La posta in gioco dell'Italia in Europa
Articolo di Chiara Braga.
Rinviare, prendere tempo, scappare. E’ questa la tattica adottata dal Governo messo di fronte a questioni complesse che possono scoppiare in mano. Lo ha fatto con il caso della Ministra Santanchè, dopo le sconcertanti rivelazioni emerse dall'inchiesta della trasmissione Report sulla gestione poco chiara di due sue società.
Meglio allungare i tempi e spostare l’informativa della ministra del Turismo al Senato la prossima settimana. E scappare invece dalla Camera, rifiutando di venire anche qui a spiegare i suoi comportamenti. Ma pochi giorni fa ci ha pensato la sua maggioranza a far emergere tutto l’imbarazzo per questa vicenda, approvando alla Camera un ordine del giorno del PD al DL Lavoro che impegna l’esecutivo a sanzionare chi avesse usufruito in maniera fraudolenta della cassa integrazione per il Covid. Nelle premessa veniva esplicitamente chiamata in causa una delle società guidate dalla Santanché, oggetto di un’indagine giudiziaria a Milano: una sfiducia di fatto nei confronti della ministra.
Ma se sulla ministre del Turismo il rinvio è di pochi giorni, sul Mes si va ben oltre arrivando addirittura a proporre un rinvio di 4 mesi. Un differimento utile a nascondere le divisioni nella maggioranza e la difficoltà di corrispondere coerentemente alla “propaganda sovranista” che la destra ha sempre ingaggiato contro questo strumento e l'Europa. Siamo rimasti l’unico Paese a non aver ancora ratificato il Mes. L’Unione europea attende da mesi solo l’Italia per completare l’iter della riforma. Questa situazione, oltre che impedire l’entrata in vigore del Mes e quindi bloccare ogni eventuale accesso da parte di quegli Stati membri che decidano di aderirvi, pone l’Italia in una posizione inadempiente: stiamo facendo una pessima figura perdendo credibilità in Europa. Il paradosso è che Meloni e la sua maggioranza pensano di poter utilizzare la ratifica del Mes come strumento di contrattazione per “ottenere qualcosa” di più su altre partite aperte con l’Europa, dal Patto di stabilità agli accordi sui migranti. Peccato che la realtà sia esattamente il contrario. Meloni è tornata a mani vuote dal Consiglio d'Europa di questi giorni, tradita proprio dai suoi amici sovranisti di Ungheria e Polonia che hanno fatto saltare il patto sui migranti.
Non si tratta di dire sempre di sì all’Europa ma di credere nel progetto di integrazione europea. Il Governo non sta lavorando in questa direzione e così facendo non sta nemmeno perseguendo gli interessi nazionali. Per questo è così importante fermare l'avanzata delle destra in Europa, per impedire che si saldi quell'asse tra Popolari e Conservatori che rischia di affossare per sempre il progetto di integrazione europea.
Ma in questi giorni è caduta ogni maschera sulla questione più importante che riguarda il nostro Paese: il PNRR. Il mancato rispetto del termine del 30 giugno da parte del Governo sugli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza è un elemento di grande preoccupazione perché mette a serio rischio la quarta rata di pagamento, mentre la terza ancora non si vede. Da parte del Governo solo ritardi, confusione e mancanza di trasparenza sullo stato della trattativa, della discussione con l'Europa e sulle modifiche che si vogliono fare al PNRR. Il vero rischio è che così l'Italia perderà quelle risorse fondamentali per realizzare gli obiettivi del Piano e farà fallire ogni passo in avanti in Europa verso una maggiore integrazione e solidarietà tra i Paesi.
Non abbiamo bisogno di una Presidente del Consiglio che più che governare il Paese è interessata a continuare a fare "opposizione all'opposizione". Meloni governa da 9 mesi, non ha più scuse. Noi siamo pronti a contrastare le sue scelte sbagliate e a mettere in campo le nostre proposte, a partire dall'iniziativa costruita insieme alle altre forze di opposizione sul salario minimo. Lavoro, salute, scuola, casa, una vera politica industriale e una transizione ecologica giusta: le nostre battaglie per costruire l'alternativa alla destra partono da qui.
