Seriate e Lecco, che ha un sindaco cattolico».
L’intervento dell’arcivescovo di Milano Mario Delpini dopo il giuramento di Salvini sul Vangelo cosa dice del rapporto tra cattolici e politica?
«Dopo quella scena sarei voluto intervenire ma l’arcivescovo aveva già detto tutto. Il mondo cattolico, in sua larga parte, ha oggi un rapporto positivo con il centrosinistra. Ci accomuna un atteggiamento molto serio su accoglienza e immigrazione, che si tratta considerando la fragilità della persona prima di tutto il resto. Più il centrodestra si salvinizza, più la frattura col mondo cattolico si aggrava. Lui può giurare su tutti i vangeli che vuole, ma la sostanza è che quel messaggio è antitetico a quello cristiano».
E il rapporto con Cl? Le manifestazioni di stima verso l’era Formigoni alla lunga le sono costate o hanno pagato?
«Quello è stato uno dei pretesti con cui Leu ha rotto le trattative per la coalizione. Per il resto, è cosa nota che oggi la Regione, rispetto al periodo di Formigoni, sia una macchina imballata».
Alla fine questa campagna elettorale quanto le è costata? Qualche settimana fa il suo staff ipotizzava 2 milioni, se fossero arrivati i fondi dal Pd.
«Ma i fondi del Pd non sono arrivati e quindi abbiamo speso meno, diciamo più di 1 ma meno di 2 milioni, tutti raccolti».
Lei ci ha messo del suo?
«Quanto consente la legge (100 mila euro l’anno, ndr)».
A proposito di staff, lei paga e non poco Francesco Facchinetti per il lavoro sui social. Ma ha capito se voterà per lei? Su Facebook ogni tanto fa uscite non proprio di sinistra.
«Non so, non gliel’ho chiesto se voterà per me... comunque non lo pago molto».
La prima cosa che farebbe per il territorio bergamasco se vincesse?
«Lavorare sul progetto della T2, la tramvia della Valle Brembana. La Regione deve fare la sua parte».
In realtà la domanda che tutti si fanno, sia che lei vinca, sia che lei perda, è: cosa succede il 5 marzo a Bergamo?
«Io considero solo l’ipotesi di vincere, dunque auspico di potercela fare e che il vicesindaco, Sergio Gandi, guidi la giunta per il resto del mandato».
Ma se perdesse, si ricandiderebbe a Palazzo Frizzoni?
«Non ci ho ancora pensato, davvero».
Con Renzi in difficoltà, dopo il voto Gori sarà un personaggio centrale per la futura leadership nazionale del Pd?
«Se noi riusciamo a vincere questa partita in Lombardia in un quadro nazionale confuso, anche per le regole della legge elettorale che non consente di avere un chiaro vincitore, diamo un segnale politico fortissimo, di speranza, perché vuol dire che non tutto è compromesso. Questo dà al voto regionale del 4 marzo un valore che va oltre la Lombardia».