Caos russo
Articolo di Piero Fassino.
Secondo uno schema che la storia ha conosciuto mille volte, i mercenari si rivoltano contro il potere che li ha assoldati. Non sfugge a questo schema la rivolta del Gruppo Wagner contro Putin. Una compagine mercenaria abbondantemente utilizzata in questi anni dal Cremlino non solo in Ucraina, ma anche in Siria, Libia, Sudan, Mozambico e nel Sahel, al servizio di dittatori e golpisti.
Si vedrà nelle prossime ore che cosa intenda fare davvero Prigozhin che, dopo aver annunciato di marciare con le sue truppe su Mosca, ha deciso di tornare sui suoi passi indizzandosi di nuovo verso il fronte di guerra.
Quel che è certo è la crisi profonda in cui versa il Cremlino che, partito in modo baldanzoso per conquistare l'Ucraina con una guerra lampo, da 500 giorni è impelagato in una guerra di logoramento che è già costata la vita di non meno di 70.000 soldati russi. Una guerra che ha stracciato il sistema di "governance concertata" con cui erano gestiti gli equilibri internazionali dalla caduta del muro di Berlino ad oggi. Una guerra che vede l'economia russa fortemente indebolita dalle sanzioni decise da Europa e Stati Uniti, mai così uniti e compatti.
Peraltro è proprio l'affanno per una guerra senza risultati che ha spinto Putin ad annettere le regioni del Donbass occupate, un "fatto compiuto" con cui ha voluto rendere irreversibile quel che invece con le armi era assai più incerto.
Una mossa disperata che ha avuto come unico esito di rafforzare la determinazione Ucraina nel rifiutare la mutilazione della propria sovranità e nel rilanciare l'obiettivo di liberare i territori annessi.
L'esito - come ha onestamente riconosciuto il Segretario di Stato Vaticano Mons. Parolin - è lo stallo in cui versano i molti tentativi attivati per fermare le armi e aprire la strada a un negoziato.
Insomma, il bilancio di Putin si rivela di settimana in settimana più fallimentare: ha scatenato un guerra che non è in grado di vincere; ha annesso dei territori, chiudendo così le porte a ogni negoziato; ha scardinato gli equilibri internazionali senza che la Russia ne abbia tratto qualche vantaggio; ha affidato le sue ambizioni di successo a una compagine mercenaria ora in rivolta.
Uno scenario che dice quanto sciagurata sia stata la decisione di Putin di aggredire l'Ucraina e che rende ancor più evidente che solo il ripristino della piena sovranità di Kiev può aprire la strada ad una pace giusta.
Secondo uno schema che la storia ha conosciuto mille volte, i mercenari si rivoltano contro il potere che li ha assoldati. Non sfugge a questo schema la rivolta del Gruppo Wagner contro Putin. Una compagine mercenaria abbondantemente utilizzata in questi anni dal Cremlino non solo in Ucraina, ma anche in Siria, Libia, Sudan, Mozambico e nel Sahel, al servizio di dittatori e golpisti.
Si vedrà nelle prossime ore che cosa intenda fare davvero Prigozhin che, dopo aver annunciato di marciare con le sue truppe su Mosca, ha deciso di tornare sui suoi passi indizzandosi di nuovo verso il fronte di guerra.
Quel che è certo è la crisi profonda in cui versa il Cremlino che, partito in modo baldanzoso per conquistare l'Ucraina con una guerra lampo, da 500 giorni è impelagato in una guerra di logoramento che è già costata la vita di non meno di 70.000 soldati russi. Una guerra che ha stracciato il sistema di "governance concertata" con cui erano gestiti gli equilibri internazionali dalla caduta del muro di Berlino ad oggi. Una guerra che vede l'economia russa fortemente indebolita dalle sanzioni decise da Europa e Stati Uniti, mai così uniti e compatti.
Peraltro è proprio l'affanno per una guerra senza risultati che ha spinto Putin ad annettere le regioni del Donbass occupate, un "fatto compiuto" con cui ha voluto rendere irreversibile quel che invece con le armi era assai più incerto.
Una mossa disperata che ha avuto come unico esito di rafforzare la determinazione Ucraina nel rifiutare la mutilazione della propria sovranità e nel rilanciare l'obiettivo di liberare i territori annessi.
L'esito - come ha onestamente riconosciuto il Segretario di Stato Vaticano Mons. Parolin - è lo stallo in cui versano i molti tentativi attivati per fermare le armi e aprire la strada a un negoziato.
Insomma, il bilancio di Putin si rivela di settimana in settimana più fallimentare: ha scatenato un guerra che non è in grado di vincere; ha annesso dei territori, chiudendo così le porte a ogni negoziato; ha scardinato gli equilibri internazionali senza che la Russia ne abbia tratto qualche vantaggio; ha affidato le sue ambizioni di successo a una compagine mercenaria ora in rivolta.
Uno scenario che dice quanto sciagurata sia stata la decisione di Putin di aggredire l'Ucraina e che rende ancor più evidente che solo il ripristino della piena sovranità di Kiev può aprire la strada ad una pace giusta.