Tutelare i cittadini europei dalle pratiche commerciali sleali
Articolo di Patrizia Toia.
Dopo l’approvazione della Direttiva tutela dei consumatori contro il greenwashing, in molti mi hanno chiesto informazioni.
Ecco, dunque, una sintetica nota esplicativa.
Ancora una volta l’Europa si occupa dei consumatori, dei loro diritti e di trasparenza.
Sempre più spesso ci capita di vedere pubblicità o confezioni di prodotti che presentano affermazioni come “rispettoso dell’ambiente”, “verde” o “amico della natura”.
Si tratta di affermazioni che al primo impatto possono sembrare banali ai nostri occhi, in realtà - se non sostenute da dati certificati - risultano come vere e proprie pratiche commerciali sleali. Infatti, l’obiettivo di chi le utilizza impropriamente è indurre il consumatore a compiere una scelta e quindi acquistare un prodotto facendo leva su dichiarazioni false.
Ci troviamo in un’epoca dove l’attenzione all’ambiente deve essere una priorità, ma allo stesso tempo non dobbiamo cadere nella trappola del greenwashing. Una pratica attraverso cui i produttori mirano a capitalizzare in maniera ingannevole la crescente domanda, legittima, di prodotti ecosostenibili.
Si basa sull’indurre il consumatore a scegliere un prodotto piuttosto che un altro sulla base di false impressioni legate alla sensazione che un’impresa o un prodotto siano più attente all’ambiente di altri.
Ovviamente queste azioni non devono scoraggiarci dall’acquisto di beni che siano realmente rispettosi dell’ambiente e che riducano il nostro impatto sul clima e sul pianeta.
Proprio per questo motivo l’Unione Europea si è schierata in prima linea nel contrasto a queste pratiche ingannevoli. Tramite la direttiva che abbiamo da poco approvato miriamo a tutelare il consumatore e il pianeta.
IL PERCORSO NELLE ISTITUZIONI
La Commissione Europea, a marzo 2023, ha avanzato una proposta di direttiva sulla responsabilizzazione dei consumatori per la transizione verde. Si tratta di un aggiornamento di due direttive precedenti, dedicate ai diritti dei consumatori (direttiva 2011/83/UE) e alla loro tutela da pratiche commerciali sleali (direttiva 2005/29/CE).
A maggio 2023, il Parlamento europeo ha votato in plenaria la relazione della commissione IMCO (Commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori), mostrando la propria volontà di rafforzare la tutela dei consumatori e garantire la certezza del diritto in questo campo.
Questo testo è stato la base per i negoziati con il Consiglio, che si sono conclusi nei mesi scorsi e hanno portato alla risoluzione approvata dal Parlamento in plenaria a Strasburgo, il 17 gennaio 2024.
OBIETTIVI DELLA DIRETTIVA
Lo scopo principale di questa revisione è evitare pratiche di greenwashing e, al contempo, responsabilizzare i consumatori. Una chiave per rendere “accessibile” a tutti il percorso di transizione verde è proprio aumentare il senso di consapevolezza dei cittadini, tramite campagne di sensibilizzazione o, come in questo caso, azioni volte a stimolare l’acquisto consapevole.
Attraverso questa direttiva vengono rafforzati gli strumenti a disposizione dei consumatori per prendere decisioni informate e contribuire a modelli di consumo sostenibili. Parallelamente si impone agli operatori economici di fornire informazioni chiare, che risultino fondate e documentabili.
I tre punti chiave toccati dalla direttiva sono:
obsolescenza precoce
informazioni ingannevoli sulle caratteristiche sociali dei prodotti
marchi di sostenibilità non trasparenti e non credibili
L’eliminazione di queste pratiche sleali genererà una concorrenza virtuosa, che porterà le aziende a immettere sul mercato prodotti realmente ecosostenibili.
CONTENUTI
Al fine di garantire l’effettiva tutela del consumatore, la direttiva tocca vari ambiti di applicazione.
In particolare, i più significativi sono:
Obsolescenza precoce programmata:
È una pratica che consiste nella progettazione deliberata di un prodotto con caratteristiche che lo portano ad avere una durata di vita limitata (legata al tempo e/o all’intensità dell’utilizzo), con l’obiettivo di indurre il consumatore a ricomprare il prodotto. Questo ha anche un notevole impatto negativo sull’ambiente, poiché genera un aumento dei rifiuti, del consumo di energia e di materiali utilizzati.
