Appello all'Europa per la pace
Intervento di Avvenire.
Il mondo ha bisogno dell'Europa, "di vera Europa". E della sua capacità di costruire la pace. In Ucraina come in altre zone toccate dalla guerra, mettendo fine al commercio delle armi. E secondo tre cantieri di speranza che sono l'ambiente, il futuro e la fraternità.
Appena arrivato a Lisbona, sede della 37ma Giornata mondiale della Gioventù ("un oceano di giovani", dice il Papa) Francesco mette subito le cose in chiaro e si rivolge al vecchio continente definito scherzosamente "anziano", invitando le istituzioni continentali, i singoli Stati e la società civile a "un impulso di apertura universale".
Il Pontefice prende per la prima volta la parola, in questo suo 42mo viaggio internazionale, nel Centro cultural de Belém, che si affaccia sul fiume Tago e che fu costruito per la presidenza portoghese dell'allora Comunità economica europea, oggi Ue. Lisbona, ricorda il Papa, è anche la città in cui fu firmato il trattato del 2007, oggi in vigore a Bruxelles e negli Stati membri. Questo è dunque il luogo adatto per fare tali discorsi, davanti al presidente Marcelo Rebelo de Sousa, al corpo diplomatico e alle autorità, circa un migliaio di persone che affollano l'auditorium dalle linee architettoniche modernissime, ma con rimandi all'antico.
Anche l'architettura sociale e politica disegnata dal Pontefice mette insieme antico e moderno, mescolando citazioni di Amalia Rodrigues, dei poeti Pessoa, Faria e Vaz de Camoes, il premio Nobel Saramago e della poetessa De Mello Breyner Andresen con una lucida visione di futuro. Ad esempio quando invoca "il ruolo di pontiere e di paciere" del continente "nella sua parte orientale, nel Mediterraneo, in Africa e in Medio Oriente. Così l’Europa - sottolinea - potrà apportare, all’interno dello scenario internazionale, la sua specifica originalità, delineatasi nel secolo scorso quando, dal crogiuolo dei conflitti mondiali, fece scoccare la scintilla della riconciliazione, inverando il sogno di costruire il domani con il nemico di ieri, di avviare percorsi di dialogo e di inclusione, sviluppando una diplomazia di pace che spenga i conflitti e allenti le tensioni, capace di cogliere i segnali di distensione più flebili e di leggere tra le righe più storte".
Ma si sta andando in questa direzione, "nel frangente tempestoso" che "l'oceano della storia sta attraversando"? E' la domanda che Francesco pone alle coscienze. E dal suo punto di osservazione la risposta non è rassicurante. "Guardando con accorato affetto all’Europa - fa notare infatti -, nello spirito di dialogo che la caratterizza, verrebbe da chiederle: verso dove navighi, se non offri percorsi di pace, vie creative per porre fine alla guerra in Ucraina e ai tanti conflitti che insanguinano il mondo? E ancora, allargando il campo: quale rotta segui, Occidente? La tua tecnologia, che ha segnato il progresso e globalizzato il mondo, da sola non basta; tanto meno bastano le armi più sofisticate, che non rappresentano investimenti per il futuro, ma impoverimenti del vero capitale umano, quello dell’educazione, della sanità, dello stato sociale". Preoccupa, aggiunge il Pontefice, "quando si legge che in tanti luoghi si investono continuamente fondi sulle armi anziché sul futuro dei figli".
Di qui il sogno del Papa, che è anche un auspicio: "Io sogno un’Europa, cuore d’Occidente, che metta a frutto il suo ingegno per spegnere focolai di guerra e accendere luci di speranza; un’Europa che sappia ritrovare il suo animo giovane, sognando la grandezza dell’insieme e andando oltre i bisogni dell’immediato; un’Europa che includa popoli e persone, senza rincorrere teorie e colonizzazioni ideologiche".
Francesco declina poi questo suo sogno in relazione ai diversi problemi. La difesa della vita, innanzitutto, dalle "derive utilitariste, che la usano e la scartano". Il Papa pensa "a tanti bambini non nati e anziani abbandonati a sé stessi, alla fatica di accogliere, proteggere, promuovere e integrare chi viene da lontano e bussa alle porte, alla solitudine di molte famiglie in difficoltà nel mettere al mondo e crescere dei figli". E perciò tornano le domande destinate a smuovere le coscienze: "Verso dove navigate, Europa e Occidente, con lo scarto dei vecchi, i muri col filo spinato, le stragi in mare e le culle vuote? Dove andate se, di fronte al male di vivere, offrite rimedi sbrigativi e sbagliati, come il facile accesso alla morte, soluzione di comodo che appare dolce, ma in realtà è più amara delle acque del mare? Penso a tante leggi sofisticate sull'eutanasia".
