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I diritti umani e il diritto internazionale non sono negoziabili

Written by Abdullah Badinjki.

Articolo di Abdullah Badinjki pubblicato da Contropiede.

Per comprendere la portata di quanto sta avvenendo oggi, e i motivi della violenza inarrestabile della risposta israeliana bisogna partire da un dato di fatto politico: quella di Hamas è stata certamente un’azione terroristica, ma dal carattere inedito.
Prendendo di mira i kibbutz e il festival della musica, Hamas non ha solo ucciso barbaramente dei civili inermi, ma ha attaccato frontalmente il progetto politico di Bibi Netanyahu, facendogli perdere credibilità e autorevolezza. Il peggior attacco subito da Israele è avvenuto con un governo ultra conservatore e ultraortodosso, il più a destra della storia di Israele, che non ha saputo difendere i propri cittadini perché ha sottovalutato ogni segnale di allarme. La denuncia di Yigal Carmon, ex consigliere di Rabin, è netta: “Avevo avvertito di un attacco di Hamas ma Bibi è stato cieco. Alle ore otto del 7 ottobre era fissata una riunione di emergenza, ma l’assalto jihadista era già partito alle sei.”
La risposta ad Hamas del governo israeliano è stata la peggiore possibile: occhi per occhio, denti per dente. “Un solo scopo: distruggere Gaza” – ha detto l’ex ambasciatore di Israele in Italia Dror Eydar in onda tv su Mediaset Rete 4 – “Spazzare via tutta Gaza dalla faccia della terra. Abbiamo bisogno di una vendetta rapida e crudele. Qualsiasi cosa di meno è immorale” ha twittato ieri Galit Distel Atbaryan, membro della Knesset nel partito Likud di Netanyahu e già Ministra dell’informazione.
Una pioggia incessante di bombe riversata su Gaza che ha il sapore di una rappresaglia feroce ai danni dei civili innocenti, e la certezza di una sconfitta totale per l’intera umanità.
26 giorni di bombardamenti a tappeto hanno già causato la morte di 8.525 palestinesi, di cui 3.542 bambini e bambine, più di 21.500 feriti, 1,4 milioni di sfollati e la distruzione del 45% delle abitazioni di Gaza.
Israele non ha intenzione di fermarsi, e ogni giorno che passa inasprisce la forza e la brutalità dei propri attacchi. A nulla sono valsi i numerosi appelli internazionali, l’ennesima risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite che chiede il “cessate il fuoco” non solo non ha trovato alcun riscontro, ma ha scatenato una violentissima azione di discredito pubblico, da parte dei diplomatici israeliani, nei confronti delle Nazioni Unite e in particolare del suo Segretario Generale Antonio Guterres, reo di aver citato, in un suo appello di stop ai bombardamenti, le politiche di repressione e di colonialismo perpetrate negli anni dal governo israeliano ai danni della popolazione palestinese.
Ha ragione Guterres. Ad oggi, nella Cisgiordania occupata, ci sono più di cento insediamenti israeliani, per un totale di oltre 700mila coloni, 220mila solo a Gerusalemme Est e più di 20mila negli insediamenti sulle alture del Golan siriano occupato. Israele ha negli anni cercato di modificare la composizione demografica di questa parte di territorio, autorizzando e finanziando le colonie, portando avanti una politica di tipo repressivo, fatta di sgomberi, di abbattimenti delle abitazioni palestinesi e di insediamento forzato di cittadini israeliani nell’area.
Fra le prime decisioni dell’esecutivo di Netanyahu ci sono state la legalizzazione di nove colonie israeliane in Cisgiordania e l’approvazione della costruzione di nuove colonie. Da anni la comunità internazionale denuncia come illegali gli insediamenti israeliani nei territori palestinesi e li ritiene il principale ostacolo per il raggiungimento della pace. Proprio in Cisgiordania, l’altro fronte della guerra i dati allarmanti raccontano l’aumento esponenziale degli abusi dei coloni nei confronti dei cittadini palestinesi. 123 morti, 2.209 feriti e la minaccia costante di sgombero o esproprio violento delle proprie abitazioni.
Il 28 ottobre il direttore dell’ufficio di New York dell’Alto Commissariato ONU per i diritti umani, Craig Mokhiber, si è dimesso in segno di protesta, accusando le agenzie delle Nazioni Unite di non aver agito per “prevenire il genocidio” della popolazione palestinese nella Striscia di Gaza. Mokhiber ha inviato una lettera a Volker Turk, l’Alto Commissario Onu per i diritti umani, in cui ha spiegato: “Questo è un caso da manuale di genocidio. […] Israele non rappresenta il popolo ebraico e in quanto tale, è l’unico responsabile dei suoi crimini”. Secondo l’esperto funzionario “la critica delle violazioni dei diritti umani di Israele non è antisemita, come la critica delle violazioni saudite non è islamofobia, la critica delle violazioni del Myanmar non è anti-buddista, o la critica delle violazioni indiane non è anti-hindu”.
La conclusione della lettera di Mokhiber risuona come un ammonimento alle Nazioni Unite, ma anche al mondo intero: “Le nostre posizioni devono basarsi senza riserve sui diritti umani internazionali e sul diritto internazionale.
Nell’immediato, dobbiamo lavorare per un immediato cessate il fuoco e la fine dell’assedio di lunga data a Gaza. Il mondo ci guarda. Saremo tutti responsabili della situazione in questo momento cruciale della storia. Stiamo dalla parte della giustizia.”
Questa non è una guerra di religione. L’accusa di antisemitismo, che arriva dal sistema di propaganda israeliano ogni volta che si critica la guerra e la politica colonialista di Israele, è follia oltre che ad essere un insulto alla nostra intelligenza e alla nostra umanità.
Condannare le politiche di Israele non è antisemita. Lo dimostrano le sempre più numerose manifestazioni organizzate in tutte le città del mondo, anche da persone di confessione ebraica, alle quali partecipano migliaia di persone, indipendentemente dal colore della pelle, dall’estrazione sociale o dal credo religioso, accomunate dall’amore per la vita, dal rifiuto della guerra come soluzione, e dalla difesa dei diritti umani di persone innocenti.
“Non in nostro nome”. “Due popoli, due stati” oggi sembra una lontanissima utopia ma non possiamo smettere di crederci.. Ad una condizione però: la luce dei diritti umani e del diritto internazionale non sono negoziabili, solo così possiamo farci condurre alla salvezza. Cessate il fuoco.
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