Rivoluzione in vista per i malati cronici
La Regione Lombardia sta per introdurre un radicale cambiamento nella gestione dei malati cronici. Il piano partirà entro fine anno, ma se ne sa ancora poco. Funzionerà? Non funzionerà? E che effetti avrà? Lo chiediamo a Carlo Borghetti, consigliere regionale (Pd), da 6 anni membro del Consiglio Nazionale Anci, membro del Consiglio Regionale e Provinciale di Milano di Uneba (Unione Nazionale Enti di Assistenza); per questo incarico ha seguito gruppi di lavoro in Regione, nell’ambito del Piano Socio-Sanitario.
Borghetti, chi sarà interessato a questo nuovo sistema?
«Il Piano Assistenziale potenzialmente può interessare un lombardo su 3, perché tanti sono i corregionali che soffrono almeno di una malattia cronica – cardiopatie, diabete, malattie respiratorie o neurologiche… –. Patologie che rappresentano oltre l’80% delle cause di decesso e impegnano quasi il 70% della spesa sanitaria».
«Il Piano Assistenziale potenzialmente può interessare un lombardo su 3, perché tanti sono i corregionali che soffrono almeno di una malattia cronica – cardiopatie, diabete, malattie respiratorie o neurologiche… –. Patologie che rappresentano oltre l’80% delle cause di decesso e impegnano quasi il 70% della spesa sanitaria».
Come si dovranno comportare d’ora in poi i malati cronici?
«In pratica il paziente potrà non rivolgersi più al proprio medico di famiglia per tutto quello che riguarda la sua cronicità, ma potrà scegliere un “ente gestore”, col quale dovrà firmare un Patto di Cura, che lo seguirà nella prescrizione di visite, esami e terapie, al posto del medico. L’ente gestore si sceglie all’interno di una lista di enti gestori che si saranno accreditati, e che riceveranno dalla Regione un budget economico per ogni paziente che si prenderanno in carico, in base a un Piano Assistenziale Individuale, detto Pai».
«In pratica il paziente potrà non rivolgersi più al proprio medico di famiglia per tutto quello che riguarda la sua cronicità, ma potrà scegliere un “ente gestore”, col quale dovrà firmare un Patto di Cura, che lo seguirà nella prescrizione di visite, esami e terapie, al posto del medico. L’ente gestore si sceglie all’interno di una lista di enti gestori che si saranno accreditati, e che riceveranno dalla Regione un budget economico per ogni paziente che si prenderanno in carico, in base a un Piano Assistenziale Individuale, detto Pai».
Senza entrare in dettagli troppo tecnici, ci può dare un suo parere in merito?
«In realtà i dettagli tecnici sono fondamentali, ma tralascio qui il problema di chi debba costruire il “Piano” e la questione della necessità di non escludere il medico di famiglia – che già conosce il paziente – e per ora mi soffermo solo su alcune questioni problematiche: in primis, non si può ridurre l’assistenza al malato cronico a una sequela di esami e prestazioni senza curare la persona “intera”, come viene insegnato ai medici. Tutti sanno che bisogna curare la “persona”, e non la “malattia”...».
«In realtà i dettagli tecnici sono fondamentali, ma tralascio qui il problema di chi debba costruire il “Piano” e la questione della necessità di non escludere il medico di famiglia – che già conosce il paziente – e per ora mi soffermo solo su alcune questioni problematiche: in primis, non si può ridurre l’assistenza al malato cronico a una sequela di esami e prestazioni senza curare la persona “intera”, come viene insegnato ai medici. Tutti sanno che bisogna curare la “persona”, e non la “malattia”...».
Le è per caso sorto qualche interrogativo nell’affrontare questa materia?
«Beh, sì, parecchi. Ad esempio, chi suggerirà ai pazienti a quale ente gestore rivolgersi? Come faranno i cittadini a decidere quale struttura scegliere? Gli enti gestori saranno in maggioranza privati, con tutta probabilità: e se un paziente volesse restare nel suo territorio con la struttura pubblica a cui abitualmente si rivolge da anni, e in quel territorio si candidano solo enti privati, come entra il paziente in questo nuovo sistema? Deve abbandonare la struttura a cui si è sempre rivolto? Chi garantisce nel tempo il corretto aggiornamento e svolgimento del Piano Assistenziale se il paziente peggiora? Come fa un paziente, nel momento che ha un nuovo disturbo, a sapere se si deve rivolgere al proprio medico di famiglia, o se deve andare dall’ente gestore che ha scelto per la sua cronicità? In base a quali elementi la Regione ha deciso che i medici di famiglia non sono più adatti a curare i pazienti cronici? Non bastava ad esempio dare più supporto ai medici di famiglia?»
