Non c’è mai un tempo giusto per le cose
Carlo aprì il balcone: davanti ai suoi occhi, quasi immobile, l’immensa distesa del mar Mediterraneo.
L’aria era fresca, sentì la salsedine pungere le narici.
Decise di scendere a fare due passi in spiaggia.
Dopo qualche giorno avrebbe preso un volo di sola andata per l’Olanda: cambiava lavoro ed avrebbe, senz’altro, cambiato anche vita!
Mentre passeggiava sulla battigia scorrevano davanti ai suoi occhi gli anni trascorsi nella città che stava per lasciare: l’Università, gli amori, le preoccupazioni raccontate alle onde del mare, quelle annegate, tra le lacrime, nel cuscino.
Ricordava le volte che era stato compreso e quelle che aveva capito, le notti in cui pensava di dover cambiare per amore e quelle in cui aveva capito che se è amore non si cambia: si cammina insieme, verso una strada nuova. Finalmente aveva trovato un lavoro prestigioso e ben remunerato, avrebbe realizzato il sogno di sempre: fare un’esperienza all’estero.
La mareggiata dei giorni precedenti aveva depositato sulla battigia enormi cuscini di alghe, che stavano per essere seccate dal primo sole estivo.
Ricordò che quell’alga si chiamava “Posidonia Oceanica”, prese il suo smarphone e cercò su Wikipedia: “Posidonia Oceanica: è una pianta acquatica, endemica del Mar Mediterraneo, appartenente alla famiglia delle Posidoniacee …. Fiorisce in autunno e in primavera, produce frutti galleggianti volgarmente chiamati "olive di mare". Forma delle praterie sottomarine che hanno una notevole importanza ecologica …. Al suo interno vivono molti organismi animali e vegetali che nella prateria di posidonia trovano nutrimento e protezione…. La sua presenza è considerata un buon bioindicatore della qualità delle acque marine costiere”.
L’odore delle alghe gli ricordò l’infanzia, le passeggiate sulla spiaggia, al tramonto. Un bambino che chiedeva al papà cosa fosse quell’odore che sentiva camminando sui cuscini di alghe. Il padre che rispondeva: “È l’odore del mare”.
E per lui, da allora, l’odore del mare era sempre stato quello lì!
Quel bambino, oggi uomo, si ritrovava ancora una volta di fronte a quell’immensa distesa d’acqua, con un biglietto aereo nelle mani.
Restò ancora per un po’ seduto sulla scogliera a respirare l’odore del mare, poi tornò a casa.
Aveva la sensazione che la decisione non era compiuta, che il ciclo nel quale stava vivendo non era finito, che non era il momento di andare.
Eppure aveva già deciso, era la cosa giusta da fare: il nuovo lavoro, uno stipendio più alto, l’esperienza all’estero. Insomma, tutto quello che desiderava da anni!
Pochi giorni dopo avere accettato il nuovo lavoro in Olanda, Carlo aveva ricevuto la telefonata di sua madre; non si parlavano da 5 anni, nonostante vivessero a pochi chilometri di distanza. Erano accaduti alcuni fatti che avevano provocato ferite profonde in entrambi. Avevano parlato a lungo al telefono, si erano confrontati, ritrovati, capiti. Le cose tra due persone non vanno mai male per colpa di uno, le cose non sono reali in assoluto, le cose sono come ciascuno le vive. Su questo rifletteva Carlo, dopo la lunga chiacchierata con la madre.
Sentiva che la ferita si stava rimarginando, che poteva esserci un nuovo inizio, che il rapporto con la madre poteva rinascere.
Nei giorni successivi aveva anche incontrato Marta, la sua ex. Le aveva raccontato della telefonata con la madre: si era specchiato nel fondo dei suoi occhi, li aveva visti limpidi come non mai, aveva sentito il cuore riprendere a pulsare.
Alternava momenti di entusiasmo per la vita futura a profonde malinconie che non riusciva a spiegarsi: era come se la decisione di andare via fosse maturata in un tempo che non era il suo, in un tempo sbagliato, come un uovo fecondato che cade fuori dal nido, che viene depositato nell’istante sbagliato.
