Medici e associazioni in piazza a tutela del diritto alla salute
Articolo della Stampa.
«Se andate in ospedale per prenotare un esame o una visita vi sentite dire “venga tra tre, quattro, sei mesi”, a seconda del caso, ma pagando, con le stesse persone e le stesse strutture, si può avere tutto la settimana prossima. Questo è l'intramoenia: la presenza del privato nel pubblico, una vergogna che dobbiamo cambiare perché non possiamo mantenere questa situazione di diseguaglianza». Per Silvio Garattini, presidente e fondatore dell'Istituto di Ricerche farmacologiche Mario Negri, l'intramoenia è uno dei primi punti che andrebbero modificati per tutelare maggiormente la sanità pubblica.
«Spero che i medici facciano uno sciopero anche solo di un'ora perché questa situazione non deve esserci» ribadisce Garattini, oggi in piazza per la mobilitazione in difesa del servizio sanitario nazionale, «Sani come un pesce?», svoltasi in piazza Duomo a Milano.
Un regime che, secondo gli organizzatori del presidio, continua a spingere una fetta importante del personale verso il privato, oggi molto più remunerativo rispetto al pubblico: «Negli ultimi decenni, soprattutto in Lombardia, è stata incrementata senza logica l'esternalizzazione di tutti i servizi fino a coprire i Lea, che sono dovuti, con questo sistema dell'intramoenia, a metà strada tra pubblico e privato – aggiunge Marco Caldiroli, presidente di Medicina Democratica – Si sono verificate purtroppo delle storture in cui ad esempio veniva svolta attività intramoenia durante l'orario normale di prestazione, allargando a dismisura questa possibilità. Possiamo sicuramente definirlo una sorta di trampolino verso il privato».
Alla manifestazione milanese si è posto l'accento sulla necessità di aumentare gli stipendi di medici e infermieri nel pubblico: «Abbiamo perso negli ultimi 20 anni 180mila tra medici e infermieri che sono andati all'estero a lavorare – sottolinea Vittorio Agnoletto, medico di Medicina Democratica – Bisogna intervenire prima che sia troppo tardi. Ad esempio, nell'immediato si potrebbe prevedere che, nelle strutture pubbliche dove non vengono rispettati i tempi di attesa previsti in relazione alle sigle e ai codici inseriti dal medico di medicina generale sulle impegnative, l'intramoenia venga sospesa. Non è accettabile che sia il portafoglio a dettare i tempi e il diritto della cura».
Anche la regolamentazione delle strutture private accreditate rimane uno dei primi interventi da mettere in campo per salvare la sanità pubblica, ribadiscono gli organizzatori del presidio, che parlano di circa cinquemila persone presenti in piazza del Duomo, tra associazioni aderenti e operatori del mondo sociosanitario: «Le strutture private accreditate dovrebbero garantire gli stessi tempi di attesa per coloro che arrivano col privato e quelli che invece provengono dal Ssn se vogliono avere l'accreditamento – conclude Agnoletto – questo perché per loro accreditarsi vuol dire ricevere moltissimi pazienti. Con questa semplice regola diminuirebbero molto le liste d'attesa che abbiamo oggi».
«Se andate in ospedale per prenotare un esame o una visita vi sentite dire “venga tra tre, quattro, sei mesi”, a seconda del caso, ma pagando, con le stesse persone e le stesse strutture, si può avere tutto la settimana prossima. Questo è l'intramoenia: la presenza del privato nel pubblico, una vergogna che dobbiamo cambiare perché non possiamo mantenere questa situazione di diseguaglianza». Per Silvio Garattini, presidente e fondatore dell'Istituto di Ricerche farmacologiche Mario Negri, l'intramoenia è uno dei primi punti che andrebbero modificati per tutelare maggiormente la sanità pubblica.
«Spero che i medici facciano uno sciopero anche solo di un'ora perché questa situazione non deve esserci» ribadisce Garattini, oggi in piazza per la mobilitazione in difesa del servizio sanitario nazionale, «Sani come un pesce?», svoltasi in piazza Duomo a Milano.
Un regime che, secondo gli organizzatori del presidio, continua a spingere una fetta importante del personale verso il privato, oggi molto più remunerativo rispetto al pubblico: «Negli ultimi decenni, soprattutto in Lombardia, è stata incrementata senza logica l'esternalizzazione di tutti i servizi fino a coprire i Lea, che sono dovuti, con questo sistema dell'intramoenia, a metà strada tra pubblico e privato – aggiunge Marco Caldiroli, presidente di Medicina Democratica – Si sono verificate purtroppo delle storture in cui ad esempio veniva svolta attività intramoenia durante l'orario normale di prestazione, allargando a dismisura questa possibilità. Possiamo sicuramente definirlo una sorta di trampolino verso il privato».
Alla manifestazione milanese si è posto l'accento sulla necessità di aumentare gli stipendi di medici e infermieri nel pubblico: «Abbiamo perso negli ultimi 20 anni 180mila tra medici e infermieri che sono andati all'estero a lavorare – sottolinea Vittorio Agnoletto, medico di Medicina Democratica – Bisogna intervenire prima che sia troppo tardi. Ad esempio, nell'immediato si potrebbe prevedere che, nelle strutture pubbliche dove non vengono rispettati i tempi di attesa previsti in relazione alle sigle e ai codici inseriti dal medico di medicina generale sulle impegnative, l'intramoenia venga sospesa. Non è accettabile che sia il portafoglio a dettare i tempi e il diritto della cura».
Anche la regolamentazione delle strutture private accreditate rimane uno dei primi interventi da mettere in campo per salvare la sanità pubblica, ribadiscono gli organizzatori del presidio, che parlano di circa cinquemila persone presenti in piazza del Duomo, tra associazioni aderenti e operatori del mondo sociosanitario: «Le strutture private accreditate dovrebbero garantire gli stessi tempi di attesa per coloro che arrivano col privato e quelli che invece provengono dal Ssn se vogliono avere l'accreditamento – conclude Agnoletto – questo perché per loro accreditarsi vuol dire ricevere moltissimi pazienti. Con questa semplice regola diminuirebbero molto le liste d'attesa che abbiamo oggi».