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Draghi e la nuova Europa

Written by Patrizia Toia.

Articolo di Patrizia Toia.

Dopo l'insediamento del nuovo Parlamento, ora tocca a Ursula von der Leyen presentare la nuova Commissione e delineare un profilo chiaro e specifico dei protagonisti e, soprattutto, del programma: le priorità, i traguardi da perseguire e gli obiettivi fondamentali da raggiungere.
È necessaria una trasformazione significativa dell'Europa (un cambiamento "radicale", come diagnosticato da Draghi in primavera), cioè riforme profonde e nuovi assetti, non semplici operazioni di facciata o piccoli escamotage.
Ciò che comincia a circolare del Rapporto Draghi – che va ben oltre un semplice rapporto sulla competitività, configurandosi come una vera e propria spinta propulsiva al cambiamento – ribadisce la più evidente delle verità: un’Europa come quella attuale, pur avendo dimostrato una buona capacità di risposta di fronte alle crisi energetica e pandemica, e con il finanziamento straordinario per la ricostruzione, NON BASTA PIÙ. Rischia di essere ininfluente, insufficiente e velleitaria. Le nuove crisi sono esiziali e hanno una dimensione globale (non certo nazionale): la guerra, la crescita produttiva, la decarbonizzazione e la lotta al cambiamento climatico, la gestione delle risorse, la capacità di continuare a creare innovazione e supremazia tecnologica, i bisogni impellenti dei cittadini – dal lavoro alla casa alla salute – la formazione del capitale umano e la crescente domanda di protezione sociale e sicurezza.
Come affrontare queste sfide in un’Europa con 27 "quadri di comando" e solo poche sedi di vera decisione comune? E come farlo in un contesto in cui cresce un vento illusorio ma suadente, che predica il recupero della sovranità locale, manipolando e ingannando parte dell’opinione pubblica? In queste condizioni, è impossibile dare risposte adeguate e sufficienti, nonostante la buona volontà di molti leader europeisti. Per questo l’ordine attuale va cambiato. Che si sia federalisti o no (e noi lo siamo), è necessario UNIRE e INTEGRARE per rendere l'Europa un’entità più forte, più potente e più significativa sia al suo interno che sulla scena internazionale. Insomma, se il sovranismo significa "essere padroni del proprio destino", c’è un solo sovranismo possibile: quello su scala europea!
Draghi traccia questo percorso a partire dai settori prioritari e, soprattutto, dalle COSE DA FARE e dal COME FARLE.
Finora siamo stati abituati a ricchi elenchi di impegni. La differenza oggi deve essere che Ursula von der Leyen indichi analiticamente come realizzare i nostri obiettivi, molto ambiziosi nelle enunciazioni, ma poveri di strumenti e risorse. Se la politica industriale significa, ad esempio, approvvigionamento di materie prime rare, allora si dica esattamente con quali accordi commerciali le assicureremo e con quali paesi. Se lo sviluppo tecnologico implica sostegno alla ricerca e alle start-up che lanciano prototipi sul mercato, allora si specifichi quanto investire e su quali settori, evitando dispersioni di risorse.
Per fare ciò che serve, occorrono politiche integrate, non gestioni "a compartimenti stagni". Non bastano formali e superficiali integrazioni tra i servizi. Occorrono Commissari con competenze nuove che coprano tutte le implicazioni di un settore. Anzi, il titolo dei Commissari dovrebbe riflettere l’obiettivo da raggiungere: non più un Commissario all’Industria, ma un Commissario alla "Crescita Innovativa, alla Tutela Ambientale e alla Formazione del Capitale Umano". Infine, ci sono due novità ormai improcrastinabili: superare, sia legislativamente sia nelle scelte, la logica ossessiva (e dannosa) della concorrenza interna per puntare invece sulle economie di scala e sulla nascita di "campioni europei", se non vogliamo cadere nelle mani dei grandi operatori mondiali. E va risolto il dramma delle risorse insufficienti. Il bilancio europeo consente solo piccole manovre e non saranno, a mio avviso, le risorse proprie a darci un aiuto significativo. Le strade percorribili sono il debito comune (saranno d’accordo i paesi più frugali a ripetere l’esperienza del Next Generation EU? Mah…) e l'ingaggio delle risorse private, oggi ancora timide sia per ragioni sistemiche che per altre cause.
Purtroppo, questa esigenza storica, questo indispensabile e coraggioso salto in avanti, si manifesta in un contesto politico più orientato a destra rispetto al passato, il che non promette bene. Ma la storia non aspetta che "tutto sia pronto": la storia chiama, secondo le sue dinamiche. E se l’Europa di oggi non saprà rispondere, sarà una grande sconfitta per tutto l’Occidente.

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