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Le nuove politiche abitative

Written by Franco Mirabelli.

Franco Mirabelli
Interventi al dibattito sulle politiche abitative svolto alla Festa PD a Genova.

Il tema delle politiche abitative è spesso rimasto ai margini del dibattito politico, invece, per molte persone è di importanza primaria.
Provo, quindi, a riassumere ciò che abbiamo fatto in Parlamento su questo tema.
Lo scorso anno, infatti, abbiamo fatto una legge per far fronte all’emergenza sociale che si è verificata sul tema dell’abitare che, a mio avviso, è molto significativa e forse non è stata sufficientemente comunicata.
La legge, al di là del titolo che richiama l’emergenza abitativa, è riconosciuta da tutti i soggetti del settore (Sindacati, Cooperative, Federcasa ecc.) come la prima normativa, dopo l’abolizione dei fondi Gescal, con cui sono state messe in campo delle politiche pubbliche e con cui si sia cercato di superare l’approccio emergenziale al problema abitativo per creare un nuovo modello per l’abitare.
Con l’abolizione dei fondi Gescal, infatti, è entrato in crisi un modello abitativo e, in particolare, il sistema dell’Edilizia Residenziale Pubblica perché sono terminate le risorse per costruire o mantenere alloggi che, nel frattempo, andavano degradandosi.
Con la nuova legge, ovviamente, ci siamo occupati anche dell’emergenza perché inizialmente ci siamo trovati di fronte ad una fase in cui il ceto medio-basso non ha avuto più opportunità abitative: c’erano persone che non avevano la possibilità di entrare nell’Edilizia Residenziale Pubblica perché i loro redditi erano troppo alti per accedervi ma non avevano nemmeno la possibilità di accedere ai canoni di mercato per gli affitti o alla casa di proprietà perché per questo, invece, i loro redditi risultavano insufficienti.
Questa situazione si è aggravata con l’avvento della crisi economica, dove le difficoltà sono cominciate anche per un altro pezzo di mondo, come ad esempio coloro che, avendo perso il lavoro, non sono stati più in grado di far fronte alle spese per affitti o mutui.
Da qui c’è stata la necessità di un maggior investimento del settore pubblico sul fronte casa.
Per questo, con la legge sulla casa, abbiamo ricostruito un Fondo Sostegno Affitti di 200 milioni di euro volto ad aiutare le famiglie in difficoltà a pagare l’affitto. Sull’utilizzo di questo Fondo, però, è stata introdotta un’innovazione rispetto ai fondi creati in precedenza: invece di dare soldi a pioggia alle famiglie bisognose (cosa che spesso non risolve i problemi), infatti, si è scelto di dare la possibilità a Comuni e Regioni di investire quelle risorse in Agenzie che hanno il compito di lavorare per creare soluzioni abitative adeguate a queste famiglie oppure i finanziamenti vengono destinati ad alimentare altri fondi che vanno a garantire affitti e mutui di persone in difficoltà.
Altri 200 milioni sono stati stanziati per un Fondo per la morosità incolpevole, cioè per coloro che non sono più in grado di pagare il proprio affitto a causa della perdita del lavoro e, quindi, del reddito.
Tutto questo è già legge e sono stati realizzati anche i decreti attuativi.
Complessivamente, nella legge per l’emergenza abitativa è stato stanziato 1 miliardo di euro.
Al di là dell’emergenza, però, ci si è anche impegnati per costruire delle politiche perché al momento in Italia stiamo ancora dentro ad un modello abitativo che è obsoleto.
L’idea di casa su cui si è lavorato e ragionato per molti anni era quella secondo cui ciascuno aveva un lavoro a tempo indeterminato e si comprava la casa vicino al luogo di lavoro e lì rimaneva per tutta la vita.
Oggi questo modello non regge più: è cambiato il mercato del lavoro, c’è una mobilità molto più forte e ci sono domande abitative che cambiano; si sono moltiplicati i single, bisogna dare risposte alle giovani coppie, ci sono problemi riguardanti le residenze universitarie. A queste domande abitative non si può più rispondere con la casa di proprietà: serve incentivare l’affitto, come avviene in tutta Europa. L’Italia è l’unico Paese europeo che ha oltre l’80% di case di proprietà.
