La destra e l'Italia
Articolo di Piero Fassino.
Assunto l'incarico di Presidente del Consiglio, nelle prime settimane la Presidente Meloni si era sforzata di offrire al Paese un'immagine moderata e istituzionale. Consapevole che la storia di destra da cui proveniva suscitava diffidenza e preoccupazione, in Italia e in Europa. Sono bastati pochi mesi perché quell'opera di maquillage si sciogliesse e emergesse il volto vero di una premier e di una coalizione che sono di destra e fanno politiche di destra. Con pesanti ricadute negative per l'Italia e gli italiani.
Dopo un qualche civettamento con Bruxelles, l'animus antieuropeo è emerso con prepotenza su ogni dossier. Non mancano gli esempi: rifiuto di ratificare il Trattato Mes, scudo in realtà essenziale per tutelare i risparmiatori dalle crisi bancarie; rifiuto di adottare gli standard europei in materia di figli di coppie omogenitoriali; renitenza ad assumere le indicazioni europee per la transizione ecologica e il passaggio alla mobilità elettrica; allineamento alle posizioni antieuropee di Polonia e Ungheria.
Ma soprattutto il timbro di destra si ritrova sulle politiche interne: una proposta di riforma fiscale che riduce la progressività, agevola i redditi alti e accentua le disuguaglianze; un approccio securitario al tema migratorio di cui si sono viste le drammatiche conseguenze nella tragedia di Cutro; una gestione confusa e inconcludente del PNRR con il rischio molto concreto di perdere i finanziamenti europei; un approccio integralista e oscurantista ai diritti civili; uno stravolgimento del codice degli appalti che non semplifica tempi e procedure, ma apre le porte a gestioni clientelari, riducendo trasparenza e legalità; riduzione delle risorse per il sistema sanitario e per le politiche scolastico-educative; drastica riduzione degli strumenti a sostegno dei senza reddito, a partire dal reddito di cittadinanza (che va riformato, ma non soppresso).
Certo, i sondaggi testimoniano di un consenso alto per la Prima Ministra e il suo partito, avvantaggiati dalla crisi in cui versano gli alleati, Lega e Fratelli d'Italia. Ma non ci si inganni: la destra fa la destra compromettendo importanti interessi del Paese e rilevanti bisogni degli italiani. E non rinuncia neanche a rivendicare i "meriti" del fascismo. Una politica che pone alle opposizioni il dovere di avere strategie efficaci e convergenza di iniziativa.
Le elezioni parlamentari di settembre, come le elezioni regionali di Lombardia e Lazio confermano una ineludibile verità: senza politiche comuni le opposizioni sono inefficaci e non competitive. E la scelta di andare ciascuno per sé non è premiata dagli elettori. Serve un salto di qualità: non solo la giusta denuncia dei danni che la destra infligge al Paese, ma proposte serie e credibili, non per convincere un governo sordo e cieco, ma per parlare al Paese e indicare soluzioni in cui si riconoscano i cittadini. E unità di azione in Parlamento e nel Paese per rendere efficace l'azione di opposizione.
E' questa la frontiera che deve attraversare il PD dopo il Congresso, forte del clima di fiducia e speranza suscitato dalla ampia partecipazione alla Primarie e dagli esiti che ne sono scaturiti.
Assunto l'incarico di Presidente del Consiglio, nelle prime settimane la Presidente Meloni si era sforzata di offrire al Paese un'immagine moderata e istituzionale. Consapevole che la storia di destra da cui proveniva suscitava diffidenza e preoccupazione, in Italia e in Europa. Sono bastati pochi mesi perché quell'opera di maquillage si sciogliesse e emergesse il volto vero di una premier e di una coalizione che sono di destra e fanno politiche di destra. Con pesanti ricadute negative per l'Italia e gli italiani.
Dopo un qualche civettamento con Bruxelles, l'animus antieuropeo è emerso con prepotenza su ogni dossier. Non mancano gli esempi: rifiuto di ratificare il Trattato Mes, scudo in realtà essenziale per tutelare i risparmiatori dalle crisi bancarie; rifiuto di adottare gli standard europei in materia di figli di coppie omogenitoriali; renitenza ad assumere le indicazioni europee per la transizione ecologica e il passaggio alla mobilità elettrica; allineamento alle posizioni antieuropee di Polonia e Ungheria.
Ma soprattutto il timbro di destra si ritrova sulle politiche interne: una proposta di riforma fiscale che riduce la progressività, agevola i redditi alti e accentua le disuguaglianze; un approccio securitario al tema migratorio di cui si sono viste le drammatiche conseguenze nella tragedia di Cutro; una gestione confusa e inconcludente del PNRR con il rischio molto concreto di perdere i finanziamenti europei; un approccio integralista e oscurantista ai diritti civili; uno stravolgimento del codice degli appalti che non semplifica tempi e procedure, ma apre le porte a gestioni clientelari, riducendo trasparenza e legalità; riduzione delle risorse per il sistema sanitario e per le politiche scolastico-educative; drastica riduzione degli strumenti a sostegno dei senza reddito, a partire dal reddito di cittadinanza (che va riformato, ma non soppresso).
Certo, i sondaggi testimoniano di un consenso alto per la Prima Ministra e il suo partito, avvantaggiati dalla crisi in cui versano gli alleati, Lega e Fratelli d'Italia. Ma non ci si inganni: la destra fa la destra compromettendo importanti interessi del Paese e rilevanti bisogni degli italiani. E non rinuncia neanche a rivendicare i "meriti" del fascismo. Una politica che pone alle opposizioni il dovere di avere strategie efficaci e convergenza di iniziativa.
Le elezioni parlamentari di settembre, come le elezioni regionali di Lombardia e Lazio confermano una ineludibile verità: senza politiche comuni le opposizioni sono inefficaci e non competitive. E la scelta di andare ciascuno per sé non è premiata dagli elettori. Serve un salto di qualità: non solo la giusta denuncia dei danni che la destra infligge al Paese, ma proposte serie e credibili, non per convincere un governo sordo e cieco, ma per parlare al Paese e indicare soluzioni in cui si riconoscano i cittadini. E unità di azione in Parlamento e nel Paese per rendere efficace l'azione di opposizione.
E' questa la frontiera che deve attraversare il PD dopo il Congresso, forte del clima di fiducia e speranza suscitato dalla ampia partecipazione alla Primarie e dagli esiti che ne sono scaturiti.