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Il modello Caserta

Written by Franco Mirabelli.

Franco Mirabelli
Intervista Raffaele Sardo pubblicata da La Repubblica ed. Napoli.

«Su sei Comuni sopra i 15mila abitanti, dopo i ballottaggi il PD ne governa 4. Prima non ne governava nessuno». Il trend positivo, inaspettato, del PD in provincia di Caserta che diventa un vero e proprio “caso nazionale”, se lo intesta il commissario casertano, il senatore milanese Franco Mirabelli, che da alcuni mesi ha avuto il difficile compito di ricostruire un partito profondamente diviso.
Mirabelli si è trovato ad affrontare il caso di Stefano Graziano, il presidente regionale del partito, indagato di concorso esterno in associazione mafiosa. Una brutta tegola che sicuramente ha contribuito ad aumentare la sfiducia nei confronti del PD.
«C’eravamo proposti alla guida di un progetto che potesse creare un’alternativa al centrodestra che ha dominato per anni in questi territori – dice il senatore Mirabelli – molti cittadini ci hanno dato fiducia. La scommessa ora è riuscire a dimostrare che si può governare in maniera diversa, non solo sostituendosi sulla stessa seggiola al centrodestra, ma rompendo alcune compatibilità negative che hanno caratterizzato la politica in queste terre facendo sì che prevalgano gli interessi dei cittadini».
Capua al primo turno, Caserta, Marcianise e Sessa Aurunca al secondo turno. La sola Aversa al centrodestra, mentre Santa Maria Capua Vetere al primo turno è andata a un sindaco, Antonio Mirra, che fa riferimento al centrosinistra e che da alcuni mesi è uscito dal PD, contestandolo da sinistra.
Sono queste le città a cui si riferisce Mirabelli, a partire dal capoluogo, dove Carlo Marino ha lasciato al palo il suo avversario, Riccardo Ventre, mantenendo 25 punti percentuali di differenza, ma con un’affluenza bassissima di elettori (36,15%).
Nonostante un’affermazione così netta, il PD esce comunque lacerato dalle elezioni amministrative e non va oltre l’11 e il 13%. Mirabelli conferma: «Abbiamo costruito il risultato di Caserta e di Sessa Aurunca sull’unità del partito. Laddove non è stato possibile, abbiamo fatto delle scelte. E la scelta è stata quella di promuovere il rinnovamento. A Marcianise siamo stati premiati perché ci siamo schierati con il rinnovamento».
«Abbiamo provato a fare anche ad Aversa la stessa operazione ma non ci siamo riusciti – sostiene il commissario PD – ci sono state anche lì molte resistenze. Un partito politico non esiste se è la sommatoria di questioni personali e non esiste nemmeno se non ci sono regole. Per chi non si allinea c’è un automatismo nello Statuto: chi si è candidato contro il PD o i candidati sostenuti dal partito, viene escluso dall’albo degli iscritti per alcuni anni. Questo partito dobbiamo rigenerarlo, ricostruirlo – insiste Mirabelli – abbiamo promesso la discontinuità di governo. Dobbiamo fare una cura ricostituente. Così com’è è un partito che ha poco appeal. Dobbiamo guardare fuori da noi. Questo è solo l’inizio. Marcianise è un dato importante perché ci dà la conferma che quando il partito fa scelte chiare, comprensibili, viene premiato. È questo il partito che dobbiamo costruire. Quanto tempo ci vuole? Dipende da quante resistenze ci saranno. Vedo in giro che nella stragrande maggioranza degli iscritti c’è la voglia di chiudere con i capibastone. Ce la metteremo tutta».