Con la legge sulla casa si è provato ad andare in questa direzione.
Portando la cedolare secca al 10% per l’affitto a canoni concordati, ad esempio, abbiamo incentivato i proprietari ad affittare case e abbiamo, contemporaneamente, dato la possibilità di trovare alloggi sul mercato a canoni calmierati.
Useremo poi la leva fiscale per aiutare il risparmio, per aiutare la ripresa di un settore decisivo per la nostra economia come quello edilizio. L’operazione di intervenire sulla tassazione sugli immobili che è stata annunciata dal Presidente del Consiglio, la faremo.
Inoltre, con la legge recentemente approvata, abbiamo già predisposto incentivi fiscali per coloro che acquistano case o ristrutturano appartamenti con lo scopo di metterli poi in affitto a canone concordato.
L’idea di fondo, quindi, è quella di aumentare la disponibilità di case a prezzi accessibili.
Questo, dunque, è uno degli asset della nuova legge sull’abitare e vale sia per il pubblico che per il privato.
La nuova legge, poi, si impegna a garantire la legalità sia per il Pubblico che per il privato.
Non era, infatti, pensabile di chiedere ai piccoli proprietari di mettere in affitto i propri appartamenti senza che venissero presi provvedimenti seri contro le occupazioni abusive.
Nella nuova legge sull’abitare si stabilisce che le aziende che forniscono le utenze non possono più concedere gli allacciamenti a chi non dimostra di essere legalmente residente in quel posto e i Comuni non possono più concedere la residenza agli abusivi. Inoltre, gli occupanti abusivi, per cinque anni, perdono il diritto ad entrare nelle liste di assegnazione degli alloggi popolari.
Questo perché si è cercato di costruire una deterrenza.
Nel momento in cui si mettono in campo proposte e soluzioni che dànno l’opportunità di trovare casa a canoni accessibili, però, contestualmente si deve andare a chiudere la fase delle migliaia di alloggi pubblici che, di fronte ad una pressione abitativa come quella in corso, restano vuoti perché sono mancate le risorse per ristrutturarli e renderli abitabili.
Oggi le Regioni e le aziende che gestiscono il patrimonio immobiliare pubblico non possono più dire di non avere i soldi perché con la nuova legge sono stati stanziati 500 milioni di euro proprio per questi interventi di manutenzione e sono stati stabiliti anche dei tempi stretti per realizzare questi interventi e consentire poi l’assegnazione degli alloggi.
C’è un patrimonio pubblico immenso che non viene utilizzato e questo è un altro scandalo della situazione in cui ci siamo trovati fino ad ora.
Senza dimenticare che gli alloggi vuoti, anche quando degradati e non ristrutturati, sono attrattivi per chi vuole occupare abusivamente ma non sono nelle disponibilità di chi, invece, dalle graduatorie avrebbe diritto a ricevere una casa.
Va precisato, però, che nella legge sulla casa approvata in Parlamento abbiamo realizzato una serie di norme valide su tutto il territorio nazionale ma la materia della casa in realtà al momento è di pertinenza delle Regioni. Questo significa che abbiamo messo soldi e politiche nelle mani delle Regioni e, in parte, dei Comuni.
Per quanto riguarda l’Edilizia Residenziale Pubblica, il modello non può rimanere quello vigente attualmente, cioè basato sui grandi quartieri popolari costruiti con i fondi Gescal e che, con questi criteri di assegnazione, diventano un coacervo di tutte le marginalità.
Quel modello non funziona più né dal punto di vista economico (per cui serve anche costruire incentivi affinché ci sia una parte di privato e di privato sociale che contribuisca) e serve costruire un mix sociale. Serve, quindi, costruire o ristrutturare i quartieri facendo in modo che convivano ceti diversi.
Sull’Edilizia Residenziale Pubblica, inoltre, abbiamo reso possibili le detrazioni dai 450 ai 900 euro per le persone con redditi sotto i 35mila euro che vivono in quella parte di appartamenti classificati come “alloggi sociali”.
Il tema dell’Edilizia Residenziale Pubblica, però, riguarda anche la qualità della vita dei quartieri. Oggi c’è problema drammatico di degrado dei quartieri popolari.
