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Presto le modifiche all’Italicum

Written by Dario Franceschini.

Dario FranceschiniIntervista di Alessandro Trocino a Dario Franceschini per Il Corriere della Sera.

Lancia un appello alla minoranza del Pd: «Ci ripensi». Chiede un Sì al referendum: «Servono leader forti». Annuncia modifiche all’Italicum: «Anche prima del referendum». Il ministro della Cultura Dario Franceschini sarebbe più contento di parlare della nuova legge del cinema, ma in un momento cruciale, alla vigilia della Direzione, non si sottrae. Pier Luigi Bersani è stufo: «È un anno che si mangia solo pane e riforme». «Veramente quest’anno si è fatto il Jobs act, la legge per il dopo di noi, le unioni civili, la legge per il cinema. Da decenni un governo non faceva tante riforme strutturali. E poi Renzi di solito viene accusato di decisionismo, non di indecisionismo».
Per la minoranza si va verso un «governo del capo».
«C’è un processo di rimozione collettiva. Per anni abbiamo chiesto il superamento del bicameralismo e il rafforzamento dei poteri del premier. Fiumi di parole. E peraltro questa riforma non modifica i suoi poteri».
Neanche nell’incrocio con la legge elettorale?
«No, anche perché, a eccezione dei capilista, gli altri sono eletti con le preferenze».
Con il 25% si governa?
«Il Pd, con Bersani, nel 2013 ha preso il 25%, la coalizione il 29, ottenendo il 55% dei seggi. Con pochi voti in più avremmo vinto anche in Senato e staremmo governando, con quei voti e con le liste tutte bloccate».
Ma quello era il Porcellum, non votato dal Pd.
«D’accordo, ma in quel caso nessuno ha sollevato il problema del rischio di una leadership troppo forte. Comunque, questo tempo richiede leader più forti, non più deboli».
La minoranza non ama Renzi e teme sia troppo forte.
«Il referendum sta diventando uno strumento contro il premier».
Non c’è troppo catastrofismo, in entrambi i campi?
«Se vince il Sì, avremo il film che abbiamo sempre sognato: una sola Camera legiferante e una maggioranza stabile. Con il No, in piena legge di Stabilità, ci saranno ripercussioni sulla situazione economica».
Sembra «Cassandra Crossing». Non è esagerato?
«Con il No ci terremo questo sistema bicamerale. Ma ora c’è un sistema tripolare. E in questa situazione è matematico, è scientifico, che nessuno vincerà al Senato. Risultato: o le larghe intese o l’ingovernabilità cronica, come in Spagna».
Bersani annuncia il No e lei dice che «vuole spaccare il Pd».
«La cosa che mi addolora di più è che arriva alla vigilia di una Direzione nella quale, come annunciato da tempo da Renzi, ci sarà un’apertura sulla legge elettorale. Ma evidentemente si è voluto mettere tutti di fronte al fatto compiuto».
La minoranza non crede che la legge elettorale verrà cambiata. Chiede di anticipare i tempi.
«Io sono stato il primo nella maggioranza a dire che l’Italicum si può migliorare. Ho proposto il premio alla coalizione, perché evita che si formi un listone del centrodestra a guida estremista Salvini-Meloni. E perché consente di avere un Pd come asse portante, valorizzando lo spazio a sinistra e al centro».
Ma la riforma dell’Italicum può partire prima?
«Sì, penso che possa partire assolutamente prima. E spero che ci sia un ripensamento da parte della minoranza».
Non basterà il premio di coalizione: si vuole il proporzionale e altro.
«Realisticamente non possiamo rifare tutto. C’è spazio per correzioni significative, ma mirate».
Bersani si sente trattato come un rottame.
«Mi dispiace, ma Renzi non è arrivato con un golpe. Ha vinto le primarie ed è stato indicato premier dal Pd. Siamo in una dialettica fisiologica».
La maggioranza non sta alzando troppo i toni? Lotti che accusa D’Alema di cercare una «poltroncina» non è eccessivo?
«Quando si accendono le micce può accadere. Ma io non li alzo affatto i toni, anzi. Abbiamo preso questa legislatura per i capelli. Non buttiamo a mare per uno scontro tutto politico i sacrifici che famiglie e imprese hanno fatto in questi ultimi 5 anni per far ripartire il Paese. Con il No, si dovrebbe ripartire daccapo».
Lei si presenterà per il dopo Renzi?
«Sono fantasie da retroscenisti».
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