I have a dream
Articolo di Avvenire.
Sessant'anni dopo l'America si rende conto che il suo sogno non si è ancora realizzato, almeno non lo è com'era nei sogni di tanti. Il sogno americano dei migranti al confine messicano resta nel cassetto, insieme a quello della redistribuzione della ricchezza, delle risorse e vicino pure al sogno dei comportamenti e delle opportunità che non discriminano per colore della pelle o religione o sesso.
Così, una marcia di almeno 75mila persone sfilerà oggi per Washington fino allo stesso punto del National Mall dove Martin Luther King, 60 anni fa, parlò del suo sogno di un mondo più giusto ed equo. Nel 1963 la manifestazione vide oltre 250mila persone sfilare e fece da apripista al Civil Rights Act del 1964. Il figlio maggiore di King, Martin Luther King III, e altri leader dei diritti civili marceranno nella capitale della nazione davanti al Lincoln Memorial, in onore del presidente Abraham Lincoln (1861-1865) e dove Martin Luther King Jr. diede il suo famoso discorso per chiedere la fine del razzismo negli Stati Uniti.
Le commemorazioni per Martin Luther King avranno anche un atto simbolico che la Casa Bianca ha voluto: il presidente americano Joe Biden, insieme a Kamala Harris, incontrerà lunedì la famiglia del reverendo. Un incontro che avrà luogo sessant'anni dopo quello tenuto nello Studio Ovale della Casa Bianca dall'allora presidente John F. Kennedy (1961-1963) con King prima della prima marcia su Washington. Biden dovrebbe anche parlare al ricevimento che la Casa Bianca ospiterà per commemorare anche il sessantesimo anniversario della fondazione del Comitato degli avvocati per i diritti civili, creato su richiesta di Kennedy e il cui obiettivo è difendere la giustizia e l'uguaglianza negli Stati Uniti.
La marcia su Washington per il lavoro e la libertà del 1963 è considerata una delle manifestazioni piu' significative negli Stati Uniti e una pietra miliare nella lotta per la giustizia razziale. Quella protesta servì a fare pressione sul Congresso degli Stati Uniti affinché approvasse il Civil Rights Act nel 1964 per proibire la discriminazione razziale e la segregazione, così come il Voting Rights Act del 1965 per vietare le barriere al voto degli afroamericani. Quasi sessant'anni dopo Black Lives Matters insegna però che la strada non è mai finita. C'è ancora da camminare, dal National Mall passando per Selma e Montgomery, fino a un marciapiede di Minneapolis. Quel ragazzo non si chiamerà George Floyd e non soffocherà invocando la madre. Ma ci sarà. Non sarà in Minnesota ma forse da questa parte dell'Oceano e avrà il colore della pelle "diverso", per qualcuno.
Sessant'anni dopo l'America si rende conto che il suo sogno non si è ancora realizzato, almeno non lo è com'era nei sogni di tanti. Il sogno americano dei migranti al confine messicano resta nel cassetto, insieme a quello della redistribuzione della ricchezza, delle risorse e vicino pure al sogno dei comportamenti e delle opportunità che non discriminano per colore della pelle o religione o sesso.
Così, una marcia di almeno 75mila persone sfilerà oggi per Washington fino allo stesso punto del National Mall dove Martin Luther King, 60 anni fa, parlò del suo sogno di un mondo più giusto ed equo. Nel 1963 la manifestazione vide oltre 250mila persone sfilare e fece da apripista al Civil Rights Act del 1964. Il figlio maggiore di King, Martin Luther King III, e altri leader dei diritti civili marceranno nella capitale della nazione davanti al Lincoln Memorial, in onore del presidente Abraham Lincoln (1861-1865) e dove Martin Luther King Jr. diede il suo famoso discorso per chiedere la fine del razzismo negli Stati Uniti.
Le commemorazioni per Martin Luther King avranno anche un atto simbolico che la Casa Bianca ha voluto: il presidente americano Joe Biden, insieme a Kamala Harris, incontrerà lunedì la famiglia del reverendo. Un incontro che avrà luogo sessant'anni dopo quello tenuto nello Studio Ovale della Casa Bianca dall'allora presidente John F. Kennedy (1961-1963) con King prima della prima marcia su Washington. Biden dovrebbe anche parlare al ricevimento che la Casa Bianca ospiterà per commemorare anche il sessantesimo anniversario della fondazione del Comitato degli avvocati per i diritti civili, creato su richiesta di Kennedy e il cui obiettivo è difendere la giustizia e l'uguaglianza negli Stati Uniti.
La marcia su Washington per il lavoro e la libertà del 1963 è considerata una delle manifestazioni piu' significative negli Stati Uniti e una pietra miliare nella lotta per la giustizia razziale. Quella protesta servì a fare pressione sul Congresso degli Stati Uniti affinché approvasse il Civil Rights Act nel 1964 per proibire la discriminazione razziale e la segregazione, così come il Voting Rights Act del 1965 per vietare le barriere al voto degli afroamericani. Quasi sessant'anni dopo Black Lives Matters insegna però che la strada non è mai finita. C'è ancora da camminare, dal National Mall passando per Selma e Montgomery, fino a un marciapiede di Minneapolis. Quel ragazzo non si chiamerà George Floyd e non soffocherà invocando la madre. Ma ci sarà. Non sarà in Minnesota ma forse da questa parte dell'Oceano e avrà il colore della pelle "diverso", per qualcuno.