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Cattolici e politica

Written by Vincenzo Ortolina.

Articolo di Vincenzo Ortolina pubblicato da Agenda Domani.

Di tanto in tanto, è noto, si parla di creare un nuovo partito, diciamo genericamente, “cattolico”, pur se aperto a credenti e non. Una sorta, insomma, di “nuova” DC. Orbene: pur avendo io militato per anni e anni, ai tempi, giusto nella “Democrazia cristiana” (correnti “di sinistra”, peraltro), dico subito che l’ipotesi non mi convince.
E’ pur vero che, sempre genericamente parlando, in una parte non banale del mondo cattolico che s’interessa alla politica non è difficile riscontrare una comunanza di visione: in particolare, una visione “personalista” dell’economia, della società, e dello Stato (uno Stato nel quale la “cosa pubblica” funzioni peraltro al meglio), avendo a riferimento un ben inteso principio di “sussidiarietà”. Una visione che contempla la difesa della persona e della sua dignità in tutti gli stadi di vita, a partire da quello del concepimento, che esalta l’importanza della famiglia, dei corpi intermedi, eccetera. Io ho perplessità in proposito, ribadisco, perplessità accresciutesi negli ultimi anni assistendo a quanto sta avvenendo in detto mondo a partire, in particolare, dal momento dell’arrivo di papa Francesco. Così, anche prescindendo dall’evento Covid, che ha indubbiamente sconvolto in parte le positive abitudini inveterate dei “fedeli”, da qualche tempo la Chiesa sta vivendo un momento piuttosto difficile. E colui che dovrebbe essere il simbolo della sua unità è sotto un attacco fortissimo (ce lo dicono sempre più frequentemente i “vaticanisti” di ogni specie), anche all’interno. Pur se da una parte assolutamente minoritaria della gerarchia.
Dire, allora, genericamente, “cattolico”, in politica, nazionale o internazionale che sia, significa poco o niente (ahimè?). Per rendere l’idea, vado allora a citare ad esempio la vicenda non lontanissima dell’ex nunzio apostolico negli Usa, mons. Carlo Maria Viganò, “nemico” più o meno dichiarato di Bergoglio e “amico” di Donald Trump, da lui chiamato il “figlio della luce”, e al quale il monsignore ha dedicato la nota “lettera aperta” del 6 giugno 2020, dopo aver sottoscritto, insieme, tra l’altro, a tre cardinali e otto vescovi, un appello contro il “Nuovo ordine mondiale”. Interessante leggere allora anche solo un pezzo di detta lettera, che dice: “…da una parte vi sono quanti, pur con mille difetti e debolezze, sono animati dal desiderio di compiere il bene, essere onesti, costituire una famiglia, impegnarsi nel lavoro, dare prosperità alla Patria, soccorrere i bisognosi, nell’obbedienza alla Legge di Dio, il Regno dei cieli”. Dall’altra si trovano coloro che servono se stessi, non hanno principi morali, vogliono demolire la famiglia e la Nazione, fomentare le divisioni intestine e le guerre, accumulare il potere e il denaro: per costoro l’illusione fallace di un benessere temporale rivelerà –se non si ravvedono- la tremenda sorte che li aspetta, lontano da Dio, nella dannazione eterna”. Il prelato, chiudendo, aggiunge questo, rivolgendosi direttamente a Trump: “Nella società, Signor Presidente, convivono queste due realtà contrapposte, eterne nemiche come eternamente nemici sono Dio e Satana… Per la prima volta, gli Stati Uniti hanno in Lei un Presidente che difende coraggiosamente il diritto alla vita, che non si vergogna di denunciare le persecuzioni dei cristiani nel mondo, che parla di Gesù Cristo e del diritto dei cittadini alla libertà di culto….”. Per mons. Viganò, dunque, Donald – personaggio politico in realtà piuttosto “indigesto”, per un cattolico democratico – “Santo subito!” Va segnalato in proposito che l’ex nunzio è del resto noto per essersi scagliato da tempo contro il Concilio Vaticano II, da lui definito come un “focolaio di eresie”, che deve essere lasciato cadere in toto, dimenticato. L’intero Concilio ha da essere cestinato, a suo dire, mentre taluni suoi amici si limitano invece a chiedere, bontà loro, che vengano “corretti” singoli errori di dottrina contenuti nei documenti conciliari.