Rinviare, prendere tempo, scappare. E’ questa la tattica adottata dal Governo messo di fronte a questioni complesse che possono scoppiare in mano. Lo ha fatto con il caso della Ministra Santanchè, dopo le sconcertanti rivelazioni emerse dall'inchiesta della trasmissione Report sulla gestione poco chiara di due sue società.
Meglio allungare i tempi e spostare l’informativa della ministra del Turismo al Senato la prossima settimana. E scappare invece dalla Camera, rifiutando di venire anche qui a spiegare i suoi comportamenti. Ma pochi giorni fa ci ha pensato la sua maggioranza a far emergere tutto l’imbarazzo per questa vicenda, approvando alla Camera un ordine del giorno del PD al DL Lavoro che impegna l’esecutivo a sanzionare chi avesse usufruito in maniera fraudolenta della cassa integrazione per il Covid. Nelle premessa veniva esplicitamente chiamata in causa una delle società guidate dalla Santanché, oggetto di un’indagine giudiziaria a Milano: una sfiducia di fatto nei confronti della ministra.
Ma se sulla ministre del Turismo il rinvio è di pochi giorni, sul Mes si va ben oltre arrivando addirittura a proporre un rinvio di 4 mesi. Un differimento utile a nascondere le divisioni nella maggioranza e la difficoltà di corrispondere coerentemente alla “propaganda sovranista” che la destra ha sempre ingaggiato contro questo strumento e l'Europa. Siamo rimasti l’unico Paese a non aver ancora ratificato il Mes. L’Unione europea attende da mesi solo l’Italia per completare l’iter della riforma. Questa situazione, oltre che impedire l’entrata in vigore del Mes e quindi bloccare ogni eventuale accesso da parte di quegli Stati membri che decidano di aderirvi, pone l’Italia in una posizione inadempiente: stiamo facendo una pessima figura perdendo credibilità in Europa. Il paradosso è che Meloni e la sua maggioranza pensano di poter utilizzare la ratifica del Mes come strumento di contrattazione per “ottenere qualcosa” di più su altre partite aperte con l’Europa, dal Patto di stabilità agli accordi sui migranti. Peccato che la realtà sia esattamente il contrario. Meloni è tornata a mani vuote dal Consiglio d'Europa di questi giorni, tradita proprio dai suoi amici sovranisti di Ungheria e Polonia che hanno fatto saltare il patto sui migranti.
Non si tratta di dire sempre di sì all’Europa ma di credere nel progetto di integrazione europea. Il Governo non sta lavorando in questa direzione e così facendo non sta nemmeno perseguendo gli interessi nazionali. Per questo è così importante fermare l'avanzata delle destra in Europa, per impedire che si saldi quell'asse tra Popolari e Conservatori che rischia di affossare per sempre il progetto di integrazione europea.
Ma in questi giorni è caduta ogni maschera sulla questione più importante che riguarda il nostro Paese: il PNRR. Il mancato rispetto del termine del 30 giugno da parte del Governo sugli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza è un elemento di grande preoccupazione perché mette a serio rischio la quarta rata di pagamento, mentre la terza ancora non si vede. Da parte del Governo solo ritardi, confusione e mancanza di trasparenza sullo stato della trattativa, della discussione con l'Europa e sulle modifiche che si vogliono fare al PNRR. Il vero rischio è che così l'Italia perderà quelle risorse fondamentali per realizzare gli obiettivi del Piano e farà fallire ogni passo in avanti in Europa verso una maggiore integrazione e solidarietà tra i Paesi.
Non abbiamo bisogno di una Presidente del Consiglio che più che governare il Paese è interessata a continuare a fare "opposizione all'opposizione". Meloni governa da 9 mesi, non ha più scuse. Noi siamo pronti a contrastare le sue scelte sbagliate e a mettere in campo le nostre proposte, a partire dall'iniziativa costruita insieme alle altre forze di opposizione sul salario minimo. Lavoro, salute, scuola, casa, una vera politica industriale e una transizione ecologica giusta: le nostre battaglie per costruire l'alternativa alla destra partono da qui.
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