Beppe Sala fra tradizione e modernità
Nell'epoca della globalizzazione e degli inglesismi diffusi, mai mi sarei aspettata di ascoltare un candidato sindaco di Milano che, allegramente, ammette di "chattare" con i suoi amici in dialetto milanese. Certo Beppe Sala ha voluto aggiungere un elemento frivolo all'interno di un discorso elettorale; tuttavia, anche una frase leggera può favorire la conoscenza della persona che ci sta parlando.
Milano è sicuramente una città europea e aperta alla nuove istanze, ma è anche una città con una ricca tradizione culturale, che a mio giudizio va preservata, senza per questo impedire la convivenza con altre culture.
Questo concetto, di una Milano che vuole accogliere senza rinunciare al proprio patrimonio storico-culturale, è stato chiaramente trasmesso da Beppe Sala al Teatro Parenti di Milano.
Pier Paolo Pasolini ha spesso parlato di "genocidio delle culture" a proposito del consumismo e dell'omologazione, elementi questi che hanno fatto venir meno le culture tradizionali, sostituendole con una non ben definita "cultura di massa".
Ma tutti abbiamo bisogno di identificarci in un insieme di valori di appartenenza, e questo non vuol dire rifiutare l'altro; significa, al contrario, rinforzare la propria identità attraverso il confronto.
Questa mattina Sala ha voluto dare un messaggio ai milanesi: accogliere l'altro non significa perdere se stessi. Questo è il ruolo della nuova sinistra, che punta al mantenimento delle nostre culture particolari, senza però chiudere la porta alle altre. Chi non accetta il diverso e ostacola il pluralismo, non è sinistra; chi vuole soppiantare le tradizioni sostituendole con una non ben definita "cultura globalizzata", non è sinistra. Chi pensa che dobbiamo essere tutti uguali, non è sinistra. È di sinistra colui che vuol far convivere tradizione e modernità, cultura del posto e culture straniere. Perché accettare l'altro, non significa spersonalizzarsi. E Sala, con una semplice battuta, è stato capace di trasmettermi questo messaggio.