Francesco è dunque sotto attacco. Perché, ringraziando Iddio, ci sta dando quotidiane lezioni di che cosa significhi essere “cristiani” oggi, nella società “post-moderna”. Si rifà, così, alle definizioni “pastorali”, e non solo, del citato ultimo Concilio, definizioni che hanno provocato anche un ripensamento della concezione intellettualistica, manualistica, “scolastica”, della teologia. Promuovendo così una nuova teologia che, coniugando “trascendenza” e “immanenza”, tenga conto della “storia” e del suo evolversi, pur senza dimenticare affatto, naturalmente, il “fondamento” del cristianesimo stesso. Una teologia, nella debita misura, finalmente anche “antropologica”, pertanto. E che, a me che ne ho seguito i corsi da vecchietto alla “martiniana” Facoltà teologica dell’Italia settentrionale in Milano, arrivando al “baccalaureato”, è piaciuta e piace moltissimo.
Il problema è che questa posizione di Francesco, che finisce con avere inevitabilmente qualche significativo riflesso sulla stessa politica, è sostanzialmente invisa non soltanto a Viganò & C., ma anche a consistenti gruppi di cristiano/cattolici conservatori, integralisti, reazionari. Negli Usa, ma non solo. Gruppi che riscuotono, infatti,simpatie anche altrove, Italia compresa, se non soprattutto. Sì, papa Bergoglio è sotto attacco anche dentro il perimetro dello “stivale” Italia, che …ospita lo Stato della Città del Vaticano. E per questo non basta rifarsi all’episodio del 18 maggio di quattro anni fa, allorquando, in piazza Duomo a Milano, dopo che il “devoto” Salvini (quello del rosario e del Vangelo sbandierati nei comizi) lo aveva citato, il suo nome fu subissato da fischi “leghisti”. Il problema vero, semmai, è che quel partito, sino a non molto tempo fa, risultava il più votato dai “praticanti” cattolici, quelli che vanno a Messa tutte le domeniche. Oggi pare che la situazione stia cambiando, ma non v’è certo da rallegrarsi se quel voto passa dal partito di Salvini a quello della Meloni, suvvia!
Ciò detto, è ovvio che il sottoscritto non vuole avere nulla, ma proprio nulla a che spartire, sul piano dei valori cristiani da tradurre in politica, con detti ambienti. Perché, in politica (nella DC, nel PPI, nella Margherita, nel PD), io mi sono sempre definito “cattolico” sì, ma anche, insieme, “democratico”, come ho già fatto cenno, non scindendo mai i due termini. Certo, la Dc si definiva partito “di centro”, ma, da De Gasperi e da Moro, il “centro” non è mai stato considerato come un’idea statica, immobile nella sua fissità, bensì come un’idea in continuo movimento. In realtà, un centro che ha voluto sempre guardare verso le istanze della sinistra. Anche in ragione di ciò, e proprio in conseguenza della mia visione del mondo, della mia concezione antropologica, della mia cultura politica, io mi trovo più a mio agio (pur non senza qualche problema) in un partito dichiaratamente di “centrosinistra”, non di centro. Consapevole e memore che i partiti che ho frequentato sinora nella mia pur lunga esperienza politica hanno contribuito, insieme ad “altri”, alla tenuta democratica del Paese, a provare a realizzare un’economia mista, una società meno crudele di altre sul welfare, un ancoraggio istituzionale fortemente europeo. “Insieme ad altri”, dicevo. Sarà anche in ragione di ciò che, prescindendo dalla questione diciamo tecnica della legge elettorale più opportuna, io non disdegno la prospettiva del “bipolarismo”, oggi, deprecata invece da altri cattolici impegnati in politica. Non parlo, dunque, di “bipartitismo” modello anglosassone, che, di fatto, mortifica la tradizione pluralista. E non mi piacciono neppure leaderismo e presidenzialismo, che deprezzano il pluralismo sociale e istituzionale. Ma considero che, pur consapevoli delle forzature del modello ipermaggioritario, non dobbiamo esorcizzare, come ha ben scritto qualche amico, i problemi e i costi delle stagioni precedenti, nelle quali elementi di consociativismo hanno concorso a propiziare l’impennata del debito pubblico e diffuse pratiche consociative.
