Medio Oriente, i principi di Oslo
Articolo di Piero Fassino pubblicato da Repubblica (pdf).
Di seguito la mia relazione approvata a larghissima maggioranza dall'Assemblea Parlamentare del Consiglio d'Europa:
RAPPORTO SULL’ATTACCO DI HAMAS A ISRAELE
Da 100 giorni il mondo assiste con angoscia alla gravissima crisi che ha investito dal 7 ottobre il Medio Oriente.
Una crisi innescata da #Hamas che il 7 ottobre ha invaso i territori israeliani confinanti con la striscia di Gaza, sterminando intere famiglie, facendo strage di giovani che assistevano a un concerto, devastando kibbutz, violentando in modo efferato giovani ragazze e madri di famiglia e sequestrando e deportando 260 persone, 130 delle quali tuttora ostaggi di Hamas. E vorrei anzitutto esprimere la nostra solidarietà alle famiglie delle vittime e degli ostaggi. Un massacro che non può essere giustificato in alcun modo. Né può essere giustificato invocando l’ “occupazione” di #Israele della #Cisgiordania, il cui status attuale - è bene ricordarlo - è stato definito con gli accordi sottoscritti tra Israele e Autorità Nazionale Palestinese.
Di fronte al massacro, Israele ha reagito entrando nella striscia di Gaza con un’azione militare con massicci bombardamenti aerei e combattimenti di terra finalizzati al duplice obiettivo di liberare gli ostaggi e distruggere le strutture di Hamas. Questo intervento ha provocato continui spostamenti degli oltre 2 milioni di abitanti di Gaza che vivono in una condizione di grande precarietà, in tendopoli di emergenza, con aiuti alimentari insufficienti, con strutture sanitarie inadeguate. E ha colpito l’opinione pubblica mondiale il numero di oltre 25.000 vittime, tra cui molte donne, bambini, anziani. Una quantità di vittime che parte della comunità internazionale giudica sproporzionata.
Anche se va ricordato che a quell’alto numero di vittime ha concorso la strategia di Hamas di trasformare il territorio di Gaza in una base militare, costruendo nel sottosuolo una gigantesca rete di tunnel e gallerie sotto scuole, ospedali, moschee, uffici, abitazioni in una contiguità fisica quasi inscindibile.
In questi 100 giorni si sono avute fragili e brevi tregue - mediate da #Egitto e #Qatar - che hanno consentito scambi tra ostaggi e detenuti palestinesi.
Ciò tuttavia non ha ridotto l’asprezza della guerra che anzi conosce il rischio di un allargamento: lanci di missili da parte di #Hezbollah e bombardamenti israeliani sul confine israelo-libanese; lancio di missili da parte degli #Houti yemeniti, che hanno anche attaccato cargo transitanti per lo stretto di Bab el Mandeb, strutture militari iraniane sul confine siriano. E dietro tutte queste azioni è costante la regia del regime di Teheran.
In questo periodo la Corte internazionale di giustizia, su iniziativa del #Sudafrica, ha aperto un procedimento contro Israele accusato del crimine di genocidio, accusa respinta da Israele. E appare quanto meno curioso che nessuna indagine, fino ad oggi, sia stata aperta sui massacri di Hamas.
Di fronte a questo quadro critico si è sviluppata una forte iniziativa internazionale per la liberazione degli ostaggi, per fermare le armi e aprire la strada ad una soluzione politica.
Particolarmente attivi gli #StatiUniti con un impegno diretto di Biden e una presenza continua nelle regione del segretario di Stato Blinken con una intensa interlocuzione con i paesi arabi moderati.
Le #NazioniUnite e il suo Segretario generale hanno ripetutamente sollecitato l’allentamento delle ostilità militari, la liberazione degli ostaggi e la facilitazione dell’inoltro degli aiuti umanitari. E il Consiglio di Sicurezza ha adottato, non senza travaglio, una Risoluzione in questa direzione.
Anche l’#UnioneEuropea si è attivata per favorire il superamento della crisi proponendo la convocazione di una Conferenza internazionale di pace. Attivi i paesi della regione, dall’Egitto al Qatar all’Arabia Saudita. Anche la Cina, sia pure in modo prudente, ha fatto sentire la sua voce.
Nonostante tutto ciò, la guerra continua. E dunque occorre accelerare la ricerca di una soluzione politica, obiettivo che deve perseguire anche la nostra Assemblea. E in questa direzione va la nostra Risoluzione.
In primo luogo ci deve essere la liberazione degli ostaggi, richiesta a gran voce dalle famiglie e da una sempre più larga opinione pubblica israeliana come si è visto ancora nelle grandi manifestazioni dei giorni scorsi.