«Beh, sì, parecchi. Ad esempio, chi suggerirà ai pazienti a quale ente gestore rivolgersi? Come faranno i cittadini a decidere quale struttura scegliere? Gli enti gestori saranno in maggioranza privati, con tutta probabilità: e se un paziente volesse restare nel suo territorio con la struttura pubblica a cui abitualmente si rivolge da anni, e in quel territorio si candidano solo enti privati, come entra il paziente in questo nuovo sistema? Deve abbandonare la struttura a cui si è sempre rivolto? Chi garantisce nel tempo il corretto aggiornamento e svolgimento del Piano Assistenziale se il paziente peggiora? Come fa un paziente, nel momento che ha un nuovo disturbo, a sapere se si deve rivolgere al proprio medico di famiglia, o se deve andare dall’ente gestore che ha scelto per la sua cronicità? In base a quali elementi la Regione ha deciso che i medici di famiglia non sono più adatti a curare i pazienti cronici? Non bastava ad esempio dare più supporto ai medici di famiglia?»
Vuole dire che c’è il rischio di “ospedalizzare” ancora di più il sistema sanitario lombardo?
«Ai sensi della riforma sanitaria – presentata nel 2014 – dovevano essere costituiti per la cronicità i Presidi Ospedalieri Territoriali (Pot) e i Presidi Socio-Sanitari Territoriali (Presst): sono passati ormai due anni e quella previsione è rimasta inattuata... ora, perché la Regione vuole partire con il nuovo sistema degli enti gestori – entro fine anno – se non ha ancora realizzato i Pot e Presst pubblici? La Regione vuole consentire agli enti gestori di subappaltare prestazioni fino al 10% (e anche oltre) ad altri enti che non sono ancora stati inseriti a contratto nell’attuale sistema pubblico, e non se ne capisce il motivo».
«Ai sensi della riforma sanitaria – presentata nel 2014 – dovevano essere costituiti per la cronicità i Presidi Ospedalieri Territoriali (Pot) e i Presidi Socio-Sanitari Territoriali (Presst): sono passati ormai due anni e quella previsione è rimasta inattuata... ora, perché la Regione vuole partire con il nuovo sistema degli enti gestori – entro fine anno – se non ha ancora realizzato i Pot e Presst pubblici? La Regione vuole consentire agli enti gestori di subappaltare prestazioni fino al 10% (e anche oltre) ad altri enti che non sono ancora stati inseriti a contratto nell’attuale sistema pubblico, e non se ne capisce il motivo».
Ma quali sono di conseguenza i rischi reali per i pazienti e per la sanità regionale pubblica?
«Noi vediamo soprattutto il rischio di una gestione delle prestazioni che metterà in competizione i gestori sulla base della loro capacità di attrarre i pazienti più remunerativi risparmiando sulle prestazioni. Non siamo certo contrari ai cambiamenti, se sono migliorativi, e c’è anche bisogno di governare finalmente meglio la spesa sanitaria per i malati cronici in questa Regione, ma questa novità ci preoccupa».
«Noi vediamo soprattutto il rischio di una gestione delle prestazioni che metterà in competizione i gestori sulla base della loro capacità di attrarre i pazienti più remunerativi risparmiando sulle prestazioni. Non siamo certo contrari ai cambiamenti, se sono migliorativi, e c’è anche bisogno di governare finalmente meglio la spesa sanitaria per i malati cronici in questa Regione, ma questa novità ci preoccupa».
C’è ancora un margine, temporale e politico, per discutere di questi aspetti con il presidente della Regione Lombardia?
«Sì. Se a queste domande arriveranno risposte concrete e convincenti da Maroni e soci, la rivoluzione potrà avere delle chance di riuscita, altrimenti intravediamo un esito triste: il sistema sanitario pubblico lombardo perderà ulteriori pezzi. Noi siamo a favore di un servizio che cammini sulle due gambe di cui oggi è dotato, quella pubblica e quella privata, però rilanciando il pubblico, non sostituendolo ulteriormente col privato. Altrimenti la monetizzazione della cronicità metterà a serio rischio l’appropriatezza e l’efficacia delle prestazioni che verranno in seguito offerte ai pazienti».
«Sì. Se a queste domande arriveranno risposte concrete e convincenti da Maroni e soci, la rivoluzione potrà avere delle chance di riuscita, altrimenti intravediamo un esito triste: il sistema sanitario pubblico lombardo perderà ulteriori pezzi. Noi siamo a favore di un servizio che cammini sulle due gambe di cui oggi è dotato, quella pubblica e quella privata, però rilanciando il pubblico, non sostituendolo ulteriormente col privato. Altrimenti la monetizzazione della cronicità metterà a serio rischio l’appropriatezza e l’efficacia delle prestazioni che verranno in seguito offerte ai pazienti».
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