E giusto a proposito dell’idea del partito “di centro” quotidianamente auspicato da esponenti cattolici, ho registrato con una certa simpatia i pensieri sul tema apparsi a suo tempo sulla rivista “Appunti” (organo dell’associazione “Città dell’uomo”, fondata da Giuseppe Lazzati), a firma, rispettivamente, di Franco Monaco e Filippo Pizzolato, perplessi entrambi su detta idea. Di Monaco, il quale ha tra l’altro citato la famosa frase di Martinazzoli per cui “la differenza tra moderazione e moderatismo è uguale alla differenza tra castità e impotenza”, apprezzo in particolare questo pezzo: (….nella situazione data) …“occorrono scelte di valore e ricette che sanno di radicalità, non di centro moderato”. Chi ha provato nel passato a interpretare il centro moderato non ha brillato per qualità, quantità e persino durata. Il profondo disagio materiale e spirituale che affligge la società concorre a premiare le proposte radicali, non quelle moderate di centro… Il problema non è quello di una nuova offerta politica ma della razionalizzazione di un sistema politico già troppo frammentato. Serve semmai una rigenerazione dei partiti attuali”. “Occorre concorrere a organizzare un fronte largo e unitario che positivamente rappresenti un’alternativa politica all’egemonia manifesta e insidiosa di una destra illiberale, nazionalista e sovranista. Non ci possiamo permettere posizioni ambiguamente terziste”. Pizzolato, per parte sua, è perplesso sulla prospettiva di fare dei cattolici i “baluardi della tenuta del sistema”, a guardia di un ordine di cui in teoria continuano a contestare le ingiustizie, un’oasi roccaforte dell’esistente, votata a una moderazione che immediatamente viene scambiata per conservazione, una forza di stabilizzazione posta al centro. E ricorda che il posizionamento politico dei cattolici è sempre stato plurale, nonostante le forzature e le convenzioni storiche. “Oggi è perfino inafferrabile e indefinibile”, questo posizionamento. “Una volta, il cattolicesimo era la base della cultura popolare e dettava le scansioni della vita e gli orizzonti del sociale”, ma oggi non è più così. Con riferimento, poi, allo slogan dell’ipotizzato nuovo partito: “Antagonisti alla destra, alternativi alla sinistra” (una definizione che tenta a mio avviso con difficoltà di non mettere sullo stesso piano il tipo di diffidenza verso i due gruppi), Pizzolato obietta, ed io condivido, che non si può paragonare il Partito democratico alla destra di oggi, autoritaria e rozza. E segnala altresì che non si possono rigettare tutti i partiti, alla cui storia i cattolici hanno ampiamente contribuito. Il rischio, conclude, è quello di uno svuotamento delle componenti più ragionevoli dei due poli, contribuendo, di fatto, a una più marcata polarizzazione del Paese.
Non posso peraltro ignorare che una delle ragioni, in parte, forse, comprensibile, dell’avversione al Pd dei fautori di parte cattolica di un nuovo partito sostanzialmente centrista, ha a che fare in qualche misura con la questione dei cosiddetti “principi o valori non negoziabili”, frequentemente evocati in questo “mondo”, che peraltro li ritiene “sic et simpliciter” –vien da dire- legati alla “natura umana”. Irrita cioè, mi pare di poter affermare, il “laicismo” di una parte dei piddini, la cui rappresentante “simbolica” può essere individuata in Monica Cirinnà (ci capiamo). Sul tema, da anzianetto, io oso allora fare le seguenti considerazioni: ho vissuto i tempi del referendum del 1974 sul divorzio e di quello sull’aborto del 1981. Allora giovanotto democristiano, io votai (ovviamente?) contro entrambi gli istituti, impegnandomi anche di persona nell’agone, diciamo, elettorale. E fui sorpreso, come buona parte dei cattolici, credo, dall’esito di dette consultazioni: nella “cattolicissima” Italia di allora, con una Chiesa ancora, diciamo, forte, nella società, e il partito “d’ispirazione cristiana” con grandi posizioni di potere, il divorzio fu accettato dal 59,26% dei partecipanti al voto. Il fatto è che è il processo di “secolarizzazione” (un fenomeno non tutto, certo, da disprezzare, anzi!) era avanzato già allora, e la gerarchia cattolica, come anche gli esponenti di peso della DC (come dimenticare le battaglie di Amintore Fanfani, che nell’occasione subì una dura sconfitta anche personale?) non se n’erano sufficientemente accorti. Sul tema, recentemente, sono poi arrivate le “unioni civili”, la cui istituzione io considero ovviamente in maniera positiva pur se, dentro di me, tendo a distinguerle, e non tanto per ragioni etimologiche, dai “matrimoni”. Sette anni dopo 1974, dunque nel 1981, si tenne, comegià accennato, il referendum sull’aborto – argomento ovviamente ben più delicato e problematico che non il divorzio-, referendum che vide la partecipazione di quasi l’80% degli aventi diritto al voto. Orbene, nell’occasione, la proposta di abrogazione sostanziale della nota legge 194/78 sulla “Interruzione della gravidanza” fu respinta, nel caso del quesito dei “radicali”, dall’88% dei votanti, mentre il quesito opposto, presentato dal “Movimento per la vita”, contro l’interruzione della gravidanza, ottenne l’approvazione “soltanto” del 32% dei partecipanti al voto. Contrario, dunque, il 68%.
