Il ricordo di Franca Rame
Intervento in Senato per ricordare Franca Rame.
Signor Presidente, la ringrazio, sia per le parole sia per la biografia che lei ha ricostruito, che mi consentono di affrontare la vita di Franca Rame - «della Franca», come diciamo a Milano - da un altro punto di vista: quello di chi ha avuto una consuetudine con lei e con lei ha organizzato iniziative molto particolari.
Franca era certamente una donna amica delle donne. Era una grandissima attrice. Era una grandissima intellettuale. Era una scrittrice. Purtroppo, come sempre accade nei grandi sodalizi, molto spesso stava in secondo piano, ma noi sappiamo bene che dietro un grande uomo c'è una grande donna. In questo caso dietro un grande uomo come Dario Fo, c'era, di fianco, una grande donna. E forse, se penso alle parole di Dario nell'addio commosso e incredibile al «Piccolo Teatro» il giorno dei suoi funerali, non era al suo fianco, ma perfino davanti a lui. Trovo che questo segno di umiltà da parte di un grandissimo uomo come Dario Fo sia uno dei tributi più alti che si possa dare ad una donna a sua volta straordinaria interprete di quel Novecento, di quella seconda parte del Novecento, che ha cambiato non soltanto la legislazione, ma anche il costume, la vita, la morale, il modo di interpretare il rapporto tra uomini e donne nel nostro Paese e nel mondo.
Franca aveva un impegno civile altissimo e non c'era neanche bisogno di telefonarle, perché lei faceva le sue chiamate incredibili. Ricordo, ad esempio, che non eravamo più Partito Comunista da tanto tempo, ma lei telefonava e diceva: «Pronto, PC?». Per lei, infatti, noi eravamo i comunisti e saremmo sempre rimasti i comunisti, perché la sua idea profonda era legata a quegli ideali e non le interessava che noi cambiassimo nome; l'importante era che convenissimo sulle cose che c'erano da fare e che erano tanto importanti. Penso, ad esempio, al momento drammatico di Tienanmen e alla totale disponibilità di Franca e di Dario per un concerto improvvisato, una manifestazione o qualche iniziativa che potesse gridare, essere un segnale in una città che si aveva paura diventasse intorpidita. In questo senso il teatro diventa vita: non solo quel teatro che noi vediamo a teatro, ma quel teatro che vive quotidianamente e che viene così ben rappresentato ogni volta che si manifesta, ogni volta che si è insieme, ogni volta che si vive un po' misticamente la magia del lottare per un comune ideale. Questa era Franca.
Vorrei riportare ancora un ricordo meraviglioso. Per i soliti problemi dell'informazione nel nostro Paese, Franca ebbe un'idea incredibile; mi telefonò e mi disse: «Stanno attaccando la par condicio. Sai cosa facciamo? Facciamo un funerale della par condicio». Facemmo così questa kermesse per le strade di Milano, con una bara dipinta, con i clown, i ragazzi che portavano questa bara e Dario e Franca mostrarono una generosità incredibile, lavorando anche di notte con noi per arrivare a manifestare, a dire ed essere insieme. L'ultimo ricordo è quello del tempo passato insieme nella Commissione di vigilanza Rai, anche se è stato pochissimo. La sua autorevolezza, anche in questo caso, nasceva dalla grande esperienza sul significato della comunicazione: quella comunicazione che esprime i valori universali, che parte dalla vita concreta delle persone, non da un'idealità astratta, non da un esercizio intellettualistico.
Ebbene, di persone come Franca ce ne sono poche; certamente erano anche altri tempi, tempi in cui la politica e le istituzioni dialogavano con i movimenti in altro modo, non ne venivano umiliati, ma si cercava insieme la strada per farcela, consapevoli che l'interesse fosse il miglioramento della vita di tutti.
Franca era una donna molto radicale, ma era una donna straordinariamente rispettosa delle istituzioni, al punto che le sue dimissioni furono un atto sofferto, tutt'altro che leggero e molto, ma molto meditato. Chiedo allora ai colleghi e alle colleghe, quando parliamo di figure così alte, di non tirare la giacchetta, di non interpretarle, perché il loro esempio e il loro monito rimangono per tutti noi affinché, forse, la politica e le istituzioni diventino migliori.