Il prof della musica italiana
Auguri Vecchioni. Compie ottant'anni oggi l'autore di 'Samarcanda' che, passando per 'Voglio una donna' e 'Chiamami ancora amore', ha attraversato ogni generazione dalla fine degli anni Settanta ad oggi. Partito dalla Brianza e arrivato a conquistare i palchi italiani piu' importanti, dal premio Tenco a Festivalbar e Sanremo, in questi anni Roberto Vecchioni non ha mancato di fare sentire la sua voce anche in ambiti non prettamente canori.
Dalla letteratura, tra romanzi come 'Le parole non le portano le cicogne' e le poesie della raccolta 'Volevo. Ed erano voli', alle universita', dove ha tenuto diversi corsi di letteratura, musica e comunicazione dividendosi tra Torino, Pavia, Teramo e La Sapienza di Roma.
Il posto d'onore, pero', spetta alle aule scolastiche dei licei, dove non ha mai smesso di insegnare nonostante il successo, tanto che per tutti e' il professore della canzone italiana. Poeta e cantautore, Vecchioni e' autore di alcune tra le canzoni piu' amate di sempre. In 'Luci a San Siro' ha raccontato la spensieratezza della gioventu', in 'Signor giudice' (Un signore cosi' cosi') una giustizia poco giusta. Con 'Ti insegnero' a volare', insieme all'amico Francesco Guccini, parla alle nuove generazioni e le invita a osare. Con 'Samarcanda' ci ha ricordato che niente e' mai scontato. Chi non ha mai canticchiato almeno una volta "Oh, oh cavallo"?
Nato il 25 giugno del 1943 a Carate Brianza, una laurea in lettere, interista, due mogli, quattro figli, a uno dei quali, affetto da sclerosi multipla, ha dedicato 'Le rose blu', Vecchioni e' amato dal pubblico non solo per la sua poesia, ma anche per il suo sorriso. Lo stesso con cui e' tornato a Sanremo nel 2011 convinto dall'amico Gianni Morandi, quell'anno alla conduzione, e ha sbaragliato tutti aggiudicandosi anche il premio della critica Mia Martini. Forse quello che piu' lo rappresenta, insieme a quello intitolato a Tenco vinto nell'83.
Poeta e intellettuale per i colleghi. 'Prof' per gli amici. A ottant'anni Vecchioni rimane quel "ragazzo che sogna". E al quale lui stesso chiede di: "Non cambiare un verso della tua canzone". Lui, per fortuna, non li ha mai cambiati. Auguri.
Fonte: Agi.
A 80 anni Roberto Vecchioni fa un bilancio della sua esistenza sulle pagine del Corriere della Sera, e i passaggi più intensi ed emotivamente strazianti della lunga intervista con Walter Veltroni sono senza ombra di dubbio quelli riguardanti la morte del figlio Arrigo, avvenuta poche settimane fa e ancora avvolta da grande, doloroso riserbo. "Aveva tante meravigliose qualità, in primo luogo la sensibilità - dice il cantautore milanese di Luci a San Siro e Samarcanda del ragazzo, scomparso a soli 36 anni -. Ma anche tante debolezze, insicurezze, incertezze che non c’era modo di fargli passare e che forse aumentavano nel vedere il padre che aveva successo. Ma qui siamo alla domanda: che strada prendere? Che errore non fare? Rinunciare ai concerti? Non lo so...". La morte del figlio è stata "una cesura tra una vita e un’altra, lo è stato ancora di più per mia moglie. Non l’ho presa come un’ingiustizia. Questo no, assolutamente no. Mi viene in mente Eschilo che diceva: 'Si impara soffrendo'. Forse dalla felicità non si impara un c***zo. Si impara solo soffrendo, sperando di tornare alla felicità. È stato il crollo del mondo, dell’universo, ma non di certezze e ideali. E poi lo sento dentro fortissimo, mio figlio. Lo sento intensamente, Arrigo, me lo rivedo dentro continuamente".
Dalla letteratura, tra romanzi come 'Le parole non le portano le cicogne' e le poesie della raccolta 'Volevo. Ed erano voli', alle universita', dove ha tenuto diversi corsi di letteratura, musica e comunicazione dividendosi tra Torino, Pavia, Teramo e La Sapienza di Roma.
Il posto d'onore, pero', spetta alle aule scolastiche dei licei, dove non ha mai smesso di insegnare nonostante il successo, tanto che per tutti e' il professore della canzone italiana. Poeta e cantautore, Vecchioni e' autore di alcune tra le canzoni piu' amate di sempre. In 'Luci a San Siro' ha raccontato la spensieratezza della gioventu', in 'Signor giudice' (Un signore cosi' cosi') una giustizia poco giusta. Con 'Ti insegnero' a volare', insieme all'amico Francesco Guccini, parla alle nuove generazioni e le invita a osare. Con 'Samarcanda' ci ha ricordato che niente e' mai scontato. Chi non ha mai canticchiato almeno una volta "Oh, oh cavallo"?
Nato il 25 giugno del 1943 a Carate Brianza, una laurea in lettere, interista, due mogli, quattro figli, a uno dei quali, affetto da sclerosi multipla, ha dedicato 'Le rose blu', Vecchioni e' amato dal pubblico non solo per la sua poesia, ma anche per il suo sorriso. Lo stesso con cui e' tornato a Sanremo nel 2011 convinto dall'amico Gianni Morandi, quell'anno alla conduzione, e ha sbaragliato tutti aggiudicandosi anche il premio della critica Mia Martini. Forse quello che piu' lo rappresenta, insieme a quello intitolato a Tenco vinto nell'83.
Poeta e intellettuale per i colleghi. 'Prof' per gli amici. A ottant'anni Vecchioni rimane quel "ragazzo che sogna". E al quale lui stesso chiede di: "Non cambiare un verso della tua canzone". Lui, per fortuna, non li ha mai cambiati. Auguri.
Fonte: Agi.
A 80 anni Roberto Vecchioni fa un bilancio della sua esistenza sulle pagine del Corriere della Sera, e i passaggi più intensi ed emotivamente strazianti della lunga intervista con Walter Veltroni sono senza ombra di dubbio quelli riguardanti la morte del figlio Arrigo, avvenuta poche settimane fa e ancora avvolta da grande, doloroso riserbo. "Aveva tante meravigliose qualità, in primo luogo la sensibilità - dice il cantautore milanese di Luci a San Siro e Samarcanda del ragazzo, scomparso a soli 36 anni -. Ma anche tante debolezze, insicurezze, incertezze che non c’era modo di fargli passare e che forse aumentavano nel vedere il padre che aveva successo. Ma qui siamo alla domanda: che strada prendere? Che errore non fare? Rinunciare ai concerti? Non lo so...". La morte del figlio è stata "una cesura tra una vita e un’altra, lo è stato ancora di più per mia moglie. Non l’ho presa come un’ingiustizia. Questo no, assolutamente no. Mi viene in mente Eschilo che diceva: 'Si impara soffrendo'. Forse dalla felicità non si impara un c***zo. Si impara solo soffrendo, sperando di tornare alla felicità. È stato il crollo del mondo, dell’universo, ma non di certezze e ideali. E poi lo sento dentro fortissimo, mio figlio. Lo sento intensamente, Arrigo, me lo rivedo dentro continuamente".