Consigli per Napoli: Il primo passo? Mettere da parte i capibastone
Intervista di Lorenzo Iuliano pubblicata da Il Mattino.
Il commissario del Pd Caserta: «Da smontare le logiche di potere solo così si può cambiare davvero» «La prima cosa da fare a Napoli è riunire gli iscritti e gli amministratori per chiedere una mano, mettendo da parte i capibastone. Fare invece un congresso, senza prima smontare le vecchie logiche di potere, rischia di dar vita a un momento in cui si rafforzano quelle dinamiche sbagliate piuttosto che cambiare davvero». Franco Mirabelli, 56 anni, senatore milanese e capogruppo in Antimafia, è il commissario del Pd in provincia di Caserta dal 29 febbraio scorso. Non è interessato a estendere l`incarico anche a Napoli, ma qualche suggerimento lo affida. Del resto lui ha appena incassato il successo in quattro grandi Comuni su sei al voto, tra cui il capoluogo. Tutti strappati al centrodestra. E ha appena annunciato l`avvio della “fase 2” del suo mandato: ricostruire il Pd in Terra di Lavoro. In quasi quattro mesi di lavoro è riuscito a rimettere in carreggiata i Democrat dilaniati dalle faide interne. Certo le percentuali non sono entusiasmanti (a Caserta il partito è bloccato poco sopra l’11 per cento), ma la coalizione di centrosinistra è stata ricostruita, tanto che da più parti (ultimi i Verdi regionali) si parla di «modello Caserta».
Commissario Mirabelli, dalla sua esperienza la Campania è davvero un territorio così difficile per il Pd?
«Sì, ci sono dinamiche complesse che durano da tempo. Ma abbiamo fatto il nostro dovere: schierare il partito, è il minimo sindacale. Tuttavia il Pd rischia ancora di essere in molte realtà senza appeal neanche per chi vorrebbe partecipare alla vita politica. Il partito è ancora troppo legato a tessere e correnti».
Che bilancio traccia del suo lavoro finora?
«Un vero bilancio si farà se riusciremo davvero a costruire un Pd degli iscritti e degli amministratori, capace di costruire gli anticorpi anche rispetto all`opacità e all`illegalità».
Per Napoli sarebbe meglio un commissario o un congresso subito?
«Fare un congresso in queste condizioni, con il nodo anche del tesseramento, è rischioso. Se non si smontano prima le logiche di potere, il congresso rischia di essere il momento in cui si rafforzano dinamiche sbagliate piuttosto che cambiare».
Le linee guida della sua esperienza sono un modello replicabile anche a Napoli?
«La situazione napoletana è più complicata. La storia del radicamento e della forza del Pd non è uguale a Caserta. Intanto a Napoli c`è un gruppo dirigente molto più esteso e diviso: le figure di riferimento che determinano i destini del partito partenopeo sono molto più forti e presenti che a Caserta, dove c`era un vuoto. A Napoli potremmo dire che c`è un troppo pieno. Ciò che però dobbiamo provare a replicare dall`esperienza di Caserta è l’idea che il partito è capace di guardare fuori da se stesso, dagli opportunismi e dagli interessi di questa o quella componente, che spesso nulla hanno a che fare con la politica. Poi c’è l’altra questione su cui ha ragione Renzi: per il Pd il tema del cambiamento sui territori non è una narrazione percepita, non viene interpretato. Ricostruire un`organizzazione di partito che guardi fuori e non dentro, raccogliere la domanda di politica buona che c`è, fare tesoro delle esperienze degli amministratori: questo è il Pd che dobbiamo fare anche a Napoli».
Che consiglio darebbe per il futuro del Pd napoletano?
«Qualunque sia la strada che si sceglierà, la prima cosa da fare è riunire gli iscritti, gli amministratori e chiedere una mano per cambiare le logiche. Quella da non fare è riunire i capibastone. Così bisogna rompere il meccanismo per cui la dialettica dentro il partito è fatta tra componenti personali, in cui troppo spesso prevale il bisogno di assecondare chi può portare i voti rispetto alle scelte giuste da fare per migliorare i territori».

Per seguire l'attività del senatore Franco Mirabelli: sito web - pagina facebook

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