La Gmg di Lisbona è chiamata a mobilitare energie giovanili anche per dare risposta a questi interrogativi. "Accanto ai giovani uno non invecchia", dice il Papa, citando una frase cara anche a san Giovanni Paolo II, che delle Gmg è l'inventore. E infatti "se da molte parti oggi si respira un clima di protesta e insoddisfazione, terreno fertile per populismi e complottismi, la Giornata Mondiale della Gioventù è occasione per costruire insieme. Rinverdisce il desiderio di creare novità, di prendere il largo e navigare insieme verso il futuro".
Un futuro, ricorda papa Bergoglio, che deve passare attraverso tre cantieri di speranza. L'ambiente, "problema estremamente serio", dice il Pontefice. "Gli oceani si surriscaldano e i loro fondali portano a galla la bruttezza con cui abbiamo inquinato la casa comune. Stiamo trasformando le grandi riserve di vita in discariche di plastica. L’oceano ci ricorda che la vita dell’uomo è chiamata ad armonizzarsi con un ambiente più grande di noi, che va custodito con premura, pensando alle giovani generazioni. Come possiamo dire di credere nei giovani, se non diamo loro uno spazio sano per costruire il futuro?".
E poi il futuro, cioè i giovani specie in questa Lisbona che viene definita da Francesco "capitale del mondo, perché capitale del futuro", data la presenza dei giovani. Ma tanti fattori li scoraggiano, "come la mancanza di lavoro, i ritmi frenetici in cui sono immersi, l’aumento del costo della vita, la fatica a trovare un’abitazione e, ancora più preoccupante, la paura di formare famiglie e mettere al mondo dei figli". In Europa e, più in generale, in Occidente, torna a sottolineare il Pontefice "si assiste a una triste fase discendente della curva demografica: il progresso sembra una questione riguardante gli sviluppi della tecnica e gli agi dei singoli, mentre il futuro chiede di contrastare la denatalità e il tramonto della voglia di vivere".
Qui viene in primo piano "la buona politica". Essa, infatti, "non è chiamata a detenere il potere, ma a dare alla gente il potere di sperare. È chiamata, oggi più che mai, a correggere gli squilibri economici di un mercato che produce ricchezze, ma non le distribuisce, impoverendo di risorse e certezze gli animi. È chiamata a riscoprirsi generatrice di vita e di cura, a investire con lungimiranza sull’avvenire, sulle famiglie e sui figli, a promuovere alleanze intergenerazionali, dove non si cancelli con un colpo di spugna il passato, ma si favoriscano i legami tra giovani e anziani".
Infine il Papa accenna al terzo cantiere di speranza, la fraternità. "Com’è bello riscoprirci fratelli e sorelle, lavorare per il bene comune lasciando alle spalle contrasti e diversità di vedute! Anche qui - conclude Francesco - ci sono d’esempio i giovani che, con il loro grido di pace e la loro voglia di vita, ci portano ad abbattere i rigidi steccati di appartenenza eretti in nome di opinioni e credo diversi".
La Chiesa portoghese sia «come un “porto sicuro” per chiunque affronta le traversate, i naufragi e le tempeste della vita». È questo l’augurio di papa Francesco ai vescovi, ai sacerdoti, ai diaconi, come pure ai religiosi e alle religiose e agli operatori pastorali, incontrati ieri pomeriggio nel Monastero dos Jeronimos, complesso monumentale di grande bellezza, dove furono firmati nel 2007 i nuovi Trattati dell’Unione Europea.