Oggi, sappiamo, si sta imponendo la questione del “gender”, nel senso che la più recente cultura sessuale pone in discussione la differenza puramente “naturale” tra uomo e donna, ritenuta una volta un dato essenziale e assolutamente imprescindibile. Sorge conseguentemente la comprensibile richiesta di leggi sull’omotransfobia, che credo siano doverose, se penso anche alla mia esperienza, decenni e decenni fa, di ragazzo di un paesotto della cintura milanese dove l’unico omosessuale dichiarato che osava circolare senza …nascondersi doveva subire scherzi di cattivo gusto, quando non “violenti, talvolta.
Oggi, è il realistico refrain, le famiglie si sfasciano, i matrimoni durano poco, e non si fanno più figli. Nell’era “digitale”, poi, sul web è, di fatto, ormai liberalizzata per esempio la pornografia –una volta perseguibile, perlomeno in Italia-, con tentativi di proporla anche nell’orribile versione di pedopornografia. C’è poi anche l’esplosione delle icone per “siti d’incontri” per tutti i …gusti, eccetera. Così, io arrivo a dire che gli attuali “telefonini, “smartphone”, et similia, sono strumenti fantastici perché con essi hai in mano il …mondo, ma lo sono davvero soltanto se sei tu a “dominarli” e non ti fai, invece, dominare. Ma come facciamo, con i ragazzi (io sono nonno di due bimbi), tanto più leggendo per esempio proprio in questi giorni, sui “media”, che il 39% degli adolescenti nasconde ai genitori la propria vita “virtuale”? E che dire, infine, della “qualità” di molti programmi TV, al cui riguardo non possiamo dimenticare che, in Italia, l’alfiere delle relative …rivoluzioni è stato, dopo la liberalizzazione del sistema, il buon Silvio del “Partito della libertà”, padrone di Mediaset? Quel Berlusconi che certi buoni cattolici di destra definivano peraltro, con non poca simpatia, “cattolico non comunista” (in quanto tale inviso, invece, ai “cattocomunisti”)!
Quanto sopra ulteriormente detto, ecco allora la conferma del mio assoluto compiacimento per questo papa, che, come detto, prova ad adattare il linguaggio della teologia ai nuovi tempi, senza ovviamente perderne i contenuti sostanziali, a definire una “pastorale” davvero utile, perlomeno in qualche misura, a far vivere un pochino meglio la vita quaggiù, pur certo non obnubilando la speranza nella “trascendenza”. Che senso avrebbe, oggi, per la Chiesa cattolica, italiana in primis, usare certo linguaggio (preconciliare) degli anni ‘cinquanta del secolo scorso, tempi in cui, per dire un particolare, nel confessionale, ai ragazzotti si facevano quasi solo domande sul rispetto del “sesto comandamento” (e –nota di colore- i seminaristi 15/16nni, quorum ego, durante una Messa solenne in parrocchia, venivano rivestiti per la prima volta della veste talare nera, un corredo che veniva poi completato con il cappello detto “tricorno” e il “galero”, sempre di colore nero)? E pensiamo ulteriormente questo: nel “Giorno del Signore”, la domenica, oggi, i supermercati sono affollati, …la tua squadra di calcio del cuore gioca talvolta alle 12.30 (orario quasi “sacro”, un tempo, per ritrovarsi a tavola con tutta la famiglia), e, detto non solo come battuta, Telecom e Sky, fregandosene dei valori, diciamo, “religiosi”, se non li hai bloccati ti rompono le scatole più volte, nella giornata. E dunque?
