Il ricordo di Bruno Astorre
Intervento di Dario Franceschini in Senato durante la commemorazione di Bruno Astorre (audio).
Proviamo incredulità, dolore, rabbia, frustrazione, perché ci siamo chiesti in tanti come abbiamo potuto non capire, non vedere, non aiutare.
Astorre era il più allegro e il più cordiale tra di noi: era colui che ogni mattina abbracciava chi incontrava, fuori da quest'Aula e in quest'Aula, con un sorriso; un abbraccio restituito, enorme, imponente, nel campo sportivo della sua Colonna, nell'ultimo saluto in quel campo di calcio, con i discorsi degli amici e degli avversari.
Con l'amore, la dolcezza e la forza incredibile delle parole di Francesca; con il dolore composto e silenzioso di Francesco; con quella fila - fatemelo dire - struggente di decine e decine di sindaci, di qualsiasi colore politico, con le fasce tricolori e le lacrime agli occhi; con i fuochi d'artificio sparati alla fine della cerimonia nel cielo dei suoi colli; una cosa strana alla fine di una cerimonia religiosa, quei fuochi d'artificio sparati nel cielo dei suoi Castelli come ultimo saluto.
La risposta alla domanda su chi è stato Bruno Astorre era tutta nell'abbraccio di quel campo sportivo: un uomo che si è fatto voler bene da tutti perché ha fatto della politica uno strumento per fare del bene alle persone, non soltanto attraverso gli atti legislativi, che riguardano la generalità delle persone - come pure è giusto fare - ma del bene fatto alle singole persone, impegnandosi per risolvere ogni problema, per aiutare in ogni difficoltà. Nella camera ardente sono stato qualche tempo di fianco a Francesca ed era emozionante vedere in quella fila degli sconosciuti che si presentavano dicendo: Bruno Astorre mi ha aiutato in un momento di difficoltà; mi ha risolto un problema; mi ha cambiato la vita; lo ringrazio perché mi ha aiutato quando avevo bisogno. Può sembrare un metodo forse un po' antico, apparentemente, ma autentico, di gestire il rapporto con gli elettori. Lo ha imparato da ragazzo nella Democrazia Cristiana, quando si riteneva allievo di Severino Lavagnini, un altro senatore importante in quella zona della provincia di Roma, quando la politica in tutti i partiti era davvero popolare ed era fatta di contatto, di ascolto. I post e i tweet non sostituiranno mai la verità di una stretta di mano, di una pacca sulle spalle, di uno sguardo diritto negli occhi.
Bruno voleva le preferenze: quante discussioni. Voleva che nella legge elettorale tornassero le preferenze. Ne aveva parlato con molti di voi. Io e lui abbiamo avuto molte discussioni, perché io ne sollevavo i rischi e lui mi sottolineava i pregi del contatto diretto con le persone.
Astorre era un politico preparato, raffinato, dietro quella ricerca voluta di semplicità. Aveva la laurea in economia con 110 e lode alla LUISS. Lo ha ricordato il Presidente: amministratore locale; assessore regionale ai lavori pubblici, perché voleva occuparsi delle strade, di cose concrete; Presidente del Consiglio regionale; segretario regionale del Partito Democratico; e poi, e soprattutto, senatore, l'orgoglio di essere senatore. Una volta, in una delle ultime tornate elettorali, gli proposi di candidarsi alla Camera e lui mi guardò malissimo dicendo: io sono senatore e voglio restare al Senato, che è la mia casa. Dovremmo anche interrogarci su cosa abbia voluto dire con "chiudere qui col suo percorso terreno", chiuderlo al Senato. Cosa ci ha voluto dire?
E poi la lezione di volerci bene tra avversari: in Bruno gli avversari riconoscevano la verità, la passione, le stesse cose che lui sapeva riconoscere in molti degli avversari. E quando le riconosceva diventava amico, nonostante lo scontro restasse e diventasse magari ancora più duro. È una lezione per tutti noi: non soltanto recuperare, come sarebbe giusto, il rispetto degli avversari; non soltanto evitare inutili cattiverie, ma qualcosa di più, che in quest'Aula sia di esempio per tutti, ossia riconoscere che anche nell'avversario più lontano, con le idee più diverse, più contrapposte, più inconciliabili, brucia la stessa passione, freme lo stesso amore per la politica come strumento per migliorare il mondo e migliorare la vita delle persone.
Quando morì, all'inizio degli anni Sessanta, in un incidente stradale, Nicola Pistelli, il giovane leader della sinistra DC di quegli anni in tutta Italia, assessore a Firenze, il sindaco coprì i muri della città - e solo un sindaco come Giorgio La Pira poteva farlo - con un manifesto del Comune su cui era scritto soltanto: «Da quel chicco di frumento nasceranno tante spighe di grano nuovo». Bruno Astorre è stato un chicco di frumento seminato nella sua terra e da quel chicco di frumento stanno già nascendo tante spighe di grano nuovo.
