Al Referendum del 4 dicembre voto sì
In questi anni si è sicuramente allargata la distanza tra i cittadini e la politica: è entrato in crisi il rapporto tra i cittadini e le istituzioni e anche la credibilità stessa delle istituzioni. Su questo hanno pesato la lentezza con cui si riescono a dare risposte ai cittadini, le mille complicazioni burocratiche e una politica costosa che appare lontana dai bisogni delle persone e che è spesso autoreferenziale.
Tutto ciò rischia di indebolire la qualità della nostra democrazia.
Per questo, di fronte ad una vera e propria crisi delle nostre istituzioni, in questa legislatura ci siamo impegnati a riformare la Seconda Parte della Costituzione.
Non si tratta in alcun modo di mettere in discussione i valori e i principi che sono contenuti nella Prima Parte, che sono sacri e immodificabili. Si tratta, al contrario, di modificare - così come gli stessi Costituenti avevano previsto che sarebbe stato necessario - la Seconda Parte, proprio per poter meglio realizzare i principi contenuti nella Prima Parte, rendere le istituzioni più moderne e più efficaci nella risposta ai problemi del nostro tempo.
La riforma costituzionale approvata dalle due Camere dopo più di due anni di discussione e i sei passaggi parlamentari previsti dalla Carta Costituzionale, cerca di rispondere a queste esigenze e cerca di rilanciare il patto tra cittadini e istituzioni che serve al Paese e serve a impedire derive populiste o autoritarie.
Il 4 dicembre i cittadini saranno chiamati ad esprimersi con un referendum sulla riforma approvata dal Parlamento. Il quesito scritto sulla scheda è chiaro e corrisponde a una parte importante del contenuto della legge di riforma. Si vota si o no:
- al superamento del bicameralismo paritario (ci sarà solo una Camera a dare la fiducia al Governo e a fare gran parte delle leggi, evitando le lungaggini dei continui passaggi da una Camera all'altra e il Senato rappresenterà le autonomie locali e le Regioni);
- alla riduzione del numero dei parlamentari (si cancellano i 315 senatori e si crea il Senato delle autonomie con 100 componenti che non avranno indennità, essendo già consiglieri regionali o sindaci);
- al contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni (oltre agli stipendi dei 315 senatori, c'è l'abolizione del CNEL, i tetti agli stipendi dei consiglieri regionali e alle spese di funzionamento degli stessi Consigli Regionali);
- alla revisione del Titolo V della Seconda Parte della Costituzione (non ci saranno più materie concorrenti tra Stato e Regioni e materie come il turismo o i trasporti, che hanno valore e dimensione nazionale, torneranno di competenza dello Stato).
Ci sono altre cose nella riforma che non sono citate nel titolo della legge ma che non sono meno importanti. Per esempio sulla partecipazione dei cittadini si interviene per abbassare il quorum di validità dei referendum abrogativi, se si raccolgono 800mila firme, per evitare che il non raggiungimento del quorum impedisca l'espressione dei cittadini; si introduce il referendum propositivo di indirizzo e si garantiscono tempi certi per la discussione in Parlamento delle leggi di iniziativa popolare.
Tra le cose non citate nel quesito, però, non c'è alcuna modifica dei poteri del Presidente del Consiglio e del Governo: la nostra resterà una Repubblica Parlamentare. Non c'è, quindi, alcuna deriva autoritaria, anzi, solo istituzioni più credibili possono evitare tentazioni di quel tipo è, dunque, anche in questo senso serve la riforma.
Credo che nei prossimi due mesi si debba promuovere informazione e un confronto sul merito della riforma. Abbiamo l'occasione di intervenire su molti dei problemi di cui ci siamo lamentati per anni e che hanno reso questo Paese più difficile e faticoso. Non si vota sul Governo come ha chiarito il Presidente del Consiglio e non si vota sulla riforma elettorale che il Parlamento si è già impegnato a modificare. E non si vota per scegliere tra questa riforma e una riforma diversa, ma per dire si a questa riforma approvata in Parlamento o lasciare tutto com'è oggi.
Io penso che serva all'Italia cambiare per diventare un Paese migliore, più forte e democratico. Penso che la sinistra senza cambiamento non esista. E spero che il 4 dicembre la maggioranza dei cittadini non abbia paura di cambiare.
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