In secondo luogo occorre arrivare presto a un cessate il fuoco, almeno temporaneo, che faciliti la liberazione degli ostaggi, consenta il ritorno dei palestinesi alle loro abitazioni, favorisca l’inoltro degli aiuti umanitari e sanitari necessari. E consenta di verificare la possibilità di riaprire la strada alla soluzione 2 popoli e 2 Stati.
Questa soluzione appare l’unica possibile perché in quella terra vivono due diritti : il diritto di Israele a vivere sicuro e riconosciuto dai suoi vicini e il diritto dei palestinesi ad avere una patria. Diritti entrambi legittimi e che devono essere entrambi riconosciuti.
Questa soluzione tuttavia non è priva di ostacoli.
Il primo ministro #Nethanyahu ha reiterato più volte, e ancora nelle ore scorse, la sua contrarietà alla creazione di uno Stato palestinese. E invece per negoziare un accordo occorre una leadership israeliana che lo voglia fare.
L’ANP - fino ad oggi riconosciuto come il rappresentante del popolo palestinese - e’ debole e minato da divisioni. E anche su questo fronte serve un rinnovamento della leadership.
Rimane irrisolto il tema di chi, almeno transitoriamente, dovrà gestire Gaza. E in ogni caso di fronte a un accordo tra Israele e ANP, è prevedibile che Hamas continuerebbe la sua attività perseguendo la distruzione di Israele e invocando “un’unica Palestina da Gerusalemme al mare”.
A questo quadro critico concorre anche in Cisgiordania l’attività aggressiva e violenta di gruppi di in coloni verso villaggi palestinesi, che chiediamo di contrastare alle autorità israeliane.
Infine, l’emozione suscitata dalle tante vittime della guerra ha portato a manifestazioni contro Israele, spesso con slogan antisemiti, antisionisti e antiebraici. Sono atteggiamenti inaccettabili che vanno contrastati con grande fermezza, ben consapevoli di quante tragedie l’antisemitismo ha provocato nella storia europea e del mondo.
Così come vanno contrastate manifestazioni di islamofobia, evitando l’errore di assimilare i palestinesi ad Hamas.
Concludendo, cari colleghi, serve una forte iniziativa internazionale per fermare la guerra, ottenere la liberazione degli ostaggi, restituire Gaza a una vita civile e aprire la strada a una soluzione politica.
Anche la nostra Assemblea è chiamata a fare la propria parte, intensificando la cooperazione con la Knesset e il Consiglio Legislativo Palestinese e promuovendo la cooperazione tra loro.
Vi ringrazio dell’attenzione e vi invito a sostenere la Risoluzione.
Di seguito la mia relazione approvata a larghissima maggioranza dall'Assemblea Parlamentare del Consiglio d'Europa:
RAPPORTO SULL’ATTACCO DI HAMAS A ISRAELE
Da 100 giorni il mondo assiste con angoscia alla gravissima crisi che ha investito dal 7 ottobre il Medio Oriente.
Una crisi innescata da #Hamas che il 7 ottobre ha invaso i territori israeliani confinanti con la striscia di Gaza, sterminando intere famiglie, facendo strage di giovani che assistevano a un concerto, devastando kibbutz, violentando in modo efferato giovani ragazze e madri di famiglia e sequestrando e deportando 260 persone, 130 delle quali tuttora ostaggi di Hamas. E vorrei anzitutto esprimere la nostra solidarietà alle famiglie delle vittime e degli ostaggi. Un massacro che non può essere giustificato in alcun modo. Né può essere giustificato invocando l’ “occupazione” di #Israele della #Cisgiordania, il cui status attuale - è bene ricordarlo - è stato definito con gli accordi sottoscritti tra Israele e Autorità Nazionale Palestinese.
Di fronte al massacro, Israele ha reagito entrando nella striscia di Gaza con un’azione militare con massicci bombardamenti aerei e combattimenti di terra finalizzati al duplice obiettivo di liberare gli ostaggi e distruggere le strutture di Hamas. Questo intervento ha provocato continui spostamenti degli oltre 2 milioni di abitanti di Gaza che vivono in una condizione di grande precarietà, in tendopoli di emergenza, con aiuti alimentari insufficienti, con strutture sanitarie inadeguate. E ha colpito l’opinione pubblica mondiale il numero di oltre 25.000 vittime, tra cui molte donne, bambini, anziani. Una quantità di vittime che parte della comunità internazionale giudica sproporzionata.
Anche se va ricordato che a quell’alto numero di vittime ha concorso la strategia di Hamas di trasformare il territorio di Gaza in una base militare, costruendo nel sottosuolo una gigantesca rete di tunnel e gallerie sotto scuole, ospedali, moschee, uffici, abitazioni in una contiguità fisica quasi inscindibile.
In questi 100 giorni si sono avute fragili e brevi tregue - mediate da #Egitto e #Qatar - che hanno consentito scambi tra ostaggi e detenuti palestinesi.