Saranno vietate le comunicazioni commerciali relative a beni che contengono queste caratteristiche, nel caso in cui l’operatore economico sia a conoscenza di queste informazioni. Gli Stati membri dovranno mettere in campo gli strumenti di controllo e sanzione.
Esempio:
In alcuni prodotti tecnologici sono presenti software che peggiorano le prestazioni degli stessi dopo un determinato periodo di tempo, lo vediamo spesso con i telefoni cellulari.
Garanzia legale di conformità e garanzia commerciale di durata
Si tratta di due garanzie diverse, che però possono essere applicate allo stesso prodotto. Dal lato del consumatore può risultare ostico comprendere quali siano i loro reali vantaggi e limiti, per semplificare la comunicazione si è quindi deciso di introdurre etichette armonizzate (che verranno definite dalla Commissione).
La garanzia legale di conformità è obbligatoria per legge e copre, come minimo, i primi due anni dall’acquisto del prodotto, può essere estesa da norme nazionali.
La garanzia commerciale di durata invece è “offerta” dal produttore senza costi aggiuntivi e ha una durata superiore a due anni. Deve essere facilmente identificabile per il consumatore e rende il produttore direttamente responsabile per la riparazione o la sostituzione dei beni.
Nel secondo caso la garanzia viene considerata come un impegno del produttore nei nostri confronti, servendo come certificazione delle funzioni e delle prestazioni secondo un utilizzo normale.
Compensazione delle emissioni di CO2
Sarà vietato dichiarare che un prodotto ha un impatto neutro, ridotto o positivo sull'ambiente. È purtroppo una pratica molto utilizzata che induce il consumatore a pensare che un prodotto sia ecosostenibile o addirittura non abbia un impatto ambientale.
Sarà possibile pubblicizzare i prodotti citando queste caratteristiche solo se saranno calcolate sull’intero ciclo di vita dello stesso, non basterà più considerare la sola catena di produzione.
Ovviamente questo divieto non impedirà alle imprese di pubblicizzare e raccontare i propri investimenti reali nel campo della sostenibilità. Le dichiarazioni legate alle iniziative ambientali dovranno però essere sostenute da “prove concrete” e non risultare ingannevoli.
Esempio:
Confezioni e pubblicità in cui si dichiara, senza realmente rispettare gli indicatori corretti, che il prodotto è:
neutrale dal punto di vista climatico
positivo in termini di emissioni di CO2
a zero emissioni nette per il clima
impatto climatico ridotto
impronta di CO2 ridotta
Indicazioni ambientali generiche
Con la definizione di “asserzioni ambientali generiche” si intendono quelle frasi presenti sulle confezioni o nelle pubblicità che contengono affermazioni legate all’impatto ambientale del prodotto. Alcuni esempi che vediamo spesso sono: “ecologico”, “naturale” e “biodegradabile”.
Saranno vietate quelle non sostenute da dati concreti e trasparenti, per cui l’operatore non sia realmente in grado di dimostrare l’eccellenza delle prestazioni ambientali. Si è giunti a questa decisione perché, tramite queste dichiarazioni, il consumatore è indotto ad acquistare un bene pensando di contribuire a ridurre il proprio impatto sul pianeta.
Sarà invece possibile continuare a utilizzare queste dichiarazioni se le informazioni a sostegno saranno rese disponibili pubblicamente. In aggiunta sarà necessario per il produttore definire un piano di attuazione dettagliato e realistico, che spieghi in che modo saranno raggiunti gli obiettivi.
Esempio:
“imballaggio rispettoso dal punto di vista del clima” = affermazione generica, quindi NON consentita
“il 100 % dell'energia utilizzata per produrre questo imballaggio proviene da
fonti rinnovabili” = affermazione specifica, CONSENTITA
Marchi di sostenibilità
Sono detti anche “etichette ecologiche” ( ecolabel) e corrispondono ad un sistema di etichettatura volontario attraverso cui il produttore dichiara che il bene e/o l'imballaggio ha un impatto ambientale minimo. Questa affermazione deve essere certificata da un organismo terzo ed essere relativa o all’intero ciclo di vita del prodotto o all'impatto ambientale di un aspetto specifico.
Anche i marchi di sostenibilità hanno un grande impatto comunicativo e possono indurre il consumatore a preferire un prodotto, per questo motivo è necessario che siano stabiliti da autorità pubbliche e che siano legati ad un sistema di certificazione.
Sarà quindi vietato l’utilizzo di marchi non conformi e non verificati.