Proviamo incredulità, dolore, rabbia, frustrazione, perché ci siamo chiesti in tanti come abbiamo potuto non capire, non vedere, non aiutare.
Astorre era il più allegro e il più cordiale tra di noi: era colui che ogni mattina abbracciava chi incontrava, fuori da quest'Aula e in quest'Aula, con un sorriso; un abbraccio restituito, enorme, imponente, nel campo sportivo della sua Colonna, nell'ultimo saluto in quel campo di calcio, con i discorsi degli amici e degli avversari.
Con l'amore, la dolcezza e la forza incredibile delle parole di Francesca; con il dolore composto e silenzioso di Francesco; con quella fila - fatemelo dire - struggente di decine e decine di sindaci, di qualsiasi colore politico, con le fasce tricolori e le lacrime agli occhi; con i fuochi d'artificio sparati alla fine della cerimonia nel cielo dei suoi colli; una cosa strana alla fine di una cerimonia religiosa, quei fuochi d'artificio sparati nel cielo dei suoi Castelli come ultimo saluto.
La risposta alla domanda su chi è stato Bruno Astorre era tutta nell'abbraccio di quel campo sportivo: un uomo che si è fatto voler bene da tutti perché ha fatto della politica uno strumento per fare del bene alle persone, non soltanto attraverso gli atti legislativi, che riguardano la generalità delle persone - come pure è giusto fare - ma del bene fatto alle singole persone, impegnandosi per risolvere ogni problema, per aiutare in ogni difficoltà. Nella camera ardente sono stato qualche tempo di fianco a Francesca ed era emozionante vedere in quella fila degli sconosciuti che si presentavano dicendo: Bruno Astorre mi ha aiutato in un momento di difficoltà; mi ha risolto un problema; mi ha cambiato la vita; lo ringrazio perché mi ha aiutato quando avevo bisogno. Può sembrare un metodo forse un po' antico, apparentemente, ma autentico, di gestire il rapporto con gli elettori. Lo ha imparato da ragazzo nella Democrazia Cristiana, quando si riteneva allievo di Severino Lavagnini, un altro senatore importante in quella zona della provincia di Roma, quando la politica in tutti i partiti era davvero popolare ed era fatta di contatto, di ascolto. I post e i tweet non sostituiranno mai la verità di una stretta di mano, di una pacca sulle spalle, di uno sguardo diritto negli occhi.
Bruno voleva le preferenze: quante discussioni. Voleva che nella legge elettorale tornassero le preferenze. Ne aveva parlato con molti di voi. Io e lui abbiamo avuto molte discussioni, perché io ne sollevavo i rischi e lui mi sottolineava i pregi del contatto diretto con le persone.
Astorre era un politico preparato, raffinato, dietro quella ricerca voluta di semplicità. Aveva la laurea in economia con 110 e lode alla LUISS. Lo ha ricordato il Presidente: amministratore locale; assessore regionale ai lavori pubblici, perché voleva occuparsi delle strade, di cose concrete; Presidente del Consiglio regionale; segretario regionale del Partito Democratico; e poi, e soprattutto, senatore, l'orgoglio di essere senatore. Una volta, in una delle ultime tornate elettorali, gli proposi di candidarsi alla Camera e lui mi guardò malissimo dicendo: io sono senatore e voglio restare al Senato, che è la mia casa. Dovremmo anche interrogarci su cosa abbia voluto dire con "chiudere qui col suo percorso terreno", chiuderlo al Senato. Cosa ci ha voluto dire?
E poi la lezione di volerci bene tra avversari: in Bruno gli avversari riconoscevano la verità, la passione, le stesse cose che lui sapeva riconoscere in molti degli avversari. E quando le riconosceva diventava amico, nonostante lo scontro restasse e diventasse magari ancora più duro. È una lezione per tutti noi: non soltanto recuperare, come sarebbe giusto, il rispetto degli avversari; non soltanto evitare inutili cattiverie, ma qualcosa di più, che in quest'Aula sia di esempio per tutti, ossia riconoscere che anche nell'avversario più lontano, con le idee più diverse, più contrapposte, più inconciliabili, brucia la stessa passione, freme lo stesso amore per la politica come strumento per migliorare il mondo e migliorare la vita delle persone.
Quando morì, all'inizio degli anni Sessanta, in un incidente stradale, Nicola Pistelli, il giovane leader della sinistra DC di quegli anni in tutta Italia, assessore a Firenze, il sindaco coprì i muri della città - e solo un sindaco come Giorgio La Pira poteva farlo - con un manifesto del Comune su cui era scritto soltanto: «Da quel chicco di frumento nasceranno tante spighe di grano nuovo». Bruno Astorre è stato un chicco di frumento seminato nella sua terra e da quel chicco di frumento stanno già nascendo tante spighe di grano nuovo.