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Migranti, basta parlare di emergenza

Written by Avvenire.

Intervista di Avvenire a don Pagniello, Direttore della Cartitas.

Un confronto aperto e a diversi livelli – con il governo, i comuni, le regioni e le altre reti del terzo settore impegnate nell’accoglienza – che permetta di affrontare la questione dei migranti in modo strutturale e non emergenziale. Lo chiede Caritas italiana al governo proprio mentre inizia l’ultimo mese di una estate che vede gli sbarchi toccare quota 106.000, più del doppio dell’anno scorso, mentre sale a 85.000 circa il numero delle persone accolte nel sistema italiano.
Da settimane, comuni e regioni sono in difficoltà a reperire posti letto per i migranti. In alcuni comuni sono state addirittura montate tendopoli, si fatica a trovare spazi. Da parte sua la Chiesa è sempre in prima linea sul fronte dell’accoglienza e della promozione di percorsi di integrazione. «In diversi territori – spiega don Marco Pagniello, direttore di Caritas italiana – sono sempre più pressanti le richieste che giungono da parte delle Autorità perché la rete ecclesiale metta a disposizione altri spazi. La Chiesa che è in Italia si impegna al massimo delle sue possibilità, mettendo a disposizione strutture idonee, personale e volontari per aiutare le persone oltre quello che la convenzione stessa chiede».
Possiamo dare delle cifre?
Tra le accoglienze dei migranti nei centri, quelle delle famiglie ucraine – che spesso non sono accolte ufficialmente – e le persone arrivate attraverso i corridoi umanitari, universitari e lavorativi, la rete ecclesiale nazionale, in questo momento, sta ospitando circa 20.000 persone. Possiamo dire che è sicuramente quella che in Italia ha fatto e sta facendo di più.
Ma siamo in emergenza o no?
Sulla questione migratoria non possiamo più parlare di emergenza poiché ormai il fenomeno è sistematico. Siamo tuttavia in un periodo “di picco”, come dimostra l’alto numero di arrivi dall’inizio dell’anno. Il tema è complesso e deve essere affrontato insieme all’Unione euroepa e con una più stretta collaborazione tra Stato, Chiesa e realtà della società civile, in un’ottica di solidarietà e sussidiarietà.
E come? Al meeting di Rimini venerdì scorso il presidente Mattarella ha dichiarato che i fenomeni migratori vanno affrontati, muri e barriere non li cancellano. E ha parlato degli ingressi regolari come via per combattere il traffico di esseri umani...
In questi anni abbiamo promosso con i fondi dell’otto per mille i corridoi umanitari e poi quelli universitari e lavorativi come vie alternative, sicure e legali rispetto ai barconi e alla rotta balcanica per governare il flusso dei profughi in fuga da guerre e persecuzioni. Per i migranti economici in fuga dalla miseria, oltre all’ingresso di immigrati regolari, sarebbe utile ampliare i fondi per la cooperazione, ad esempio con la campagna 0,70 per aiutare lo sviluppo soprattutto in Africa. Dove la situazione purtroppo non parla di pace a partire dal Corno, dal Sudan e poi nel Sahel. Prima di parlare di rimpatri, garantirei – come ha ribadito il Papa nel discorso per la prossima Giornata del migrante – il diritto fondamentale, la libertà di scegliere anche di restare a casa propria.
E sull’accoglienza?
La nostra esperienza dice che si può e si deve uscire da questa logica dell’emergenza anche nell’accoglienza. La complessità del fenomeno migratorio si può affrontare in maniera sistematica.
Dunque Caritas italiana è disponibile a collaborare?
Certo, con questo governo come con tutti gli altri. Ma occorre cambiare metodo. La nostra proposta è quella di un confronto aperto e a più livelli che possa aprire a forme positive e propositive. Ad esempio, attraverso un tavolo di lavoro permanente e continuo con il governo a cui partecipino la rete ecclesiale, le realtà del terzo settore, l’Anci, le regioni così che il problema venga affrontato in chiave nazionale, facendo tesoro di quanto sperimentato anche a livello ecclesiale. Occorre ragionare tutti insieme per concordare soluzioni efficienti, a partire dal reperimento degli spazi idonei per accogliere dignitosamente queste persone. Da parte nostra questo comporta una maggiore assunzione di responsabilità, ma da parte di chi governa occorre il coraggio di superare la logica emergenziale per accogliere bene favorendo ad esempio il ritorno dell’accoglienza diffusa.
Alla quale è stato inferto un colpo letale nel 2018, ma sulla quale soprattutto i piccoli comuni erano e sono contrari...
Se in un centro di 500 abitanti arrivano 10 minori stranieri non accompagnati li capisco, rischiano di andare in bancarotta. A maggior ragione, un tavolo di lavoro che coinvolga diversi attori può favorire un migliore coordinamento e aiutare a redistribuire in modo efficace quanti hanno bisogno di ospitalità. Dobbiamo confrontarci e ragionare tutti insieme, se affrontiamo la complessità del fenomeno separatamente, ciascuno con il proprio punto di vista o solo per gestire una fase di picco o per cercare sistemazioni abitative in una determinata provincia, non ne usciremo. Il momento è difficile. Pensiamo, ad esempio, a quanto la questione Covid abbia inciso sulla spesa sanitaria delle regioni. Ma più continuiamo a dividerci e meno riusciremo ad avere una visione complessiva e a dare risposte.
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