Print

Basta nuove periferie

Written by Claudio De Albertis.

Claudio De Albertis
Intervista pubblicata da Affari & Finanza.
«Una stagione è finita, ne siamo consapevoli» assicura: la cementificazione deve essere un ricordo del passato, le città «vanno ripensate e ricostruite su se stesse». Per Claudio De Albertis, presidente dell’Ance, questa consapevolezza è tanto più profonda perché supportata dalla logica del mercato: «La tendenza è per il ritorno in città, in quartieri che abbiano un buon accesso ai servizi logistici e culturali. La qualità della vita come oggi è intesa va in quella direzione». Quindi niente costruzioni nuove, ma riqualificazione e recupero dei vecchi edifici.

I dati forniti dall’Ispra sul consumo del suolo ci raccontano un Paese dove di danni se ne sono fatti tanti e si continuano a fare. Il suo è un mea culpa della categoria?
«La mia categoria ha anche contribuito a ricostruirlo, questo Paese. Poi certo di errori ne sono stati fatti e sarebbe stupido non ammetterlo, ma nel sistema di rilevazioni Ispra ci sono delle carenze».
Quali?
«Si tiene conto di qualsiasi intervento antropico sul territorio, quindi si considera come consumo di suolo anche la trasformazione di un area industriale in parco: sarebbe più corretto guardare solo ai suoli impermeabilizzati. E poi dobbiamo parlare dell’abusivismo: i dati del 2015 ci dicono che il 15 per cento delle nuove costruzioni è abusivo, e non parliamo di verande chiuse, ma di interi quartieri. La differenza va rilevata».
Ora le sindache Raggi e Appendino dicono «cemento, no grazie»: cosa rispondono i suoi associati?
«I miei associati lo hanno capito da soli e da un pezzo che una epoca è finita».
Ma le nuove costruzioni permettono margini di guadagno molto più ampi.
«Se edificate in periferia restano vuote, non le vuole nessuno, quindi non c’è scelta. Ecco direi che questo è un momento molto interessante proprio per questa convergenza di interessi. La necessità di proteggere l’ambiente va di pari passo con la domanda di mercato di case in contesti urbani, che offrano una buona logistica e un buon livello di servizi».
Infatti avete sul groppone il molok dell’invenduto: è vero che ci sono 120 mila immobili fuori dal mercato?
«Ogni cifra, in questo caso, è fasulla. L’invenduto c’è, ma riguarda più che altro vecchi edifici fuori standard. Bisogna riqualificare l’esistente, ma anche rendere conviene tale operazione. Il paradosso è proprio questo: al di là delle dichiarazioni di intenti recuperare non conviene. Le procedure richieste sono più lunghe, gli oneri comunali sono uguali sia sul nuovo che sul recupero dei vecchi edifici».
Riqualificare invece che costruire vuol dire avere competenze e professionalità che non tutte le aziende edili, le piccole soprattutto, hanno. Quante ne spariranno?
«Non è questione di dimensione, ma di capacità di rinnovarsi. La rivoluzione dei processi produttivi chiede competenze digitali, Bim in testa e capacità di avviare un’economia circolare che faccia attenzione al ciclo di vita del prodotto, dall’uso al riciclo. Per affrontare questi cambiamenti serve un ricambio generazionale, formazione ed uno stretto legame con le Università e scuole professionali».
Però avete goduto degli sgravi introdotti dalla Legge di Stabilità. Detrazioni Irpef su interventi di recupero e riqualificazione energetica. Non sono bastati?
«Scadono a fine anno, andrebbero riconfermati almeno per altri tre. E per quanto riguarda la riqualificazione energetica va rimodulata la defiscalizzazione in base all’impatto degli interventi effettuati. Più potenti per le coibentazioni, meno per la sostituzione degli infissi, che assorbe invece la stragrande maggioranza delle richieste di incentivi a disposizione e produce scarsi effetti energetici».
L’Ance nel pacchetto di richieste che fa al governo per rendere più convenienti i recuperi vuole anche deroghe alle regole attuali: dal cambio di destinazione d’uso alla distanza fra fabbricati. La cementificazione cacciata dalla porta d’ingresso non rischia di rientrare dalla finestra?
«Le deroghe riguardano la soluzione di casi paradossali. E’ chiaro che se abbattiamo e ricostruiamo un edificio non possiamo rispettare, se già non erano previsti, i dieci metri di distanza che devono separare i fronti ciechi. E comunque le nostre richieste favoriscono chi fa bene, ma sanzionano chi sgarra».
Olimpiadi a Roma: inutile dire che lei è per il sì.
«Possono essere la scintilla per trasformare la città»
Nel passato non è andata così: Italia 90 non è bastata?
«Un amministratore non può rinunciare a fare le cose per paura degli abusivismi».
E’ un messaggio alla Raggi?
«Ci sono tutte le condizioni per verificare che i processi avvengano in modo corretto, non deve nascondersi».
Pin It