Viviamo quindi in una società profondamente cambiata in pochi decenni. Ma questa società, facendo una constatazione che mi pare non banale, è anche, inevitabilmente, figlia della precedente. Ma per certo mondo cattolico, il “marciume” (perdonatemi il termine un poco “moralista”) più sopra accennato è da addebitare in buona parte alla responsabilità dei… comunisti (o ex), del ’68 e dei post sessantottini, dei radical-chic di sinistra, e via disco(o)rrendo. Di gente, dunque, che ha votato e vota prevalentemente “a sinistra” e dintorni, appunto. E pertanto, anche l’attuale Partito democratico. Ecco allora, per costoro, un’altra ragione per ritenersi alternativi alla sinistra, o comunque a quanti si alleano con essa.
Orbene: in proposito io sono invece di questa opinione: i “comunisti” (passati e presenti) c’entrano poco. E non lo dico soltanto perché, avendo fatto il sindaco DC per anni, decenni fa, con i “comunisti” all’opposizione, ho registrato non infrequentemente che democristiani e “compagni” condividevano sostanzialmente non pochi valori.
Mia convinzione, semmai, è che il “clima” cui ho fatto cenno sopra è figlio, in buona parte, della “cultura” che è stata via via inoculata, come ho già fatto intuire, dai “media” e da certi “poteri” sempre alla ricerca dell’obiettivo di “far soldi”. Dagli adoratori, cioè del “dio-denaro”, di cui fare incetta al più presto, il più tanto possibile, e in qualsivoglia modo. Oggi, peraltro, stiamo poi registrando altresì, insieme all’emergenza sanitaria e a quella climatica, i disordini, lo squilibrio e i gravi danni creati dal predominio incontrollato della finanza sull’economia reale.
Ecco, allora (“parla il cattocomunista!”, direbbe taluno) che ci sarebbe bisogno di un grandissimo ripensamento di quel sistema capitalistico “iperconsumista” in tutti i campi che abbiamo creato e presentato ai nostri figli. E, in quest’ operazione, i cattolici, perlomeno quelli debitamente sensibili, possono riavere un ruolo significativo, pur magari militando in partiti politici diversi. Com’è possibile, allora, per loro, votare “a destra”?
Ciò detto, per parte mia io confermo di non trovarmi, nonostante tutto, particolarmente a disagio, nel Pd, cioè nel partito più rappresentativo dell’area di centrosinistra, la cui visione in merito a diseguaglianze, povertà, immigrazione, giustizia, libertà, lavoro, sussidiarietà, è in buona parte alternativa a quella del centrodestra. Certo, resta da vedere se effettivamente quest’area, al suo interno composita, riesce a trovare le necessarie convergenze per proporsi in modo convincente come forza di governo distante da populismo e sovranismo. Se può, pur con i suoi i limiti e le sue contraddizioni, evolvere fino al punto da unificarla, pur nelle specifiche diversità, questa grande area, nella convinzione che tutto ciò non solo è un valore in sé ma anche la condizione per vincere la destra e per governare. Già: adesso, però, è arrivata Elly Schlein!

Il Pd e la vittoria della Schlein
In proposito, mi pare di poter dire innanzitutto che c’è un dato che forse nessuno aveva previsto: la Schlein è anch’essa, a modo suo, un “personaggio”, e in ragione di ciò sta suscitando simpatie da più parti, così che i sondaggi (per quello che valgono, per carità) stanno dando il Pd in salita da un po’ di giorni, grazie in particolare, si dice, all’interesse dell’elettorato giovanile. Questo è un dato che credo stia frastornando un poco anche Renzi e il Terzo polo, che speravano e sperano di “spogliare” un tantino il PD e di ingrossarsi grazie ai suoi “moderati”. Certo, nessuno di noi deve fare illusioni. Ma a qualcuno viene questo dubbio: quali sarebbero stati i risultati elettorali se Elly fosse stata la segretaria del partito alla data delle ultime elezioni politiche e a quella delle regionali?
E, da personaggio qual è, la Schlein è partita lancia in resta, salendo tra l’altro sul palco della manifestazione organizzata a Milano da Arci-gay, Famiglie Arcobaleno, e, ho letto, i “Sentinelli” (gruppo milanese “laico e antifascista”, non legato a gruppi politici, che intendono combattere ogni forma di discriminazione). Nel suo programma, del resto, la nuova segretaria PD aveva accennato a una “attenzione” particolare al mondo LGBT. E’ stato, così, sollevato anche il tema dell’omogenitorialità e dell’“utero in affitto”, suscitando apprensioni nel mondo cattolico, in particolare tra i “cattolici democratici” che votano PD (quorum ego), ma anche in certa sinistra: femministe, sinistra radicale, fino all’Arcilesbica e a settori gay, leggo su un quotidiano. E provocando l’immediata, opposta o quasi, reazione di Giorgia Meloni e della destra di governo, che colgono l’occasione per attaccare il partito della neosegretaria e la sinistra in generale.