Il Pontefice, accolto dal patriarca di Lisbona, cardinale Manuel Clemente, esorta, incoraggia, invita a prendere il largo, a «risvegliare l’inquietudine per il Vangelo», a «passare dal «disfattismo alla fede», a «portare avanti insieme la pastorale», in pratica ad adottare uno stile sinodale. Il tutto per porre rimedio a quella «stanchezza», che spesso si manifesta nei Paesi di antica tradizione cristiana, «attraversati da molti cambiamenti sociali e culturali e sempre più segnati dal secolarismo, dall’indifferenza nei confronti di Dio, da un crescente distacco dalla pratica della fede». Per questo il Pontefice mette in guardia da certe condotte. Il secolarismo infatti è alimentato, dice, « dalla delusione e dalla rabbia che alcuni nutrono nei confronti della Chiesa, talvolta per la nostra cattiva testimonianza e per gli scandali che ne hanno deturpato il volto, e che chiamano a una purificazione umile e costante, a partire dal grido di dolore delle vittime, sempre da accogliere e da ascoltare».
Anche il Portogallo, infatti, è stato toccato dalla piaga degli abusi sui minori commessi da alcuni ecclesiastici e non è escluso che lo stesso papa Francesco possa incontrare in questi giorni un gruppo di vittime.
Ad ogni modo, continua papa Bergoglio con frequenti aggiunte a braccio al discorso scritto, bisogna resistere alla tentazione di scendere dalla barca, dopo una notte di pesca infruttuosa. Per questo Francesco invita: «Gettare di nuovo le reti e abbracciare il mondo con la speranza del Vangelo: a questo siamo chiamati. Non è tempo di sostare e arrendersi, di ormeggiare la barca a riva o di guardarsi indietro; non dobbiamo fuggire questo tempo perché ci spaventa e rifugiarci in forme e stili del passato. No, questo è il tempo di grazia che il Signore ci dà per avventurarci nel mare dell’evangelizzazione e della missione». Per farlo «bisogna lasciare la riva delle delusioni e dell’immobilismo, prendere le distanze da quella tristezza dolciastra e da quel cinismo ironico che ci assalgono dinanzi alle difficoltà». Bisogna anche evitare le lamentele e lo scoramento. «Non temiamo di affrontare il mare aperto, perché in mezzo alla tempesta e ai venti contrari ci viene incontro Gesù, che dice: “Coraggio, sono io, non abbiate paura!”».
Il Pontefice invita a lavorare pastoralmente in collaborazione. «La Chiesa è sinodale, è comunione, aiuto reciproco, cammino comune. A questo tende il Sinodo in corso, che avrà il suo primo momento assembleare nel prossimo ottobre».
Il mondo ha bisogno dell'Europa, "di vera Europa". E della sua capacità di costruire la pace. In Ucraina come in altre zone toccate dalla guerra, mettendo fine al commercio delle armi. E secondo tre cantieri di speranza che sono l'ambiente, il futuro e la fraternità.
Appena arrivato a Lisbona, sede della 37ma Giornata mondiale della Gioventù ("un oceano di giovani", dice il Papa) Francesco mette subito le cose in chiaro e si rivolge al vecchio continente definito scherzosamente "anziano", invitando le istituzioni continentali, i singoli Stati e la società civile a "un impulso di apertura universale".
Il Pontefice prende per la prima volta la parola, in questo suo 42mo viaggio internazionale, nel Centro cultural de Belém, che si affaccia sul fiume Tago e che fu costruito per la presidenza portoghese dell'allora Comunità economica europea, oggi Ue. Lisbona, ricorda il Papa, è anche la città in cui fu firmato il trattato del 2007, oggi in vigore a Bruxelles e negli Stati membri. Questo è dunque il luogo adatto per fare tali discorsi, davanti al presidente Marcelo Rebelo de Sousa, al corpo diplomatico e alle autorità, circa un migliaio di persone che affollano l'auditorium dalle linee architettoniche modernissime, ma con rimandi all'antico.
Anche l'architettura sociale e politica disegnata dal Pontefice mette insieme antico e moderno, mescolando citazioni di Amalia Rodrigues, dei poeti Pessoa, Faria e Vaz de Camoes, il premio Nobel Saramago e della poetessa De Mello Breyner Andresen con una lucida visione di futuro. Ad esempio quando invoca "il ruolo di pontiere e di paciere" del continente "nella sua parte orientale, nel Mediterraneo, in Africa e in Medio Oriente. Così l’Europa - sottolinea - potrà apportare, all’interno dello scenario internazionale, la sua specifica originalità, delineatasi nel secolo scorso quando, dal crogiuolo dei conflitti mondiali, fece scoccare la scintilla della riconciliazione, inverando il sogno di costruire il domani con il nemico di ieri, di avviare percorsi di dialogo e di inclusione, sviluppando una diplomazia di pace che spenga i conflitti e allenti le tensioni, capace di cogliere i segnali di distensione più flebili e di leggere tra le righe più storte".
