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Per Milano ci vuole Sala

Written by Arianna Censi.

Arianna Censi Considerati i risultati ci sono tutti i requisiti per classificarla come un’operazione di marketing straordinariamente vincente.
Perché ci vogliono tanti danee e una buona dose di faccia tosta per sostenere – urbi et orbi – che le posizioni di Stefano Parisi e Beppe Sala sui grandi temi della città “sono uguali”e, che tra i due non ci siano “differenze”.
Eppure su una gran parte dell’elettorato questa campagna martellante ha avuto i suoi effetti, perchè altrimenti come si spiega il raccorciamento delle distanze tra i due aspiranti sindaci di Milano? 
Naturalmente molto vi ha influito la faccia di Parisi sul manifesto elettorale, perché se ci fosse stata la foto del gruppo che egli rappresenta sono certa che il risultato non sarebbe stato lo stesso. Parlo di alcuni volti ben noti sul territorio lombardo – La Russa, De Corato, Gelmini, Salvini, Lupi – rappresentanti di un’alleanza che si cela appunto dietro l’abito elegante e il sorriso compassato del manager Parisi.
E’ tutta la loro la strategia che si fonda sulle apparenze, e non potrebbe essere diversamente poiché a guardare bene le “differenze” sulla gestione della città ci sono, e sono profonde. Un esempio tra i tanti: il grande lavoro fatto per il recupero degli “scali ferroviari” che Sala vuole portare avanti con aggiornamento in chiave ambientalista, poiché esso rappresenta un’enorme risorsa per il futuro della città. Parisi non s’è pronunciato sull’argomento, poiché i suoi alleati sono stati aspri oppositori dei provvedimenti relativi a tutto ciò promossi dalla Giunta Pisapia.
Poi ci sono le “differenze” delle quali noi cittadini di Sinistra, andiamo orgogliosi. Sala vuole la Commissione Antimafia, Parisi no. Parisi vuole abolire il registro delle unioni civili e quello del testamento biologico, Sala assolutamente no. Parisi vuole la privatizzazione dei servizi per disabili (in particolare dei Centri diurni), Sala no.
Inoltre, soltanto sul programma di Beppe Sala si legge che, « la Città Metropolitana deve diventare l’aggregatore dei servizi di area metropolitana, coinvolgendo gli interessi locali per portarli ad un livello superiore e deve aiutare le zone omogenee e i municipi ad aggiudicarsi i fondi europei mettendo a disposizione le proprie risorse e competenze. La Città Metropolitana di Milano», spiega Beppe Sala «deve competere con le grandi città europee: Parigi, Madrid, Londra e Barcellona.».
Non c’è un accenno di Città Metropolitana nel programma di Parisi, perché la Regione Lombardia del leghista Maroni continua a remare contro a questo progetto sebbene, « Nella competizione internazionale il ruolo delle città metropolitane sia decisivo. La Città metropolitana di Milano può e deve competere alla pari con le principali metropoli europee. Solo in questo modo riuscirà ad esercitare un innovativo ruolo di guida dello sviluppo economico del Paese.», come sottolinea Beppe Sala.
Beninteso, senza la spinta di Milano la città metropolitana di Milano non si fa. E Sala ce l’ha molto bene in mente ed è determinato a realizzarla. E’ la ragione per cui ho deciso di sostenerlo e candidarmi con lui. Non è un vezzo, perché senza la città metropolitana non si può sviluppare un confronto con i comuni e le zone omogenee confinanti, snellire la macchina burocratica centrale e sviluppare gli strumenti di partecipazione dei cittadini. Non c’è futuro. Non sono i miei degli slogan in libertà perché, in questo primo anno e mezzo di mandato “costituente” sulla città metropolitana di Milano, abbiamo fatto delle cose anche importanti e tutte verificabili. Nonostante le condizioni strutturali e istituzionali, le risorse fatiscenti e il tempo a disposizione non abbiano permesso di fare un lavoro compiuto.
La banda che si defila dietro il profilo di Parisi sa benissimo che noi abbiamo i progetti, le idee ben chiare e sappiamo come realizzarle. Il programma di Beppe Sala ne è l’esempio smagliante. Esso può farci guadagnare una legge speciale per Milano, la quale siccome in Italia è una realtà che conta, è giusto che le sia riconosciuto il merito non soltanto a parole. Parlo di merito universalmente riconosciuto, non di sciocchezze leghiste.

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