Attenzione a tempi d'attesa e efficacia di screening
Oggi, in Commissione sanità, il direttore generale dell’assessorato alla Sanità, ha annunciato che la delibera di Giunta che recepisce le linee guida nazionali per istituire la rete delle Breast Unit (BU) per la prevenzione e la cura dei tumori al seno dovrebbe finalmente concretizzarsi il prossimo 28 aprile. Bene la delibera, che attendiamo da tempo e che è stata sollecitata più volte in maniera bipartisan. Appare fondamentale che nel riconoscimento dei centri di BU il rapporto tra il numero delle prestazioni erogate e i tempi di attesa sia equilibrato.
Infatti fra gli indicatori di qualità che dovranno essere utilizzati per l’individuazione dei centri di senologia vi è il numero delle prestazioni erogate (150 almeno) ma anche la tempestività dell’intervento chirurgico.
Il rischio infatti è che le donne in questo particolare stato di fragilità ricorrano più frequentemente al pagamento delle prestazioni in regime di solvenza. Gli unici dati forniti rilevano che nella più importante delle strutture pubbliche milanesi il livello di ricorso al regime di solvenza causato dai tempi di attesa troppo lunghi è alto.
Infatti fra gli indicatori di qualità che dovranno essere utilizzati per l’individuazione dei centri di senologia vi è il numero delle prestazioni erogate (150 almeno) ma anche la tempestività dell’intervento chirurgico.
Il rischio infatti è che le donne in questo particolare stato di fragilità ricorrano più frequentemente al pagamento delle prestazioni in regime di solvenza. Gli unici dati forniti rilevano che nella più importante delle strutture pubbliche milanesi il livello di ricorso al regime di solvenza causato dai tempi di attesa troppo lunghi è alto.
Nella risoluzione approvata all’unanimità dal Consiglio regionale era sottolineato anche un impegno specifico sul tema della prevenzione secondaria.I dati di Regione Lombardia sui livelli di adesione agli screening sono ancora disomogenei sui diversi territori. Per questo è necessario tutelare le attività e prendere in considerazione la possibilità di abbassare l’età di accesso, come fatto da altre Regioni, perché in linea con l’incidenza della malattia che purtroppo riguarda sempre più spesso donne con meno di 50 anni. Ricordiamo che in Emilia Romagna l’accesso agli screening è proposto a partire dai 45 anni.
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