Sentiva, nel profondo, che non doveva partire, che non poteva lasciare l’Italia proprio adesso!
Però ormai la decisione era presa, e non si tornava indietro.
Prese la sdraio, il libro, si sistemò in terrazzo: il sole era offuscato da grandi nuvoloni bianchi ma innocui.
Iniziò a leggere: “I libri erano città che non avevo mai visitato, i cui pilastri erano le grandi idee, e le strade erano le frasi, e dedali in cui perdersi i periodi di difficile costruzione sintattica. Lì le parole assomigliavano a negozi che esponevano gli oggetti più vari e la punteggiatura luccicava come un vecchio stemma di famiglia, e si sentiva il respiro della costruzione della frase ed il bisbiglio delle parole…”.
Poi, qualche pagina più avanti: “Ma non c’è mai un tempo giusto per le cose. Talvolta è troppo presto, talaltra troppo tardi. Si può star male perché ci si innamora prematuramente, perché non si vede qualcuno da troppo tempo o perché si viene a conoscere la verità troppo tardi”.
Era parecchio scosso. Quelle frasi avevano messo in movimento un vortice di energia: come se una legione di neuroni si fosse messa alla ricerca di qualcosa nella sua memoria.
Si alzò, entrò in casa, e si mise davanti allo specchio.
Vide nei suoi occhi un’ombra di tristezza velata, non se n’era mai accorto.
All’improvviso, con il fragore dirompente di un lampo, un ricordo si accese nella sua mente: la maestra delle scuole elementari, Luisa.
Gli aveva insegnato a leggere e scrivere, trasmesso l’amore per la lettura, il piacere di sfogliare le pagine, l’ebbrezza nel sentire l’odore misto della carta e dell’inchiostro. Luisa gli aveva detto che quello era l’odore dei libri.
E per lui l’odore dei libri era sempre stato quello lì!
Luisa aveva negli occhi la stessa tristezza velata che ora Carlo vedeva, per la prima volta, nei suoi stessi occhi!
Quando Carlo frequentava la seconda elementare Luisa, al termine dell’anno scolastico, sarebbe dovuta andare in pensione: a marzo aveva già depositato tutti i documenti in Provveditorato.
Poi Luisa cambiò idea.
Carlo ricordava perfettamente la sua gioia quando la maestra comunicò alla classe che aveva deciso di completare il ciclo scolastico, che li avrebbe portati sino alla quinta elementare!
Lo fece strappando simbolicamente il foglio della richiesta di pensionamento e lanciandone in aria i pezzi. Dai suoi occhi sparì il velo di tristezza. Da allora divennero luccicanti come quelli dei bambini nel guardare i mille pezzi di carta che volteggiavano per aria.
Se quella decisione non fosse stata presa, Carlo oggi non sarebbe davanti ad uno specchio a riprendersi in mano la sua vita.
Quello che stava vivendo ora non sarebbe mai accaduto se non avesse visto quel coraggio di mettersi in discussione sino all’ultimo momento, di tornare indietro quando manca l’ultimo passo. Luisa gli aveva insegnato che i grandi possono essere grandi anche nel comprendere che a volte le decisioni non sono mature, che il tempo non è quello giusto, che si può tornare indietro anche quando manca l’ultimo passo, se la meta non è quella giusta in quel preciso momento.
Si mise il costume, attraversò la strada che separava la sua casa dal mare e si tuffò in acqua.
Il sole stava per tramontare; nuotò come se dovesse raggiungere quella immensa palla di fuoco che stava per affondare nel mare.
Dopo le prime bracciate si fermò, si voltò: vide il balcone di casa ed il suo biglietto aereo per l’Olanda volteggiare nell’aria. Ripensò a quel giorno di tanti anni prima, quando i suoi occhi brillarono nel vedere un foglio di carta strappato in mille pezzi.
Proprio in quel momento anche la sua tristezza velata andò via.
Si immerse sott’acqua sino a toccare il fondo, abbracciò uno scoglio. Risalì in superficie, fece uno di quei respiri che non si scordano: non era il momento di andare via, non ora!
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