La memoria contro l'odio
Una democrazia vitale mantiene viva la memoria del passato, ed è per questo che oggi siamo qui, al Campo 64 del Cimitero Maggiore, il “campo della gloria”, per onorare il ricordo dei cittadini milanesi caduti per la libertà.
Ma senza la conoscenza non c'è ricordo.
Conoscenza dell’odio, il cui frutto è stata l'infamia del nazi-fascismo. Ma anche, e soprattutto, conoscenza della lotta antifascista i cui valori di uguaglianza, pace e solidarietà sono alla base della nostra Costituzione repubblicana. Questo momento però non può e non deve trasformarsi in una ricorrenza vuota e stantia in cui esibirsi in esercizi di retorica. E a ricordarci il perché ci pensa la cronaca quotidiana.
Un vento di xenofobia sta investendo l'intera Europa, l’Italia non ne é esclusa, anzi è una sorta di laboratorio in cui stanno maturando tendenze osservabili in molti altri paesi Europei. Questo fenomeno è tanto più allarmante se si pensa che attecchisce sempre più tra i soggetti sociali (quali ad esempio i giovani e gli operai) che sono sempre stati all'avanguardia delle trasformazioni progressiste.
Un vento di xenofobia sta investendo l'intera Europa, l’Italia non ne é esclusa, anzi è una sorta di laboratorio in cui stanno maturando tendenze osservabili in molti altri paesi Europei. Questo fenomeno è tanto più allarmante se si pensa che attecchisce sempre più tra i soggetti sociali (quali ad esempio i giovani e gli operai) che sono sempre stati all'avanguardia delle trasformazioni progressiste.
In questi ultimi due anni Milano e la sua area metropolitana, nel 1944 epicentro della rivolta europea contro il nazi-fascismo, hanno dovuto assistere a numerosi e reiterati rigurgiti neofascisti: dall’incendio della lapide dedicata ai "Combattenti per la Libertà" in Largo Rio de Janeiro alla distruzione delle targhe poste al "Parco della Resistenza e dei martiri" di via Tibaldi; dallo sfregio della pietra di inciampo dedicata alla memoria di Dante Coen, deportato ad Auschwitz, alla parata nera al Campo X.
Ma, a mio avviso, il fatto maggiormente preoccupante è il quadro che ci restituisce la nuova Mappa dell’Intolleranza realizzata nel 2017 da “Vox-ossservatorio italiano sui diritti”. Emerge che i social media sono diventati il nuovo veicolo dell’odio. In un arco temporale di 6 mesi, su un campione di oltre 2 milioni di tweet analizzati, ben 112 mila contenevano insulti e minacce aventi come bersaglio nell’ordine: donne, migranti, omosessuali, musulmani, disabili ed ebrei. E, sorprendentemente, Milano la capitale della lotta al nazi-fascismo, è risultata essere la città con il maggior numero di tweet “negativi”. Il lessico dell’odio non è direttamente fascismo ma ne é il presupposto, l’humus culturale, necessario affinché questo riaffiori. Il lessico dell’odio non deve essere sottovalutato o peggio ignorato ma deve essere contrastato culturalmente con azioni concrete e puntuali.
Il razzismo, la xenofobia e il fascismo non si combattono con il silenzio ma attraverso un’azione pacifica e costante. Si deve stare tra la gente e parlare con essa instancabilmente, perché se lasciamo i fomentatori di odio e paura ad essere gli unici ad alimentare il senso comune, le persone saranno tentate di credere che davvero siano gli immigrati, gli ebrei, gli omosessuali la causa dei propri problemi.
Particolare attenzione meritano i contesti non direttamente politici ma con una forte rilevanza nella cultura di massa.
Quanto avviene mondo dello sport è paradigmatico. In alcune città italiane nei fine settimana, da anni oramai, alcuni palazzetti dello sport e degli stadi diventano dei porti franchi. Luoghi in cui si può dar sfogo al peggior squadrismo fascista senza pagare dazio o quasi. Atleti di colore, ebrei o provenienti dall’est europeo sono bersagli su cui vomitare le peggiori parole immaginabili. Queste manifestazioni di odio e violenza verbale, e talvolta fisica, non si fermano davanti a nulla, neppure davanti ai cancelli dei campi di sterminio nazisti e al volto di coloro che in essi morirono. E la gran parte degli addetti ai lavori come risponde? Con silenzi imbarazzati, comminando pene ridicole ai responsabili e ostentando una solidarietà pelosa alle vittime. Per dirla come in una celebre canzone di F. De Andrè: “ci si indigna, si impegna e poi si getta la spugna con gran dignità”.
Dagli Usa invece ci sono giunti degli esempi concreti di cosa significa affrontare il problema in maniera efficace alla radice. Nel 2014, a seguito di uno scandalo legato ad alcune frasi razziste nei confronti delle persone di colore pubblicate da un sito di gossip, il presidente di una squadra basket statunitense venne espulso a vita dalla NBA con in aggiunta una multa di 2,5 milioni di dollari devoluta ad organizzazioni che si dedicano alla lotta contro la discriminazione selezionate dal sindacato dei giocatori e il divieto di poter assistere dal vivo a un qualsiasi incontro di NBA e infine la stessa Lega forzò l’interessato a vendere la squadra, cosa che fece puntualmente il mese successivo. Tutto questo grazie alla mobilitazione dei giocatori stessi e il sostegno della gran parte delle tifoserie. Anche questo è antifascismo.
Chi come me è chiamato ad amministrare la cosa pubblica è investito dalla responsabilità di operare quotidianamente affinchè il dettato costituzionale si trasformi in azioni concrete a beneficio dei cittadini. Siamo quindi chiamati ad operare a contrastare ogni forma di fascismo vecchio o nuovo che sia senza ambiguità. E in tal senso permettetemi di dire ho trovato inaccettabile che un sindaco dell'area metropolitana milanese lo scorso anno abbia solo pensato che durante le celebrazioni del 25 Aprile l'Anpi non dovesse parlare in piazza. E oggi trovo incomprensibile la decisione del Comune di Sesto San Giovanni, Medaglia d’oro della resistenza, di recedere da socio ordinario dell'Istituto Cervi per la memoria antifascista.
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