Per fare rivincere la sinistra
Intervista a Giuseppe Sala di Erasmo D’Angelis per L’Unità
Mister Expo dopo il successo dell’esposizione universale ha deciso di rimettersi completamente in gioco partecipando alle primarie del Pd che il prossimo 7 febbraio indicheranno il candidato a sindaco di Milano. E lo fa guardando, da sinistra (“ho sempre creato lavoro, una cosa di sinistra”), alle periferie e non a certi salotti che puntano solo a fargli gli esami del sangue “per conservare i propri privilegi”.
La prima domanda è quella del tassista, e suona più o meno così: ma chi glielo fa fare a uno come Sala di infilarsi nel governo cittadino di Milano con uno stipendio venti volte più basso di quello che gli stanno offrendo in Italia e all’estero e con impegni da non dormirci la notte venti volte più stressanti e a rischio di impopolarità? Aggiungo io, che in effetti ci vuole un bel fegato, ma è più interessante la risposta, sentire cosa passa per la testa di un top manager bocconiano ancora in piena carriera come Giuseppe Sala, con una biografia che impressiona che va dagli investimenti di Pirelli a Tim a Telecom a A2A e quindi al successo planetario di Expo 2015, per decidere di gettarsi nella mischia delle primarie del centrosinistra del 7 febbraio per la scelta del candidato a sindaco?
Io distinguerei però tra la politica in senso stretto e l’amministrazione di una grande città. Il mio gesto è di grande passione verso la mia città. Me lo sono chiesto per tanto tempo e tante volte al giorno se la mia candidatura a sindaco fosse la scelta giusta. Ho capito però che non potevo sfuggire alle mie responsabilità. Ho capito che non era più il momento dei dubbi, e penso che questa scelta sia solo una modalità di ingresso in politica, è quella che ti avvicina di più ai bisogni sociali e dei cittadini. Io ci entro pensando soprattutto a loro, a chi è più indietro e in difficoltà, all’efficienza comunale e alla qualità urbana e al futuro di Milano.
Ha valutato bene tutte le controindicazioni?
È chiaro che ho valutato tutte le controindicazioni, e sono convintissimo di quello che sto facendo. Perché sono convinto? Perché mi sembra sia questa la naturale conclusione di un percorso che dura da almeno sette anni. E non mi spaventa più nulla. Soprattutto negli ultimi anni ho già vissuto tutte le tematiche della fatica, dello stress e dell’impopolarità. Le ho già fronteggiate e vinte, e almeno da questo punto di vista sono pronto, convinto e molto motivato.
Come in quel 6 maggio 2013, quando l’allora presidente del consiglio Enrico Letta la nominò commissario del governo per l’Expo allora in una terra di nessuno?
Expo è stata una esperienza unica e straordinaria che mi ha cambiato profondamente. Non sono così ingenuo da pensare che Milano sia tutta una Expo e il futuro sia tutto lustrini, fuochi d’artificio e immagine. Guai a pensare poi che aver fatto Expo, passando dallo scetticismo iniziale al consenso quasi totale, significhi aver già vinto le primarie e vincere facile le elezioni. Milano è una città complessa e sostanzialmente divisa a metà tra destra e sinistra, come dicono i dati delle elezioni negli ultimi trenta anni. Però devo dire che con l’Expo e il lavoro svolto da Giuliano Pisapia, che io ho votato come elettore cinque anni fa ed è un vero riferimento per la città, le possibilità che il centrosinistra rimanga alla guida della città sono alte.
Come sarà la sua Milano? Con quali idee si presenta agli elettori?
Spero di essere in grado di darne una interpretazione contemporanea. L’esperienza fatta mi pone nelle condizioni di poter rappresentare e gestire la mia città in un passaggio cruciale. Non ha idea di quante e diverse aspettative ci siano oggi da parte dei cittadini e del mondo intero verso Milano. Mai come in questo momento credo abbia senso il lavoro nel sociale e l’apertura verso il mondo, e da questo punto di vista penso di essere un buon interprete delle cose da fare.
È già finito dentro il dibattito sulla continuità e la discontinuità con la giunta Pisapia…
Posso aggiungere che trovo stucchevole questo dibattito, come quello sui salotti milanesi? Io riconosco alla giunta uscente un gran lavoro svolto, e ci mancherebbe altro, tanto è vero che parecchi assessori sono con me in queste primarie. Chiunque sarà il prossimo sindaco, dovrebbe ringraziare Giuliano. Quel che penso di Pisapia è molto chiaro, è stato il miglior interprete possibile dei cinque anni passati ma i prossimi cinque saranno anni diversi e posso essere io il miglior interprete di questa stagione. Sa qual è la spinta che mi motiva? Milano ha oggi le porte del mondo tutte aperte e c’è una grande aspettativa nazionale ed internazionale. C’è il tema dell’immagine internazionale, ma c’è soprattutto da gestire una città, cominciando dai quartieri popolari, dove mi concentrerò anche per portare quanta più qualità della vita possibile.
Capitolo esami del sangue. Le hanno domandato di tutto: da come può un rappresentante della borghesia capire chi non arriva alla fine del mese a come può un manager come lei rappresentare la sinistra milanese. Cosa risponde?
