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La comunità europea

Written by Patrizia Toia.

Patrizia ToiaL'Europa è comunitaria o non è. O è la casa di tutti, alla pari, oppure è il luogo dove qualcuno è padrone di casa e qualcun altro è solo ospite, anche se ben servito. O si decide secondo le regole e le procedure che definiscono con precisione i ruoli di Commissione, Parlamento europeo e Consiglio o non si decide affatto, e l’Europa è destinata a ripetere summit lunghi e inconcludenti per poi restare spettatrice in un mondo in cui la Storia si fa e si decide altrove. E non si tratta, sia chiaro, di rispetto giuridico o formale delle regole ma, al contrario, di un vero e proprio “spirito politico”, grazie al quale i ruoli si compenetrano e ogni Stato membro sente su di sé, in prima persona, la responsabilità di tutta l’Europa.
Questa è la lezione che abbiamo imparato in questi mesi drammatici della crisi della Grecia e dell’emergenza immigrazione. Quello che hanno imparato i veri leader e quello che il Presidente francese Francois Hollande e la Cancelliera tedesca Angela Merkel hanno sottolineato con il loro storico intervento nell’aula della plenaria a Strasburgo, insistendo sull’esigenza di andare avanti, nella fase nuova, insieme.
Questo evento va compreso inquadrandolo nella drammatica storia dell’Europa e suggella la ricucitura di una ferita che tanto ha fatto soffrire il nostro Continente, segnandolo con le morti e l’orrore per ben due guerre mondiali. La riappacificazione tra Francia e Germania è stata decisiva per la nascita della Comunità europea, ma questa sarebbe restata poco più di un’alleanza regionale senza la partecipazione di un grande Paese come l’Italia fin dai primi giorni. Poi, ventisei anni fa, il Presidente francese Francois Mitterand e il Cancelliere tedesco Helmut Kohl intervennero nell’aula della plenaria del Parlamento europeo per celebrare la riunificazione tedesca e il superamento di un’altra frattura.
Così è stata costruita l’Europa che ha avuto tra i padri fondatori un tedesco, Konrad Adenauer, un francese, Robert Schuman e il grande statista italiano Alcide De Gasperi.
Tanto lavoro e tanti traguardi (ma anche tante lentezze e occasioni mancate) per quest’Europa poi allargata, rafforzata da una moneta comune e basata sul metodo comunitario, che ha avuto alla guida della Commissione grandi leader come Jacques Delors e Romano Prodi.
Mercoledì Hollande e Merkel sono tornati nella stessa aula per ribadire che oggi bisogna affrontare una nuova fase difficilissima tra molte sfide un tempo sconosciute, la prima delle quali è quella dell’immigrazione e della grande marea dei rifugiati. I “camminanti” di questa epoca. I due leader hanno dimostrato che è stata capita e raccolta la sfida posta da Matteo Renzi quando nel corso del drammatico vertice di giugno disse che sull’immigrazione “l’Italia può permettersi di fare sola. E’ l’Europa che non può permetterselo”. L’Italia ha anticipato la strada da seguire e i fatti hanno dimostrato, anche a Hollande e Merkel che allora tentennavano, che solo uno spirito di coesione e solidarietà dei più ha permesso di superare l’impasse e la resistenza di alcuni Paesi dell’Est, cioè solo quando i ministri europei si sono decisi a votare i ricollocamenti col sistema della maggioranza qualificata prevista dal metodo comunitario, dicendo “basta” all’estenuante procedura intergovernativa.
Ma la presenza dei due leader è stata anche l’occasione per dire loro, come ha fatto Pittella e ho fatto io, che ogni alleanza tra Stati è utile e importante per far crescere la convergenza e l’unità di consenso nell’Ue, ma se diventa un asse permanente e chiuso allora è l’unità sostanziale dell’Europa che si indebolisce, è l’Europa di tutti, comunitaria e paritaria, che ne soffre.

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