Esempio:
Vediamo spesso sulle confezioni dei marchi di sostenibilità stabiliti dalle autorità pubbliche, che si riferiscono alle caratteristiche ambientali e sociali dei prodotti. Un altro marchio di qualità ecologica è l’EN ISO 14024, riconosciuto ufficialmente in tutti gli Stati membri.
Pratiche ingannevoli
Sarà vietato dichiarare in maniera falsa la durabilità di un prodotto in termini di tempo e intensità di utilizzo “in condizioni normali”. Non si potrà comunicare un dato diverso da quello riscontrabile a seguito dell’utilizzo effettivo.
Esempio:
Dichiarare che una lavatrice durerà per un certo numero di cicli di lavaggio, secondo l'uso normale previsto nelle istruzioni, mentre se utilizzata effettivamente non sarà così.
Non si potrà suggerire al consumatore di sostituire delle componenti del prodotto o il prodotto stesso prima che sia realmente necessario, tramite comunicazioni che fanno apparire l’azione come inevitabile.
Esempio:
È vietato sollecitare il consumatore, tramite le impostazioni della stampante, a sostituire le cartucce di inchiostro prima che siano effettivamente esaurite. Questa è infatti una tecnica per aumentare il consumo e di conseguenza l’acquisto del prodotto.
Sarà vietato comunicare come necessari degli aggiornamenti dei software che in realtà si limitano a migliorarne le funzionalità oppure, al contrario, possono avere un impatto negativo sulle prestazioni del prodotto.
Esempio:
Aggiornamenti del sistema operativo dei cellulari che causano il deterioramento della batteria, precludono l’utilizzo di alcune applicazioni o causano un rallentamento generale del dispositivo.
Non si potranno presentare i prodotti come riparabili quando non lo sono realmente. La dichiarazione dovrà essere supportata da un’etichetta che presenti l’indice di riparabilità, basato su standard armonizzati in tutta l’Unione Europea.
Si dovrà dichiarare in maniera trasparente che un determinato prodotto può essere utilizzato solo con accessori originali e/o avrà prestazione ridotte se si utilizzano accessori cosiddetti compatibili.
Esempio:
Una stampante che funziona solo con le cartucce della stessa marca oppure la batteria di un telefono che si deteriora se caricata con un caricabatteria non originale.
Dopo l’approvazione della Direttiva tutela dei consumatori contro il greenwashing, in molti mi hanno chiesto informazioni.
Ecco, dunque, una sintetica nota esplicativa.
Ancora una volta l’Europa si occupa dei consumatori, dei loro diritti e di trasparenza.
Sempre più spesso ci capita di vedere pubblicità o confezioni di prodotti che presentano affermazioni come “rispettoso dell’ambiente”, “verde” o “amico della natura”.
Si tratta di affermazioni che al primo impatto possono sembrare banali ai nostri occhi, in realtà - se non sostenute da dati certificati - risultano come vere e proprie pratiche commerciali sleali. Infatti, l’obiettivo di chi le utilizza impropriamente è indurre il consumatore a compiere una scelta e quindi acquistare un prodotto facendo leva su dichiarazioni false.
Ci troviamo in un’epoca dove l’attenzione all’ambiente deve essere una priorità, ma allo stesso tempo non dobbiamo cadere nella trappola del greenwashing. Una pratica attraverso cui i produttori mirano a capitalizzare in maniera ingannevole la crescente domanda, legittima, di prodotti ecosostenibili.
Si basa sull’indurre il consumatore a scegliere un prodotto piuttosto che un altro sulla base di false impressioni legate alla sensazione che un’impresa o un prodotto siano più attente all’ambiente di altri.
Ovviamente queste azioni non devono scoraggiarci dall’acquisto di beni che siano realmente rispettosi dell’ambiente e che riducano il nostro impatto sul clima e sul pianeta.
Proprio per questo motivo l’Unione Europea si è schierata in prima linea nel contrasto a queste pratiche ingannevoli. Tramite la direttiva che abbiamo da poco approvato miriamo a tutelare il consumatore e il pianeta.
IL PERCORSO NELLE ISTITUZIONI
La Commissione Europea, a marzo 2023, ha avanzato una proposta di direttiva sulla responsabilizzazione dei consumatori per la transizione verde. Si tratta di un aggiornamento di due direttive precedenti, dedicate ai diritti dei consumatori (direttiva 2011/83/UE) e alla loro tutela da pratiche commerciali sleali (direttiva 2005/29/CE).
