Sesto, il cuore dell’Europa
Mattina presto, Sesto San Giovanni, città storica al confine Nord di Milano, città prevalentemente operaia un tempo, la Stalingrado d’Italia si diceva. Città di grande immigrazione dal Mezzogiorno verso fabbriche del boom, città di straordinaria resistenza al fascismo. Improvvisamente al centro dell’Europa e della nostra guerra al terrorismo jihadista.
Tre del mattino, una pattuglia della Polizia di Stato, commissariato di Sesto, svolge un normale lavoro di controllo del territorio; nebbia, freddo, buio. Pattugliano un importante obiettivo sensibile; la stazione ferroviaria; sede anche di capolinea della metropolitana e di pullman che da li partono per recapiti lontani.
Un uomo con fare sospetto, non sfugge al loro occhio.
Un uomo con fare sospetto, non sfugge al loro occhio.
Lo fermano, chiedono i documenti, chiedono di verificare il contenuto dello zaino; il sospetto reagisce, spara, ferisce, poi viene abbattuto. È Anis Amri, il micidiale terrorista islamico di Berlino. I due agenti di polizia hanno svolto il loro compito con grande professionalità, secondo le migliori tecniche apprese nel corso della loro formazione, a salvaguardia sia della propria vita che della cattura di un sospetto; ancorché non ne conoscessero l’identità.
L’Italia deve andare orgogliosa della qualità e della preparazione delle proprie forze dell’ordine, del livello di prevenzione e dell’azione di intelligence che siamo in grado di mettere in campo. Anche se sappiamo che il grado assoluto della sicurezza non esiste. Oggi l’Europa era a Sesto San Giovanni. Lo era con i suoi fumi, con le sue fabbriche ormai ridotte, con il suo patrimonio di tessuto sociale, di idea solidale, con la sua vicinanza con la metropoli ma con una sua identità storica; lo era anche con i suoi problemi di convivenza, come in tutti i luoghi d’Europa.
Sesto come l’emblema di una società occidentale completamente cambiata, dove il lavoro operaio tende a scomparire, e rimane quello terziario e di servizio, dove esistono problemi di occupazione, anche se meno che in altre aree, dove ogni centro abitato è lo snodo di una rete metropolitana più ampia, dove le comunità di origine straniera sono insediate e integrate già da tempo, ma dove i problemi di convivenza sono da affrontare ogni giorno e dove la radice operaia di sinistra ha garantito ottime amministrazioni, sviluppo e grande coesione sociale. Sesto vicino all’Europa, come avrebbe potuto cantare Dalla. Dove in questi giorni guardi con sospetto il tuo vicino non italiano, oppure a Berlino il tuo vicino non tedesco e a Parigi non francese. Dove sei parte di una rete continentale, senza confini, ma vuoi essere ben sicuro di come viene difeso il confine invisibile del tuo rione o di casa tua. Dove ascolterai, per giorni, incessante, la litania opportunista dei politici urlatori a parole e incapaci nei fatti, che ti prometteranno l’espulsione immediata di centinaia di migliaia di persone dall’Italia. A prescindere. Che in fondo, a loro, fa piacere che tutto questo sia successo; è benzina per le loro campagne elettorali, o per coprire la loro incapacità di governare altrove.
Sesto come emblema dell’Europa, contenitore di centinaia di milioni di europei e non solo, ma debole politicamente, incapace di resistere in alcuni paesi alla tentazione di rinchiudersi, e in altri incapace di tradurre in solidarietà vera, le parole stampate nei trattati. Europa patria senza confini in teoria, ma ormai crocevia di molteplici confini interni. Chi uccide urlando Allah è grande, deve essere combattuto senza quartiere. Chi in Italia difende la nostra sicurezza lo fa con una competenza superiore alla media europea. Vincenzina vuol bene alla fabbrica, canta Jannacci in Romanzo Popolare, in parte girato a Sesto, nelle fabbriche degli anni ’70, mentre Tognazzi spiegava al poliziotto Michele Placido, che non doveva mettersi contro la classe operaia se voleva vivere in pace. L’Italia e l’Europa non sono più quello scontro di classe li; oggi lo scontro è diventato multiforme, è globale, non ha confini solo di classe, o di censo, ma di etnia, di fede o di colore. Certamente la lotta contro i terroristi islamici sarà durissima e senza sosta, segnerà la nostra generazione, non solo in Europa, segnerà anche la capacità della sinistra europea di raccontare la verità sulla radicalizzazione islamica. Dovremo farlo con intelligenza e competenza, senza lasciarsi trascinare mai nel razzismo anti immigrati, nella retorica della soluzione a portata di mano o nella sordità verso chi ha bisogno.
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