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Il ceto medio lombardo è sempre più in affanno

Written by La Stampa.

Articolo della Stampa.

Un ceto medio lombardo che fa fatica ad andare avanti, con le donne più in difficoltà degli uomini, e i giovani più poveri degli anziani. Questo il quadro che emerge dal primo report di Over (osservatorio vulnerabilità e resilienza), nato dall’alleanza tra le Acli Lombardia Aps e gli enti di ricerca Irs (Istituto per la ricerca sociale) che si basa sui 730 elaborati dai CAF Acli nel triennio 2020-2022, e comprende quindi i dipendenti e i pensionati, una fetta importante della classe media.
Se a prima vista il reddito medio annuo sembra stabile (intorno ai 26mila euro) si tratta di una caratteristica solo apparente: più di un contribuente su 5 appartiene infatti alla categoria dei vulnerabili (22%), che corrisponde a circa 900 mila persone solo in Lombardia. Il dato è comunque sottostimato visto che qui viene analizzata una porzione centrale della popolazione, non tenendo conto dei poveri che non presentano una dichiarazione dei redditi.
Il quadro cambia molto anche a livello geografico: la provincia con il reddito mediano del 2021 più alto è quella milanese, seguita da quella di Monza-Brianza e Lecco, fanalino di coda invece è Brescia. Quello che si nota subito è che esiste una divaricazione significativa tra le diverse fasce nella distribuzione dei redditi, con una grossa concentrazione della ricchezza: il 20% più povero dei contribuenti lombardi concentra solo il 6% dei redditi totali, mentre il 20% più ricco ne concentra ben il 40% (in linea con il dato nazionale). «Il nostro campione si aggira sui 400mila contribuenti ogni anno, uno sguardo significativo sulle situazioni dei cittadini - spiega Daniela Mesini dell’Irs - il nostro non vuole essere un osservatorio che fa solo ricerca ma è finalizzato a consegnare queste riflessioni a chi le policy le programma e le mette in pratica. Speriamo che possa orientare qualche intervento a sostegno delle fragilità che sono purtroppo sempre più significative».
Ci sono diversi gradi di diseguaglianza. In primis quella di genere. Le donne dichiarano redditi ancora significativamente più bassi (17mila euro contro oltre 21mila degli uomini). C’è poi anche quella generazionale. L’età avanzata è infatti un fattore protettivo: gli anziani over67 dichiarano redditi più elevati (+44%) rispetto ai 30-45enni e nel periodo pandemico i redditi da pensione hanno mostrato una buona tenuta. «Abbiamo davanti un calo demografico e una popolazione che sarà sempre più anziana – dichiara Lamberto Bertolè, assessore al Welfare del Comune di Milano - saranno persone sempre più sole,perché magari non avranno figli oppure li avranno lontani, e tenere insieme una vita più lunga con un bisogno di assistenza è la sfida del sistema welfare. Servirà ad esempio un tema di housing diverso».
Avere figli oggi diventa un carico che rischia di portare le famiglie verso la povertà. I contribuenti con figli a carico presentano un valore mediano dei redditi molto basso (12mila euro contro gli oltre 21mila di chi non ne ha). La pandemia ha mostrato come sia stato differente l’accesso all’istruzione: solo un terzo del campione con figli a carico può permettersi una spesa per l’istruzione non universitaria privata o paritaria e solo uno su dieci dichiara spese per l’Università dei figli. Dal report emerge anche che chi è nato all'estero è più esposto al rischio di vulnerabilità, con redditi dichiarati pari a circa il 50% di quelli dei nativi e una minore capacità di spesa. Esiste poi anche una disuguaglianza di accesso alla salute: i contribuenti più ricchi spendono il 20% in più per spese dentistiche e il 25% in più per l’ottico rispetto alla fascia più povera del campione. «Le trasformazioni sociali in atto sono veloci e quindi le risposte devono andare alla stessa velocità. - precisa Giovanni Fosti, presidente di Fondazione Cariplo - Se i caregiver non sono sostenuti e sono sempre più soli, questo ha un impatto sul nostro Paese, bisogna reagire alle disuguaglianze in corso per costruire il futuro. In questo senso diventa fondamentale un’interconnessione dei servizi».
A complicare il quadro di fragilità è la presenza di un familiare non autosufficiente a carico. L’assistenza verso persone malate, anziane e in difficoltà aumenta la vulnerabilità delle famiglie, considerando soprattutto che il 56% dei caregiver è occupato ed esiste quindi un conflitto tra il tempo lavorativo e quello di cura (1 su 2 riduce gli orari di lavoro). Il caregiver per il 75% è rappresentato dai figli, nell’11% dei casi risulta essere invece il coniuge. L’età media dei caregiver lombardi è comunque alta: 60 anni (la maggior parte ha 50-59 anni e il 27% ha 60-69 anni). Si delinea quindi la figura del “caregiver nonno” che cura i genitori anziani ma aiuta i propri figli anche con i nipoti. I caregiver sono poi sempre più soli: si è abbassata la percentuale di quelli che condividono il carico di cura, dall’88% del 2015-2019 al 65% del 2022. Per il 70% questo lavoro è in carico al genere femminile. Il 52% si rivolge a servizi privati a pagamento, tra cui ad esempio gli assistenti familiari (che oggi sono i primi desiderata delle famiglie rispetto all’aiuto solo monetario).
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