Comunque sia, la mia considerazione personale, che credo rispecchi peraltro la posizione di buona parte del mondo cattolico, è questa, detto in estrema sintesi, pur se detti temi meriterebbero più spazio: io sono assolutamente contrario alla pratica dell’“utero in affitto”, ma convintissimo che, in ogni caso, si debba sempre far prevalere l’interesse del bambino.
Si tratta però, ribadisco, di temi così delicati che meritano tuttora riflessioni profonde e non slogan da comizi, atteggiamenti da “tifosi” e basta, siano dell’una o dall’altra parte.
L’invito da parte mia a Elly è pertanto di stare un po’ cauta, su ciò.

Gli attacchi alla nuova segretaria PD
“Schlein comunista, ma anche ‘megamiliardaria, figlia di un luminare, cittadina americana, svizzera e italiana, bisessuale sensibile alle tematiche del mondo Lgbt, ebrea aschenazita. Mai visto un povero, mai vista una fabbrica, mai vista una casa popolare, mai lavorato. Persona giusta per avvicinarsi ai problemi del popolo e della classe lavoratrice?”, è il contenuto dell’osceno manifesto dal Dna leghista apparso sul web nei giorni scorsi. Accuse, diciamo così, colorate anche di antisemitismo, che lei denuncia rispondendo in questo modo: “Sul web si è attivato un vero e proprio esercito di odiatori che parte dal mio naso e dal mio cognome per esprimere ignobili sentimenti antisemiti», dice in un’intervista a Tpi. «Per quanto sia orgogliosissima del lato ebraico della mia famiglia paterna, io non sono ebrea, perché la trasmissione avviene per linea materna. Io proveniente da famiglia ricca ebraica? Macché! La mia ricchezza è un’altra fake news di provenienza antisemita. La mia è una normalissima famiglia borghese”. E a proposito di “attacchi” alla neosegretaria, non posso esimermi dal segnalare che, in realtà, tra l’altro con mia fastidiosa sorpresa, il primo commento che mi è capitato di leggere su Elly è stato non di forzitalioti o di leghisti, bensì quello di un esponente attualmente di “Italia viva”, l’onorevole Sergio Pizzolante. Il quale, leggo su Wikipedia (e spero di non dare notizie erronee) dice di rifarsi ideologicamente “al popolarismo, al cristianesimo democratico, all’europeismo e all’atlantismo”. Partiticamente si è via via iscritto al PSI, a Forza Italia, al Partito della Libertà, al Nuovo centro democratico di Alfano, e al susseguente partito “Alternativa popolare”. Ora è però, come detto, con Renzi. E’ stato poi parlamentare dal 2006 al 2018, via via con Forza Italia, il Popolo della libertà, e Alternativa popolare. Sulla nuova segretaria Pd, questo signore, anche con ironia fastidiosa, scrive così, tra l’altro: “Elly Schlein: Lei piace così. Orgogliosamente comunista. Va detta subito una cosa: Elly Schlein è brava. Non mi piace, per niente, ma è brava. Ha talento. Non bisogna commettere l’errore di Schlein che attacca Bonaccini che riconosce le capacità di Meloni. Dico che è brava perché sono diverso da lei. Lei non è mia nemica. Se la eleggo a nemica divento come lei. Non piacerei a me stesso. Una ragazza di 38 anni che dall’esterno si prende un partito come il Pd è brava. Se diventa la prima alternativa alla prima donna Presidente del Consiglio è brava. Punto. Tanto di cappello. Non ho bisogno di parlare male della persona per poter dire, male, di quel che rappresenta. Di ciò che esprime. Lei rappresenta un passo indietro del suo partito. Lei rappresenta un giovanilismo vecchissimo. Ricordo i comizi di una volta. O le assemblee permanenti al liceo. Di quando ero ragazzo. E anche un po’ dopo. L’oratore incantava le piazze e le aule. Per dire niente. Ma piaceva così. Lei piace così. L’oratore diceva cose strampalate, inutilmente aggressive, spesso false. Piaceva così. Schlein dice che la Meloni ha sulla coscienza i bambini morti sulla spiaggia di Crotone. Terribile. Ma piace così. Ci sono squadroni, squadracce, di giornalisti, conduttori televisivi, col sangue alla bocca, col coltello