Il nuovo codice degli appalti per contrastare corruzione e illegalità
Intervento all'incontro "Il nuovo codice degli appalti: regole chiare per garantire legalità e trasparenza". (video).
Il tema della corruzione sta diventando una delle priorità della discussione politica in questa campagna elettorale ed è spesso evocato come un argomento centrale e non lo si può affrontare solo denunciando la gravità della situazione italiana. Serve, infatti, raccontare cosa ha fatto concretamente la politica in questi ultimi due anni e cosa sta ancora facendo per contrastare il fenomeno.
Se la politica vuole recuperare un po’ di credibilità è necessario che affronti il problema della corruzione e non che lo utilizzi per sbatterlo in faccia di volta in volta agli avversari.
Il nuovo codice degli appalti, sicuramente, è una riforma che va in questa direzione, così come molte altre leggi approvate negli ultimi due anni, come ad esempio il lavoro fatto sull’ANAC dotandolo di risorse e strumenti per intervenire tempestivamente sugli appalti; o l’introduzione del reato di autoriciclaggio e di falso in bilancio ma anche la legge anticorruzione che ha alzato in maniera significativa le pene per corrotti e corruttori. Anche il nuovo codice antimafia, che approveremo definitivamente nei prossimi mesi in Senato, prevede che per i corrotti vi sia la confisca preventiva dei beni e dei patrimoni.
La riforma del codice degli appalti è complessa, riguarda una serie di aspetti di natura economica, i rapporti tra la Pubblica Amministrazione e le imprese. Dal punto di vista della lotta alla corruzione e all’illegalità si tratta di una legge importante.
Basta leggere le inchieste di questi anni riguardanti i reati contro la Pubblica Amministrazione e sulle infiltrazioni mafiose nei Comuni per constatare come il vecchio codice degli appalti consentiva di trovare ampi spazi per chi voleva aggiustarli, controllarli o corrompere. C’era bisogno, quindi, di una revisione del codice degli appalti.
Voglio soffermarmi su tre principi generali che hanno ispirato tutta la legge delega e poi i decreti attuativi del Governo. Innanzitutto, con la nuova legge si fa un’operazione di semplificazione delle regole e delle norme che sovraintendono agli appalti.
C’era un problema di accavallamento di norme difficilmente leggibili che consentivano spazi per interventi non leciti. C’era una complessità procedurale che con la riforma viene risolta.
Un altro tema è quello della trasparenza.
Su molti versanti significa utilizzare in maniera seria la rete e gli strumenti informatici per avere maggiore chiarezza su quali sono i soggetti in campo e la tracciabilità dei capitali.
Sulla trasparenza, inoltre, si fa un’operazione importante definendo anche un ruolo e le modalità organizzative delle centrali appaltanti in modo innovativo rispetto al passato, stabilendo procedure chiare. Si toglie anche di mezzo un equivoco: il nuovo codice degli appalti dice che non sono più possibili deroghe in nessun caso. Si chiude, quindi, con la Legge Obiettivo e un’altra serie di provvedimenti che, in assenza di un codice degli appalti chiaro, trasparente e semplificato, hanno avuto una funzione in questi anni.
Il terzo paletto di questa nuova legge è l’ANAC e il suo ruolo. All’ANAC, infatti, è stato dato un peso forte, è stato dotato di strumenti maggiori per intervenire prioritariamente rispetto alla definizione dei bandi e per contribuire all’organizzazione delle nuove centrali appaltanti, definendone regole e principi.
Il nesso tra il nuovo codice degli appalti e la lotta alla corruzione si ha innanzitutto perché si interviene sul numero delle centrali appaltanti.
In Commissione Antimafia abbiamo studiato a lungo le vicende dell’inchiesta “Mafia Capitale” e abbiamo visto che il tutto nasce in un contesto in cui la Città Metropolitana di Roma aveva 290 centrali appaltanti a cui si aggiungevano le altre centrali appaltanti delle società municipalizzate. È evidente, quindi, che il controllo di tutto questo era impossibile e, infatti, è accaduto ciò che poi hanno mostrato le inchieste.
La segreteria generale di Comune di Roma aveva un ufficio che si occupava esclusivamente di appalti molto onerosi mentre tutto il resto stava sparso nelle altre 290 centrali che erano in grado anche di aggiudicare direttamente gli appalti.
Con la riforma si scegli di ridurre di molto il numero delle centrali appaltanti.
La discussione in Parlamento, su questo è aspetto, è stata ampia e approfondita, in ogni caso l’idea di fondo era che per le città metropolitane si dovesse andare verso un’unica centrale appaltante, governata con regole precise e controllata dall’ANAC e poi verso la costruzione di meccanismi che accorpassero i Comuni più piccoli a livelli regionali, sempre per ridurre il numero delle centrali appaltanti.
Un altro tema che ha contribuito ad alimentare la corruzione era l’affidamento diretto, senza gara, di molti appalti. Il tetto sotto il quale era possibile fare l’affidamento diretto era molto alto e, inoltre, spesso, si è consentito di spacchettare gli appalti.
Prima, infatti, era sufficiente restare sotto la soglia del tetto per poter affidare direttamente l’appalto e in molti Comuni poi finiti sotto inchiesta è stato fatto.
Oggi, con le nuove norme, tutto questo non è più possibile perché è stata modificata la soglia del tetto ma anche perché con le nuove regole sulle centrali appaltanti vengono introdotti dei cambiamenti tra cui il controllo qualitativo. Non può essere il sindaco, ad esempio, a decidere lo spacchettamento dell’appalto.
Sono poi state introdotte anche norme per un maggiore controllo dei subappalti. Questo è un altro tema decisivo per combattere la criminalità organizzata. Molte inchieste riguardanti la Lombardia hanno mostrato come per la criminalità organizzata fosse sufficiente scalare una grande impresa capace di avere molti appalti per poi garantire un sistema illecito di imprese legate direttamente al giro criminale che, grazie ai subappalti, potevano lavorare.
Anche su questo, le nuove norme garantiscono molto di più, stabiliscono regole precise su trasparenza e tracciabilità dei capitali.
C’è poi la questione del massimo ribasso: si abbandona questa logica e si passa all’offerta economicamente più conveniente per permettere di incrociare l’elemento di qualità con l’elemento quantitativo. È evidente che il massimo ribasso consente più facilmente di acquisire appalti a chi ha capitali nascosti da utilizzare.
Su questo tema, la norma non è uscita come avevamo auspicato e, se sarà possibile intervenire nuovamente, cercheremo di farlo.
C’è poi l’introduzione del dibattito pubblico su alcuni aspetti e per la definizione dei progetti come elemento di trasparenza: la nuova legge afferma che saranno i progetti esecutivi a dover essere messi a gara.
Infine, vi è la questione del contenimento delle varianti. È noto, infatti, che un altro elemento che ha prodotto un aumento della spesa pubblica e elementi di malaffare è stato quello che si poteva mettere a gara un progetto (anche non esecutivo) per poi contare su varianti urbanistiche che andavano a modificare i principi di spesa. Con la nuova legge, questo non è più possibile perché occorre mettere a gara il progetto esecutivo e le varianti vengono ridotte in maniera significativa.
Concludo ricordando che sul tema della corruzione, se la politica vuole tornare ad essere credibile deve agire e raccontare ciò che ha fatto per contrastare questi fenomeni, anche se i risultati si vedranno più in là nel tempo. Usare il tema della corruzione come una bandiera da sventolare ogni volta contro qualcuno non risolve il problema, non fa bene alla politica e non aiuta la nostra democrazia.
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