Ciò tuttavia non ha ridotto l’asprezza della guerra che anzi conosce il rischio di un allargamento: lanci di missili da parte di #Hezbollah e bombardamenti israeliani sul confine israelo-libanese; lancio di missili da parte degli #Houti yemeniti, che hanno anche attaccato cargo transitanti per lo stretto di Bab el Mandeb, strutture militari iraniane sul confine siriano. E dietro tutte queste azioni è costante la regia del regime di Teheran.
In questo periodo la Corte internazionale di giustizia, su iniziativa del #Sudafrica, ha aperto un procedimento contro Israele accusato del crimine di genocidio, accusa respinta da Israele. E appare quanto meno curioso che nessuna indagine, fino ad oggi, sia stata aperta sui massacri di Hamas.
Di fronte a questo quadro critico si è sviluppata una forte iniziativa internazionale per la liberazione degli ostaggi, per fermare le armi e aprire la strada ad una soluzione politica.
Particolarmente attivi gli #StatiUniti con un impegno diretto di Biden e una presenza continua nelle regione del segretario di Stato Blinken con una intensa interlocuzione con i paesi arabi moderati.
Le #NazioniUnite e il suo Segretario generale hanno ripetutamente sollecitato l’allentamento delle ostilità militari, la liberazione degli ostaggi e la facilitazione dell’inoltro degli aiuti umanitari. E il Consiglio di Sicurezza ha adottato, non senza travaglio, una Risoluzione in questa direzione.
Anche l’#UnioneEuropea si è attivata per favorire il superamento della crisi proponendo la convocazione di una Conferenza internazionale di pace. Attivi i paesi della regione, dall’Egitto al Qatar all’Arabia Saudita. Anche la Cina, sia pure in modo prudente, ha fatto sentire la sua voce.
Nonostante tutto ciò, la guerra continua. E dunque occorre accelerare la ricerca di una soluzione politica, obiettivo che deve perseguire anche la nostra Assemblea. E in questa direzione va la nostra Risoluzione.
In primo luogo ci deve essere la liberazione degli ostaggi, richiesta a gran voce dalle famiglie e da una sempre più larga opinione pubblica israeliana come si è visto ancora nelle grandi manifestazioni dei giorni scorsi.
In secondo luogo occorre arrivare presto a un cessate il fuoco, almeno temporaneo, che faciliti la liberazione degli ostaggi, consenta il ritorno dei palestinesi alle loro abitazioni, favorisca l’inoltro degli aiuti umanitari e sanitari necessari. E consenta di verificare la possibilità di riaprire la strada alla soluzione 2 popoli e 2 Stati.
Questa soluzione appare l’unica possibile perché in quella terra vivono due diritti : il diritto di Israele a vivere sicuro e riconosciuto dai suoi vicini e il diritto dei palestinesi ad avere una patria. Diritti entrambi legittimi e che devono essere entrambi riconosciuti.
Questa soluzione tuttavia non è priva di ostacoli.
Il primo ministro #Nethanyahu ha reiterato più volte, e ancora nelle ore scorse, la sua contrarietà alla creazione di uno Stato palestinese. E invece per negoziare un accordo occorre una leadership israeliana che lo voglia fare.
L’ANP - fino ad oggi riconosciuto come il rappresentante del popolo palestinese - e’ debole e minato da divisioni. E anche su questo fronte serve un rinnovamento della leadership.
Rimane irrisolto il tema di chi, almeno transitoriamente, dovrà gestire Gaza. E in ogni caso di fronte a un accordo tra Israele e ANP, è prevedibile che Hamas continuerebbe la sua attività perseguendo la distruzione di Israele e invocando “un’unica Palestina da Gerusalemme al mare”.
A questo quadro critico concorre anche in Cisgiordania l’attività aggressiva e violenta di gruppi di in coloni verso villaggi palestinesi, che chiediamo di contrastare alle autorità israeliane.
Infine, l’emozione suscitata dalle tante vittime della guerra ha portato a manifestazioni contro Israele, spesso con slogan antisemiti, antisionisti e antiebraici. Sono atteggiamenti inaccettabili che vanno contrastati con grande fermezza, ben consapevoli di quante tragedie l’antisemitismo ha provocato nella storia europea e del mondo.
Così come vanno contrastate manifestazioni di islamofobia, evitando l’errore di assimilare i palestinesi ad Hamas.
Concludendo, cari colleghi, serve una forte iniziativa internazionale per fermare la guerra, ottenere la liberazione degli ostaggi, restituire Gaza a una vita civile e aprire la strada a una soluzione politica.
Anche la nostra Assemblea è chiamata a fare la propria parte, intensificando la cooperazione con la Knesset e il Consiglio Legislativo Palestinese e promuovendo la cooperazione tra loro.
Vi ringrazio dell’attenzione e vi invito a sostenere la Risoluzione.