Ma si sta andando in questa direzione, "nel frangente tempestoso" che "l'oceano della storia sta attraversando"? E' la domanda che Francesco pone alle coscienze. E dal suo punto di osservazione la risposta non è rassicurante. "Guardando con accorato affetto all’Europa - fa notare infatti -, nello spirito di dialogo che la caratterizza, verrebbe da chiederle: verso dove navighi, se non offri percorsi di pace, vie creative per porre fine alla guerra in Ucraina e ai tanti conflitti che insanguinano il mondo? E ancora, allargando il campo: quale rotta segui, Occidente? La tua tecnologia, che ha segnato il progresso e globalizzato il mondo, da sola non basta; tanto meno bastano le armi più sofisticate, che non rappresentano investimenti per il futuro, ma impoverimenti del vero capitale umano, quello dell’educazione, della sanità, dello stato sociale". Preoccupa, aggiunge il Pontefice, "quando si legge che in tanti luoghi si investono continuamente fondi sulle armi anziché sul futuro dei figli".
Di qui il sogno del Papa, che è anche un auspicio: "Io sogno un’Europa, cuore d’Occidente, che metta a frutto il suo ingegno per spegnere focolai di guerra e accendere luci di speranza; un’Europa che sappia ritrovare il suo animo giovane, sognando la grandezza dell’insieme e andando oltre i bisogni dell’immediato; un’Europa che includa popoli e persone, senza rincorrere teorie e colonizzazioni ideologiche".
Francesco declina poi questo suo sogno in relazione ai diversi problemi. La difesa della vita, innanzitutto, dalle "derive utilitariste, che la usano e la scartano". Il Papa pensa "a tanti bambini non nati e anziani abbandonati a sé stessi, alla fatica di accogliere, proteggere, promuovere e integrare chi viene da lontano e bussa alle porte, alla solitudine di molte famiglie in difficoltà nel mettere al mondo e crescere dei figli". E perciò tornano le domande destinate a smuovere le coscienze: "Verso dove navigate, Europa e Occidente, con lo scarto dei vecchi, i muri col filo spinato, le stragi in mare e le culle vuote? Dove andate se, di fronte al male di vivere, offrite rimedi sbrigativi e sbagliati, come il facile accesso alla morte, soluzione di comodo che appare dolce, ma in realtà è più amara delle acque del mare? Penso a tante leggi sofisticate sull'eutanasia".
La Gmg di Lisbona è chiamata a mobilitare energie giovanili anche per dare risposta a questi interrogativi. "Accanto ai giovani uno non invecchia", dice il Papa, citando una frase cara anche a san Giovanni Paolo II, che delle Gmg è l'inventore. E infatti "se da molte parti oggi si respira un clima di protesta e insoddisfazione, terreno fertile per populismi e complottismi, la Giornata Mondiale della Gioventù è occasione per costruire insieme. Rinverdisce il desiderio di creare novità, di prendere il largo e navigare insieme verso il futuro".
Un futuro, ricorda papa Bergoglio, che deve passare attraverso tre cantieri di speranza. L'ambiente, "problema estremamente serio", dice il Pontefice. "Gli oceani si surriscaldano e i loro fondali portano a galla la bruttezza con cui abbiamo inquinato la casa comune. Stiamo trasformando le grandi riserve di vita in discariche di plastica. L’oceano ci ricorda che la vita dell’uomo è chiamata ad armonizzarsi con un ambiente più grande di noi, che va custodito con premura, pensando alle giovani generazioni. Come possiamo dire di credere nei giovani, se non diamo loro uno spazio sano per costruire il futuro?".
E poi il futuro, cioè i giovani specie in questa Lisbona che viene definita da Francesco "capitale del mondo, perché capitale del futuro", data la presenza dei giovani. Ma tanti fattori li scoraggiano, "come la mancanza di lavoro, i ritmi frenetici in cui sono immersi, l’aumento del costo della vita, la fatica a trovare un’abitazione e, ancora più preoccupante, la paura di formare famiglie e mettere al mondo dei figli". In Europa e, più in generale, in Occidente, torna a sottolineare il Pontefice "si assiste a una triste fase discendente della curva demografica: il progresso sembra una questione riguardante gli sviluppi della tecnica e gli agi dei singoli, mentre il futuro chiede di contrastare la denatalità e il tramonto della voglia di vivere".