fra i denti, che da mesi ci spiegano che la Meloni è sporca e cattiva, destra estrema, para fascista, che il Pd non fa opposizione, che Letta è troppo tenero, che Bonaccini non è adeguato a sconfiggere il mostro, perché lo rispetta. Lei piace così. Senza rispetto. ……..La Meloni le somigliava quando era più giovane. Dal lato opposto. Ma le somigliava. Scavava negli scantinati della destra. Ma non è la Meloni di oggi. La Meloni è oggi una proposta politica, non antipolitica, atlantista, europea, di centro destra, nonostante i suoi alleati. Utile al paese proprio per gli alleati che si ritrova e per alcuni dei suoi. Ministro degli Interni compreso. Chi non lo capisce non capisce i rischi che stiamo correndo. In tempi di guerra. Chi spinge la Schlein a combatterla come se fosse la Meloni di ieri non capisce niente. La rende inutile al Paese. Se la Schein sarà l’altra faccia della Meloni di ieri, la Meloni di oggi farà sogni tranquilli”…
Or dunque, questo signore, uomo, ora, di Renzi, arriva a lamentarsi di come i “media” attaccano l’attuale capo del governo. Chissà se, poveraccio, ha mai visto il Tg1, il Tg2, e i vari canali Mediaset, in argomento, nonché letto mai quotidiani quali il Giornale, Libero, il Tempo, il Secolo d’Italia, la Verità, eccetera, eccetera! E che dire del sopra riportato suo fragoroso ..applauso finale alla Meloni di oggi (Matteo Renzi, l’hai letto?), la quale, certo, quanto a furbizia mediatica ci sa fare, ma questo non basta per governare! Sulla recente, drammaticissima, vicenda dei “naufraghi”, infine, assolvere il governo da qualsivoglia responsabilità è quantomeno …esagerato, suvvia!
Chiudendo sull’argomento, spero in ogni caso che il “nostro” si esprima prima o poi, magari con la sua ironia, anche sul fatto che la premier, in questi primi mesi di governo, sta facendo un po’ troppo il “giro” del mondo, così da non doversi occupare più di tanto anche dei “casini” interni al suo governo. Già, ma lei ha già trovato la soluzione: il tentativo di “show” (contestato) dell’ ultimo consiglio dei ministri tenutosi a Cutro: che volete di più, cari italiani?
Sul tema migranti, il problema vero, in realtà, fermo restando che per taluni le politiche della Meloni sarebbero illegittime, la sensazione è che a Crotone e dintorni sia naufragata anche la sua strategia. La premier chiede tra l’altro la cooperazione ai Paesi di partenza dei migranti, ma nulla di quello che ha fatto finora ha prodotti risultati. Ma mi fermo qui, non avendo ancora approfondito le ultime decisioni governative in argomento, che temo ci preoccuperanno ulteriormente, e considero, per finire davvero questo pezzo, che, pur leader apparentemente forte, la Meloni non riesce ad esercitare compiutamente la sua leadership sugli alleati.

Castagnetti e il “nuovo” PD
Con riferimento anche ai “temi sensibili”, mi ha comunque confortato leggere l’intervista del 10 marzo su “Avvenire” (il quotidiano “d’ispirazione cattolica”, è noto) a Pierluigi Castagnetti, uno dei miei “maestri” nel campo del cattolicesimo democratico, intervista cui viene fatta questa premessa, che è sostanzialmente una sintesi del suo pensiero sul tema:
‘«Sbaglia chi dice che con l’elezione di Elly Schlein nel Pd non c’è più posto per i cattolici. Noi siamo un partito democratico, plurale. Anzi. Siamo l’ultimo partito sulla scena. E un Pd senza i cattolici non sarebbe più il Pd. Ma Schlein non ha alcuna intenzione, come non l’aveva Bonaccini, di creare l’ennesimo partito del capo».
Pierluigi Castagnetti, dunque, non cambia casacca. Non ha ruoli nel Pd, e tantomeno aspira ad averne, ma da presidente dell’associazione “I popolari” si considera in qualche modo “custode” dell’intesa che portò alla nascita del Pd. Rivendica diritto di cittadinanza anche sui temi sensibili. Ma questa diventa, ora, anche una sfida. «I riformisti, con questa legge elettorale, vincono solo se uniti. Lo abbiamo imparato il 25 settembre».