A maggio 2023, il Parlamento europeo ha votato in plenaria la relazione della commissione IMCO (Commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori), mostrando la propria volontà di rafforzare la tutela dei consumatori e garantire la certezza del diritto in questo campo.
Questo testo è stato la base per i negoziati con il Consiglio, che si sono conclusi nei mesi scorsi e hanno portato alla risoluzione approvata dal Parlamento in plenaria a Strasburgo, il 17 gennaio 2024.
OBIETTIVI DELLA DIRETTIVA
Lo scopo principale di questa revisione è evitare pratiche di greenwashing e, al contempo, responsabilizzare i consumatori. Una chiave per rendere “accessibile” a tutti il percorso di transizione verde è proprio aumentare il senso di consapevolezza dei cittadini, tramite campagne di sensibilizzazione o, come in questo caso, azioni volte a stimolare l’acquisto consapevole.
Attraverso questa direttiva vengono rafforzati gli strumenti a disposizione dei consumatori per prendere decisioni informate e contribuire a modelli di consumo sostenibili. Parallelamente si impone agli operatori economici di fornire informazioni chiare, che risultino fondate e documentabili.
I tre punti chiave toccati dalla direttiva sono:
obsolescenza precoce
informazioni ingannevoli sulle caratteristiche sociali dei prodotti
marchi di sostenibilità non trasparenti e non credibili
L’eliminazione di queste pratiche sleali genererà una concorrenza virtuosa, che porterà le aziende a immettere sul mercato prodotti realmente ecosostenibili.
CONTENUTI
Al fine di garantire l’effettiva tutela del consumatore, la direttiva tocca vari ambiti di applicazione.
In particolare, i più significativi sono:
Obsolescenza precoce programmata:
È una pratica che consiste nella progettazione deliberata di un prodotto con caratteristiche che lo portano ad avere una durata di vita limitata (legata al tempo e/o all’intensità dell’utilizzo), con l’obiettivo di indurre il consumatore a ricomprare il prodotto. Questo ha anche un notevole impatto negativo sull’ambiente, poiché genera un aumento dei rifiuti, del consumo di energia e di materiali utilizzati.
Saranno vietate le comunicazioni commerciali relative a beni che contengono queste caratteristiche, nel caso in cui l’operatore economico sia a conoscenza di queste informazioni. Gli Stati membri dovranno mettere in campo gli strumenti di controllo e sanzione.
Esempio:
In alcuni prodotti tecnologici sono presenti software che peggiorano le prestazioni degli stessi dopo un determinato periodo di tempo, lo vediamo spesso con i telefoni cellulari.
Garanzia legale di conformità e garanzia commerciale di durata
Si tratta di due garanzie diverse, che però possono essere applicate allo stesso prodotto. Dal lato del consumatore può risultare ostico comprendere quali siano i loro reali vantaggi e limiti, per semplificare la comunicazione si è quindi deciso di introdurre etichette armonizzate (che verranno definite dalla Commissione).
La garanzia legale di conformità è obbligatoria per legge e copre, come minimo, i primi due anni dall’acquisto del prodotto, può essere estesa da norme nazionali.
La garanzia commerciale di durata invece è “offerta” dal produttore senza costi aggiuntivi e ha una durata superiore a due anni. Deve essere facilmente identificabile per il consumatore e rende il produttore direttamente responsabile per la riparazione o la sostituzione dei beni.
Nel secondo caso la garanzia viene considerata come un impegno del produttore nei nostri confronti, servendo come certificazione delle funzioni e delle prestazioni secondo un utilizzo normale.
Compensazione delle emissioni di CO2
Sarà vietato dichiarare che un prodotto ha un impatto neutro, ridotto o positivo sull'ambiente. È purtroppo una pratica molto utilizzata che induce il consumatore a pensare che un prodotto sia ecosostenibile o addirittura non abbia un impatto ambientale.
Sarà possibile pubblicizzare i prodotti citando queste caratteristiche solo se saranno calcolate sull’intero ciclo di vita dello stesso, non basterà più considerare la sola catena di produzione.
Ovviamente questo divieto non impedirà alle imprese di pubblicizzare e raccontare i propri investimenti reali nel campo della sostenibilità. Le dichiarazioni legate alle iniziative ambientali dovranno però essere sostenute da “prove concrete” e non risultare ingannevoli.