Qui viene in primo piano "la buona politica". Essa, infatti, "non è chiamata a detenere il potere, ma a dare alla gente il potere di sperare. È chiamata, oggi più che mai, a correggere gli squilibri economici di un mercato che produce ricchezze, ma non le distribuisce, impoverendo di risorse e certezze gli animi. È chiamata a riscoprirsi generatrice di vita e di cura, a investire con lungimiranza sull’avvenire, sulle famiglie e sui figli, a promuovere alleanze intergenerazionali, dove non si cancelli con un colpo di spugna il passato, ma si favoriscano i legami tra giovani e anziani".
Infine il Papa accenna al terzo cantiere di speranza, la fraternità. "Com’è bello riscoprirci fratelli e sorelle, lavorare per il bene comune lasciando alle spalle contrasti e diversità di vedute! Anche qui - conclude Francesco - ci sono d’esempio i giovani che, con il loro grido di pace e la loro voglia di vita, ci portano ad abbattere i rigidi steccati di appartenenza eretti in nome di opinioni e credo diversi".
La Chiesa portoghese sia «come un “porto sicuro” per chiunque affronta le traversate, i naufragi e le tempeste della vita». È questo l’augurio di papa Francesco ai vescovi, ai sacerdoti, ai diaconi, come pure ai religiosi e alle religiose e agli operatori pastorali, incontrati ieri pomeriggio nel Monastero dos Jeronimos, complesso monumentale di grande bellezza, dove furono firmati nel 2007 i nuovi Trattati dell’Unione Europea.
Il Pontefice, accolto dal patriarca di Lisbona, cardinale Manuel Clemente, esorta, incoraggia, invita a prendere il largo, a «risvegliare l’inquietudine per il Vangelo», a «passare dal «disfattismo alla fede», a «portare avanti insieme la pastorale», in pratica ad adottare uno stile sinodale. Il tutto per porre rimedio a quella «stanchezza», che spesso si manifesta nei Paesi di antica tradizione cristiana, «attraversati da molti cambiamenti sociali e culturali e sempre più segnati dal secolarismo, dall’indifferenza nei confronti di Dio, da un crescente distacco dalla pratica della fede». Per questo il Pontefice mette in guardia da certe condotte. Il secolarismo infatti è alimentato, dice, « dalla delusione e dalla rabbia che alcuni nutrono nei confronti della Chiesa, talvolta per la nostra cattiva testimonianza e per gli scandali che ne hanno deturpato il volto, e che chiamano a una purificazione umile e costante, a partire dal grido di dolore delle vittime, sempre da accogliere e da ascoltare».
Anche il Portogallo, infatti, è stato toccato dalla piaga degli abusi sui minori commessi da alcuni ecclesiastici e non è escluso che lo stesso papa Francesco possa incontrare in questi giorni un gruppo di vittime.
Ad ogni modo, continua papa Bergoglio con frequenti aggiunte a braccio al discorso scritto, bisogna resistere alla tentazione di scendere dalla barca, dopo una notte di pesca infruttuosa. Per questo Francesco invita: «Gettare di nuovo le reti e abbracciare il mondo con la speranza del Vangelo: a questo siamo chiamati. Non è tempo di sostare e arrendersi, di ormeggiare la barca a riva o di guardarsi indietro; non dobbiamo fuggire questo tempo perché ci spaventa e rifugiarci in forme e stili del passato. No, questo è il tempo di grazia che il Signore ci dà per avventurarci nel mare dell’evangelizzazione e della missione». Per farlo «bisogna lasciare la riva delle delusioni e dell’immobilismo, prendere le distanze da quella tristezza dolciastra e da quel cinismo ironico che ci assalgono dinanzi alle difficoltà». Bisogna anche evitare le lamentele e lo scoramento. «Non temiamo di affrontare il mare aperto, perché in mezzo alla tempesta e ai venti contrari ci viene incontro Gesù, che dice: “Coraggio, sono io, non abbiate paura!”».
Il Pontefice invita a lavorare pastoralmente in collaborazione. «La Chiesa è sinodale, è comunione, aiuto reciproco, cammino comune. A questo tende il Sinodo in corso, che avrà il suo primo momento assembleare nel prossimo ottobre».