Conclusione
La vita privata della Schlein, e la sua dichiarata “attenzione” al mondo LGBT, ha notoriamente sollevato non poche perplessità nei “catto-tradizionalisti” in particolare, ma, come detto, qualche interrogativo pure in me, ormai “cattovecchiotto”, educato, da ragazzo, come ho segnalato, nell’ambiente cattolico preconciliare. E che ora non si fa sfuggire le “aperture” (certo non contrarie alla “dottrina”) di papa Francesco, comprese quelle, recenti, sul tema dell’omosessualità(“Essere omosessuali non è un crimine”, ha detto tra l’altro). Sull’argomento, e sulla Schlein più in generale, tanto più dopo aver letto in questi giorni il sottostante pezzo di Teresa Armato, giornalista e già senatrice Pd, sono arrivato quasi impensabilmente a concludere così: ‘avanti con Elly, comunque!
Ecco il testo della Armato: “Quando ho deciso di impegnarmi per Elly Schlein in molti mi hanno chiesto: che cosa c’entra una cattolica moderata come te che da sempre difende i valori della famiglia, la pace, la centralità della persona umana con una donna che ha sempre sposato le cause dell’Lgbt, dell’omogenitorialità e che si definisce di sinistra? A questo apparente paradosso (davvero solo apparente) mi sento di rispondere con una riflessione. Parto dalla personalità di Elly, dal suo approccio concettuale totalmente nuovo rispetto a quelli tradizionali della politica. Quasi un pensiero parallelo. Elly mette al centro del suo programma politico temi ed argomenti che la politica in genere lascia ai margini: gli ultimi, quelli che fanno fatica, gli immigrati, le donne, i giovani. Al centro del programma, non come un pezzo di esso. È una svolta non di poco conto. “Costringe” tutti a confrontarci sui destini delle persone che scappano da guerre e fame, guardando all’Italia come una terra promessa e trovano spesso la morte e l’indifferenza. Parlando di loro non come immigrati o extracomunitari ma, come persone, il suo intercalare frequente è la “ persona al centro”. E come si sa la dignità e la centralità della persona umana sono il fulcro del pensiero sociale della Chiesa, ma anche dell’intero suo insegnamento morale. Qualche giorno fa il Papa ha sottolineato che la nostra società usa troppi aggettivi e pochi sostantivi. Schlein ci sfida a pensare a politiche per i poveri, per coloro che vivono ai margini, agli anziani lasciati completamente soli e nella nostra società di essi si occupano per lo più le associazioni di volontariato, spesso di ispirazione cattolica. Accende riflettori luminosi sulla transizione ecologica per cui si batte da anni e per farlo cita L’enciclica “ Laudato si” di Papa Francesco e il suo invito a custodire la bellezza del creato. Sostiene che l’Ucraina va supportata e difesa e che la strada della diplomazia e del dialogo sia quella che deve portare alla pace. Elly è una donna cresciuta e formatasi nel terzo millennio, che ha un’idea della sinistra più vicina al partito democratico di Obama che non alla cultura comunista occidentale del Novecento, e ha sottolineato l’importanza delle culture che hanno dato vita al PD sapendo che esse devono essere nutrimento e non impedimento al futuro ed alla sintesi. Ecco, io penso che su alcuni temi noi abbiamo fatto valere le nostre culture di appartenenza più come impedimento che come nutrimento e che le questioni sono diventate contrapposizioni anziché composizioni. Penso che nel PD di Elly il pluralismo, anche il pluralismo, debba fare un passo avanti e sfidarsi a produrre nuovi pensieri e nuove sintesi. Sono sicura che con un approccio meno ideologico (anzi per niente ideologico) e meno strumentale potremmo confrontarci sui cosiddetti temi sensibili con più coraggio e determinazione. Perché voler rivendicare i diritti delle famiglie omogenitoriali vuol dire anche accendere interesse e attenzione sulle famiglie cosiddette tradizionali, mentre negare pervicacemente le prime significa dimenticare e trascurarle tutte mentre invece c’è bisogno di ripensare al welfare e di attuare politiche di prossimità (dagli asili all’assistenza domiciliare) che sostengano concretamente persone e famiglie. Un’altra battaglia del nuovo PD sarà il superamento dei divari territoriali; la sferzata netta e chiarissima di Elly sul progetto di autonomia differenziata è un segnale indiscutibile verso il Mezzogiorno che ha bisogno di livelli essenziali di prestazioni uguali e non inferiori al resto del Paese. Tutti temi cruciali e sui quali non sono ammessi più ritardi né incertezze e sui quali il contributo dei cattolici democratici sarà determinante”.
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