Cambiare per favorire uno sviluppo sostenibile
Articolo di Franco Mirabelli pubblicato da Green Report.
Negli scorsi giorni le Nazioni Unite hanno diffuso il rapporto annuale sul clima in cui emerge la conferma del riscaldamento del Pianeta che in pochi anni ha prodotto fenomeni calamitosi, dalla siccità fino alle inondazioni, tali da aumentare di 15 volte il numero delle vittime.
Il rapporto lancia un allarme e un avvertimento: o nei prossimi anni sarà contenuto un ulteriore aumento delle temperature o si rischia di produrre danni irreversibili.
Per farlo serve ridurre le emissioni da combustibili fossili e, quindi, servono misure urgenti che riducano e sostituiscano quelle fonti energetiche.
E’ un impegno che, di fronte alla enormità del rischio, non può che essere prioritario e occorre spingere i Governi ad accelerare la transizione verso altre fonti di energia pulite e rinnovabili.
Di fronte a questa necessità diverse Istituzioni stanno assumendo impegni e fissando obiettivi.
In questo senso vanno le misure assunte dall’Unione Europea che fissa nel 2035 la data per cessare la produzione di auto con combustibili fossili, diesel e benzina, e che impone l’efficientamento energetico degli edifici.
Ma in questo senso vanno anche le misure assunte dal Comune di Milano per disincentivare l’utilizzo dell’auto e favorire l’uso dei mezzi pubblici: area C e area B non sono altro che questo, così come la diffusione dello sharing, le piste ciclabili e le nuove linee metropolitane in costruzione.
L’atteggiamento di chi a parole si dichiara attento all’ambiente ma poi, di fronte a misure impegnative come queste, difende l’esistente è sbagliato e pericoloso.
Ognuna delle misure può essere migliorata ma il principio deve essere quello di cambiare tutto ciò che inquina e contribuisce al riscaldamento del Pianeta. La situazione non consente mezze misure o un eccesso di gradualità.
Il tema della chiusura entro il 2035 della produzione delle auto alimentate con combustibili fossili è emblematica.
Bisogna fare di una necessità, come quella di ridurre l’inquinamento, un’occasione per riconvertire le attuali produzioni, orientandole verso le auto elettriche o alimentate da altri combustibili non inquinanti.
Insomma, di fronte a questo obbiettivo o si difende l’esistente - che è la strada più comoda ma è anche quella dannosa per l’ambiente e perdente nella gara, che sarà quella dei prossimi anni, a ricercare e produrre nuove tecnologie non inquinanti e sostenibili - oppure si mettono in campo ricerca, risorse e incentivi per aiutare l’intero comparto a riconvertirsi verso la produzione di auto non inquinanti, innovando e salvaguardando aziende e posti di lavoro che, altrimenti, non avrebbero comunque futuro.
Insomma, su questi temi alla stretta si confrontano due idee. Una è quella di chi preferisce difendere l’esistente, anche se ciò significa restare inermi di fronte ai cambiamenti climatici e accettare di convivere con un inquinamento che nuoce alla salute e, concretamente, di sostenere i costi anche economici del caro energia e di vivere in case che disperdono calore e inquinano col riscaldamento. L’altra idea è quella che guarda al futuro e che mette in campo, da subito, misure che, insieme, possono ridurre l’inquinamento, migliorare la qualità dell’ambiente, difendere la salute e aprire opportunità di impresa e di lavoro straordinarie.
Serve concretamente intervenire sullo sviluppo, che deve essere sostenibile ambientalmente e cambiare, in meglio abitudini e comportamenti - così come è successo con la raccolta differenziata - per migliorare la vita di tutte e tutti.
Negli scorsi giorni le Nazioni Unite hanno diffuso il rapporto annuale sul clima in cui emerge la conferma del riscaldamento del Pianeta che in pochi anni ha prodotto fenomeni calamitosi, dalla siccità fino alle inondazioni, tali da aumentare di 15 volte il numero delle vittime.
Il rapporto lancia un allarme e un avvertimento: o nei prossimi anni sarà contenuto un ulteriore aumento delle temperature o si rischia di produrre danni irreversibili.
Per farlo serve ridurre le emissioni da combustibili fossili e, quindi, servono misure urgenti che riducano e sostituiscano quelle fonti energetiche.
E’ un impegno che, di fronte alla enormità del rischio, non può che essere prioritario e occorre spingere i Governi ad accelerare la transizione verso altre fonti di energia pulite e rinnovabili.
Di fronte a questa necessità diverse Istituzioni stanno assumendo impegni e fissando obiettivi.
In questo senso vanno le misure assunte dall’Unione Europea che fissa nel 2035 la data per cessare la produzione di auto con combustibili fossili, diesel e benzina, e che impone l’efficientamento energetico degli edifici.
Ma in questo senso vanno anche le misure assunte dal Comune di Milano per disincentivare l’utilizzo dell’auto e favorire l’uso dei mezzi pubblici: area C e area B non sono altro che questo, così come la diffusione dello sharing, le piste ciclabili e le nuove linee metropolitane in costruzione.
L’atteggiamento di chi a parole si dichiara attento all’ambiente ma poi, di fronte a misure impegnative come queste, difende l’esistente è sbagliato e pericoloso.
Ognuna delle misure può essere migliorata ma il principio deve essere quello di cambiare tutto ciò che inquina e contribuisce al riscaldamento del Pianeta. La situazione non consente mezze misure o un eccesso di gradualità.
Il tema della chiusura entro il 2035 della produzione delle auto alimentate con combustibili fossili è emblematica.
Bisogna fare di una necessità, come quella di ridurre l’inquinamento, un’occasione per riconvertire le attuali produzioni, orientandole verso le auto elettriche o alimentate da altri combustibili non inquinanti.
Insomma, di fronte a questo obbiettivo o si difende l’esistente - che è la strada più comoda ma è anche quella dannosa per l’ambiente e perdente nella gara, che sarà quella dei prossimi anni, a ricercare e produrre nuove tecnologie non inquinanti e sostenibili - oppure si mettono in campo ricerca, risorse e incentivi per aiutare l’intero comparto a riconvertirsi verso la produzione di auto non inquinanti, innovando e salvaguardando aziende e posti di lavoro che, altrimenti, non avrebbero comunque futuro.
Insomma, su questi temi alla stretta si confrontano due idee. Una è quella di chi preferisce difendere l’esistente, anche se ciò significa restare inermi di fronte ai cambiamenti climatici e accettare di convivere con un inquinamento che nuoce alla salute e, concretamente, di sostenere i costi anche economici del caro energia e di vivere in case che disperdono calore e inquinano col riscaldamento. L’altra idea è quella che guarda al futuro e che mette in campo, da subito, misure che, insieme, possono ridurre l’inquinamento, migliorare la qualità dell’ambiente, difendere la salute e aprire opportunità di impresa e di lavoro straordinarie.
Serve concretamente intervenire sullo sviluppo, che deve essere sostenibile ambientalmente e cambiare, in meglio abitudini e comportamenti - così come è successo con la raccolta differenziata - per migliorare la vita di tutte e tutti.
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