Voi siete giovani, impegnatevi
Articolo del Corriere.
L’ottimismo della volontà e della ragione. Flavia Franzoni ha dedicato la sua ultima lezione di vita a un enorme appello alla speranza e all’impegno. Andando con allegria oltre la concezione di Rolland e Gramsci. Nessuna contrapposizione, nessuna citazione, solo il racconto di cosa è il «cattolicesimo democratico». Volontà e ragione insieme.
«Cambiare atteggiamento, dopo la sbornia liberista reaganiana che ha cambiato la mentalità delle persone e non solo la politica. Io sono vecchietta, vorrei vedere i giovani». È successo il 7 giugno al Museo Olinto Marella. Oltre un’ora di chiacchierata per un corso su «Memorie sociali»: il museo lo ha ora on line, «In memoria di Flavia Franzoni». Il giorno dopo ha parlato anche Prodi su «Interdipendenza e solidarietà».
L’intervento di Flavia è uno spettacolo di come si fa formazione, professionale e umana, «significativamente - dicono gli organizzatori che il 20 giugno aprono una mostra fotografica sui rifugiati, L’isola che non c’è - in quello fu la prima città dei ragazzi del prete-professore». «In fondo chiedere l’elemosina in centro, di fronte al Comunale, - spiega Franzoni - è il segno che i problemi le città devono risolverli al loro interno. Prima i dormitori erano lontani, fuori, ora la sfida si fa includendo».
Lei sollecita, quasi applaude, «parlate voi, che bello un giovane», un pubblico divertito.
Dolcezza incredibile quando parla del «barbiere» per sapere quel che tanti pensano della redistribuzione del reddito. «C’è bisogno di una riflessione sul sistema economico, sui punti su cui incidere. Quarant’anni fa la diseguaglianza era uno a venti, ora uno a 400 e nessuno dice più niente. Eppure è possibile cambiare». La professoressa analizza - insieme alle sociologhe Graziella Giovannini e Bruna Zani - il welfare in Emilia-Romagna e trasforma «Memorie sociali», in «Memorie vive». Storie «nobili» per «far saltar fuori le cose nuove che ci sono adesso».
«Bisogna averlo come atteggiamento. Ne sapete più voi di me. La diseguaglianza è riconosciuta da tutti, ma nessuno dice come trovare risorse per affrontarla. Un po’ più di formazione su questo può aiutare. Si fatica a ragionare su tutti gli aspetti».
E divertendo lancia parole antiche: «Mobilitazione», «comunità», «alternativa», «impegno». «E adesso qualcuno sa dirmi dove è la mia macchina?» conclude.
Articolo del Sole 24 Ore.
Ricorderò Flavia Franzoni nelle giornate del Festival dell'Economia di Trento, una quindicina di giorni fa: sorridente e curiosa, come sempre, una presenza discreta, di riservatezza assoluta, ma di quelle abituate a lasciare il segno.
Certo è stata la moglie di Romano Prodi, che ha saputo stare al suo fianco per una vita intera, “la consigliera più ascoltata dal Professore”, è scritto nel libro “Strana vita, la mia”, dello stesso Romano Prodi, firmato con Marco Ascione.
Ma ha vissuto di vita propria, economista e docente universitaria, specialista di welfare, granitica nei suoi convincimenti e nella certezza del valore più grande: la solidarietà e l'impegno per un mondo migliore, fatto di meno diseguaglianze e di più giustizia.
Devo ammettere che temevo un po' i suoi giudizi severi. Nelle giornate del Festival di Trento era stata particolarmente colpita dai giovanissimi che, armati penna e taccuino, avevano intervistato Romano Prodi, come da foto in alto. Quella foto rimarrà tra i miei ricordi.
L’ottimismo della volontà e della ragione. Flavia Franzoni ha dedicato la sua ultima lezione di vita a un enorme appello alla speranza e all’impegno. Andando con allegria oltre la concezione di Rolland e Gramsci. Nessuna contrapposizione, nessuna citazione, solo il racconto di cosa è il «cattolicesimo democratico». Volontà e ragione insieme.
«Cambiare atteggiamento, dopo la sbornia liberista reaganiana che ha cambiato la mentalità delle persone e non solo la politica. Io sono vecchietta, vorrei vedere i giovani». È successo il 7 giugno al Museo Olinto Marella. Oltre un’ora di chiacchierata per un corso su «Memorie sociali»: il museo lo ha ora on line, «In memoria di Flavia Franzoni». Il giorno dopo ha parlato anche Prodi su «Interdipendenza e solidarietà».
L’intervento di Flavia è uno spettacolo di come si fa formazione, professionale e umana, «significativamente - dicono gli organizzatori che il 20 giugno aprono una mostra fotografica sui rifugiati, L’isola che non c’è - in quello fu la prima città dei ragazzi del prete-professore». «In fondo chiedere l’elemosina in centro, di fronte al Comunale, - spiega Franzoni - è il segno che i problemi le città devono risolverli al loro interno. Prima i dormitori erano lontani, fuori, ora la sfida si fa includendo».
Lei sollecita, quasi applaude, «parlate voi, che bello un giovane», un pubblico divertito.
Dolcezza incredibile quando parla del «barbiere» per sapere quel che tanti pensano della redistribuzione del reddito. «C’è bisogno di una riflessione sul sistema economico, sui punti su cui incidere. Quarant’anni fa la diseguaglianza era uno a venti, ora uno a 400 e nessuno dice più niente. Eppure è possibile cambiare». La professoressa analizza - insieme alle sociologhe Graziella Giovannini e Bruna Zani - il welfare in Emilia-Romagna e trasforma «Memorie sociali», in «Memorie vive». Storie «nobili» per «far saltar fuori le cose nuove che ci sono adesso».
«Bisogna averlo come atteggiamento. Ne sapete più voi di me. La diseguaglianza è riconosciuta da tutti, ma nessuno dice come trovare risorse per affrontarla. Un po’ più di formazione su questo può aiutare. Si fatica a ragionare su tutti gli aspetti».
E divertendo lancia parole antiche: «Mobilitazione», «comunità», «alternativa», «impegno». «E adesso qualcuno sa dirmi dove è la mia macchina?» conclude.
Articolo del Sole 24 Ore.
Ricorderò Flavia Franzoni nelle giornate del Festival dell'Economia di Trento, una quindicina di giorni fa: sorridente e curiosa, come sempre, una presenza discreta, di riservatezza assoluta, ma di quelle abituate a lasciare il segno.
Certo è stata la moglie di Romano Prodi, che ha saputo stare al suo fianco per una vita intera, “la consigliera più ascoltata dal Professore”, è scritto nel libro “Strana vita, la mia”, dello stesso Romano Prodi, firmato con Marco Ascione.
Ma ha vissuto di vita propria, economista e docente universitaria, specialista di welfare, granitica nei suoi convincimenti e nella certezza del valore più grande: la solidarietà e l'impegno per un mondo migliore, fatto di meno diseguaglianze e di più giustizia.
Devo ammettere che temevo un po' i suoi giudizi severi. Nelle giornate del Festival di Trento era stata particolarmente colpita dai giovanissimi che, armati penna e taccuino, avevano intervistato Romano Prodi, come da foto in alto. Quella foto rimarrà tra i miei ricordi.