Esempio:
Confezioni e pubblicità in cui si dichiara, senza realmente rispettare gli indicatori corretti, che il prodotto è:
neutrale dal punto di vista climatico
positivo in termini di emissioni di CO2
a zero emissioni nette per il clima
impatto climatico ridotto
impronta di CO2 ridotta
Indicazioni ambientali generiche
Con la definizione di “asserzioni ambientali generiche” si intendono quelle frasi presenti sulle confezioni o nelle pubblicità che contengono affermazioni legate all’impatto ambientale del prodotto. Alcuni esempi che vediamo spesso sono: “ecologico”, “naturale” e “biodegradabile”.
Saranno vietate quelle non sostenute da dati concreti e trasparenti, per cui l’operatore non sia realmente in grado di dimostrare l’eccellenza delle prestazioni ambientali. Si è giunti a questa decisione perché, tramite queste dichiarazioni, il consumatore è indotto ad acquistare un bene pensando di contribuire a ridurre il proprio impatto sul pianeta.
Sarà invece possibile continuare a utilizzare queste dichiarazioni se le informazioni a sostegno saranno rese disponibili pubblicamente. In aggiunta sarà necessario per il produttore definire un piano di attuazione dettagliato e realistico, che spieghi in che modo saranno raggiunti gli obiettivi.
Esempio:
“imballaggio rispettoso dal punto di vista del clima” = affermazione generica, quindi NON consentita
“il 100 % dell'energia utilizzata per produrre questo imballaggio proviene da
fonti rinnovabili” = affermazione specifica, CONSENTITA
Marchi di sostenibilità
Sono detti anche “etichette ecologiche” ( ecolabel) e corrispondono ad un sistema di etichettatura volontario attraverso cui il produttore dichiara che il bene e/o l'imballaggio ha un impatto ambientale minimo. Questa affermazione deve essere certificata da un organismo terzo ed essere relativa o all’intero ciclo di vita del prodotto o all'impatto ambientale di un aspetto specifico.
Anche i marchi di sostenibilità hanno un grande impatto comunicativo e possono indurre il consumatore a preferire un prodotto, per questo motivo è necessario che siano stabiliti da autorità pubbliche e che siano legati ad un sistema di certificazione.
Sarà quindi vietato l’utilizzo di marchi non conformi e non verificati.
Esempio:
Vediamo spesso sulle confezioni dei marchi di sostenibilità stabiliti dalle autorità pubbliche, che si riferiscono alle caratteristiche ambientali e sociali dei prodotti. Un altro marchio di qualità ecologica è l’EN ISO 14024, riconosciuto ufficialmente in tutti gli Stati membri.
Pratiche ingannevoli
Sarà vietato dichiarare in maniera falsa la durabilità di un prodotto in termini di tempo e intensità di utilizzo “in condizioni normali”. Non si potrà comunicare un dato diverso da quello riscontrabile a seguito dell’utilizzo effettivo.
Esempio:
Dichiarare che una lavatrice durerà per un certo numero di cicli di lavaggio, secondo l'uso normale previsto nelle istruzioni, mentre se utilizzata effettivamente non sarà così.
Non si potrà suggerire al consumatore di sostituire delle componenti del prodotto o il prodotto stesso prima che sia realmente necessario, tramite comunicazioni che fanno apparire l’azione come inevitabile.
Esempio:
È vietato sollecitare il consumatore, tramite le impostazioni della stampante, a sostituire le cartucce di inchiostro prima che siano effettivamente esaurite. Questa è infatti una tecnica per aumentare il consumo e di conseguenza l’acquisto del prodotto.
Sarà vietato comunicare come necessari degli aggiornamenti dei software che in realtà si limitano a migliorarne le funzionalità oppure, al contrario, possono avere un impatto negativo sulle prestazioni del prodotto.
Esempio:
Aggiornamenti del sistema operativo dei cellulari che causano il deterioramento della batteria, precludono l’utilizzo di alcune applicazioni o causano un rallentamento generale del dispositivo.
Non si potranno presentare i prodotti come riparabili quando non lo sono realmente. La dichiarazione dovrà essere supportata da un’etichetta che presenti l’indice di riparabilità, basato su standard armonizzati in tutta l’Unione Europea.
Si dovrà dichiarare in maniera trasparente che un determinato prodotto può essere utilizzato solo con accessori originali e/o avrà prestazione ridotte se si utilizzano accessori cosiddetti compatibili.
Esempio:
Una stampante che funziona solo con le cartucce della stessa marca oppure la batteria di un telefono che si deteriora se caricata con un caricabatteria non originale.
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