Guardi, io sono nato in provincia e cresciuto in una famiglia normale. Ho sempre lavorato e con il mio lavoro sono andato avanti. Sono in contatto da sempre con il mondo reale e la realtà concreta. Mi chiedono ma sei di sinistra? Rispondo sì, da quando avevo diciotto anni e si stava da una parte o dall’altra e io stavo a sinistra. La cosa più di sinistra, ma molto di sinistra, che ho fatto è creare tanto tanto lavoro. L’altra cosa più di sinistra è avere la legalità come un valore assoluto e io sono una persona incorruttibile e credo che anche questo sia un bel valore di sinistra. Sono certo che Renzi mi stimi, e credo di essere stimato anche da Prodi, Letta o da Bersani, che mi conoscono da anni. E trovo interessante ragionare oggi sull’attualità e sull’identità di una sinistra moderna e ampia, sulle sue componenti sociali, sulla sua spinta innovatrice, sull’idea di città e di Paese per la quale vale la pena lavorare. Esiste però anche una conservazione di sinistra ferma agli esami del sangue, ma io vedo una Milano aperta e disponibile e non chiusa nei dibattiti salottieri.
Quanto pesa la borghesia, le grandi famiglie da sempre nel carattere della città con un ruolo importante e spesso determinante da veri poteri forti che hanno deciso e indirizzato scelte?
Io non mi sento estraneo alla borghesia, ci mancherebbe, solo che io distinguo e guardo ad un tipo di borghesia non conservatrice, a quella piu giovane, innovativa e intraprendente. Se lo posso dire con una battuta, io guardo alle speranze di chi ha più fame e voglia di fare e ci mette l’anima, e non ad una borghesia che conserva solo i propri privilegi. In questo senso mi sento parte della sinistra progressista che cerca di allargare i confini e di innovare. Faccio spesso l’esame coscienza sui miei punti forza e di debolezza e so che sto entrando nella politica cittadina da innovatore, da persona competente e capace di pensare e creare qualcosa di nuovo e moderno che va nell’interesse delle persone. Per questo non mi faccio fare esami del sangue, deciderà la gente.
Da sindaco invece cosa farebbe per le due grandi grane emerse o meglio riemerse a fine anno, come la mobilità e lo smog?
La realtà dice che l’aria a Milano è meno inquinata di dieci anni fa, e mi fa un po’ paura che non venga riconosciuta questa verità. Sono state fatte cose positive come l’Area C del centro storico con restrizioni di accesso per alcune tipologie di veicoli o il car sharing, e se nel 2010 avevamo per strada 65 automobili per ogni 100 residenti oggi siamo scesi a 51 e si utilizzano di più i mezzi pubblici. Cosa farei io da sindaco? Quel che si dovrà fare partendo dal concetto di area metropolitana. Sa quante auto entrano ogni giorno a Milano? 500 mila!
Questo è il motivo per cui è contrario all’estensione dell’Area C?
Sì, ma sono favorevolissimo a portare la metropolitana fino a Monza e a completare il più in fretta possibile i lavori per la metropolitana 4. La seconda cosa che farei è affrontare con le categorie del commercio il tema del carico-scarico merci. Sono convinto che siano loro i primi ad essere consapevoli che si debba fare di più e su questo mi concentrerò dal primo giorno. La terza priorità ma forse è la prima è quella del riscaldamento domestico. Sugli edifici pubblici la giunta ha lavorato bene, ma si è fatto pochissimo sul privato. Chi ha esperienze condominiali sa bene quali difficoltà bisogna superare per mettersi d’accordo, ma se il ministro Delrio assicura che metà investimento è finanziato dall’ecobonus e se le banche possono finanziare a garanzia il resto, questi interventi per cambiare le caldaie che stanno inquinando l’aria vanno fatti. Continuerei, insomma, a puntare forte sul rafforzamento del trasporto pubblico e su una nuova mobilità urbana e la rottamazione delle fonti inquinanti.
Sull’urbanistica di Milano, nel dibattito tra espansione o rigenerazione, lei come collocherà in caso di vittoria le scelte dell’amministrazione?
Intanto credo sia un grande problema non aver approvato in consiglio comunale l’accordo sugli scali ferroviari. Le ex aree Fs sono le nuove aree di investimento cittadino. Io penso di poter lavorare molto sui quartieri popolari ma pensando anche alla Milano attrattiva per i giovani. I nostri grattacieli sono una bella botta di immagine ma l’offerta è molto ricca per abitazioni ad alto pezzo da 8 mila euro a metro quadrato e molto povera di case a prezzi contenuti. Porterò avanti con forza il tema del social housing e, più che immaginare nuova espansione, con coraggio dovremo demolire per rigenerare e ricostruire.
Pensa ad un rapporto diverso con privati e gli investitori?
Se uno nota il trend del settore dell’edilizia, i fondi italiani e stranieri tendono ad investire e comprare sul già costruito piuttosto che ad inserirsi in progetti di costruzione, e sa perché? Perché sono preoccupati della burocrazia e dei tempi di risposta della pubblica amministrazione e della giustizia. Quello di una maggiore semplificazione sarà un mio cavallo di battaglia. Conosco bene la macchina amministrativa comunale e anche i dirigenti avendo fatto il direttore generale del comune. Vedo due problemi. Il primo è la prevalenza, fino all’eccesso delle procedure sul raggiungimento dell’obiettivo. Il secondo è che la circolazione delle informazioni dipende ancora troppo dagli spostamenti fisici delle persone. Gli investimenti informatici sono vitali per dare efficienza maggiore, e non serve nemmeno tirar fuori molti soldi. Conoscendo bene anche il settore delle nuove tecnologie, ci sono aziende disposte a lavorare quasi gratis su Milano utilizzando i risultati come best practice nel mondo.
Qualche assessore uscente rientrerà nella sua giunta?
Penso di sì, ma oggi nessuno mi sta chiedendo garanzie e non le darei a nessuno. Però mi sembra logico volendo ripartire con la rapidità che serve e riconoscendo il buon lavoro fatto.
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