Su questo sono percorribili due strade, una delle quali è contenuta nella nuova legge e prevede incentivi fiscali a chi interviene per sistemare gli alloggi. L’idea del Governo, attraverso la Legge di Stabilità, anche per rilanciare il settore dell’edilizia, è quella di estendere il bonus fiscale per le ristrutturazioni per arrivare all’efficientamento energetico anche a tutta l’Edilizia Residenziale Pubblica. Questa cosa, incomprensibilmente, non è avvenuta in precedenza.
Inizialmente ci siamo trovati a dover chiarire che non era possibile far pagare l’IMU alle aziende dell’Edilizia Residenziale Pubblica e il risultato lo abbiamo ottenuto.
Ora servirà fare un’altra battaglia per far capire che conviene al settore Pubblico avere la possibilità per le aziende pubbliche (anche se sono società, perché comunque, fanno un servizio occupandosi di alloggi sociali) di beneficiare dei bonus per ristrutturare gli alloggi aumentandone il valore e efficientandoli dal punto di vista energetico, perché il degrado vigente, oltre a dare l’idea che tutto è lasciato andare, finisce per produrre effetti negativi anche sul fronte del rispetto della legalità e, inoltre, ha come conseguenza il fatto che quegli alloggi costano poi di più in spese di riscaldamento perché le finestre non chiudono bene, producono consumi più elevati e fanno spendere di più gli inquilini (che, spesso, economicamente, hanno già molte difficoltà).
Si tratta quindi di provvedimenti utili per gli inquilini ma anche per il settore pubblico.


Tornando ai problemi delle case popolari, personalmente da molti anni giro per i quartieri più degradati di Milano e conosco bene i bisogni, il disagio e la rabbia assolutamente giustificabile di chi abita lì. Conosco la sensazione di abbandono da parte delle istituzioni e dello Stato, i vetri rotti che restano tali per anni e che sono lì a testimoniare che lo Stato non c’è e, quindi, qualcuno può pensare che non ci sia neanche la legalità. So anche che queste situazioni avrebbero bisogno di trovare una risposta e una soluzione immediata.
Ci sono persone che vivono con infiltrazioni di acqua e il rischio che l’acqua entri negli impianti elettrici e produca un cortocircuito oppure che devono rimanere dentro casa perché hanno paura che, una volta usciti, qualcuno andrà ad occupare il loro alloggio, o disabili che vivono bloccati ai piani alti perché non ci sono ascensori.
Queste situazioni dovrebbero avere una risposta immediata.
Purtroppo, però, perché si trovino le soluzioni, occorre che si creino le condizioni, che significa metterci dei soldi e poi spenderli per interventi adeguati.
Oggi, però, questi problemi sono tornati all’attenzione della politica e con la legge sulla casa sono stati messi in campo una serie di interventi per farvi fronte.
Come ricordato prima, la nuova legge prevede in totale 1 miliardo di euro, una parte dei quali serve anche per mettere a posto gli alloggi vuoti, che sono un problema anche per gli inquilini che vi abitano accanto, oltre che per chi aspetta di avere una casa; poi ci sono una parte di risorse che sono state messe nel Fondo Sostegno Affitti e sul Fondo per la morosità incolpevole, ci sono soldi per coprire la riduzione della cedolare secca.
Rimane il fatto che la casa, attualmente, è materia di competenza regionale e questo comporta il fatto che non possiamo dire che sono garantiti gli stessi diritti a tutti i cittadini dell’Edilizia Residenziale Pubblica passando da una Regione all’altra perché in alcune ci sono sistemi più efficienti e in altre no.
In alcune Regioni, ad esempio, ci sono sistemi basati su aziende comunali e non regionali e funzionano meglio perché c’è un rapporto diretto e una risposta diretta anche rispetto al consenso.
Il problema, poi, è che le Regioni hanno la competenza sul tema abitativo ma non ci mettono i soldi.
In Lombardia, insieme ai sindacati, avevamo verificato che se l’1% del bilancio regionale fosse stato destinato alle case popolari, avremmo risolto gran parte dei problemi (tenendo conto che si fa riferimento a grandi bilanci che spesso spendono l’80% sulla sanità mentre c’è una sottovalutazione del problema della casa).
La nuova legge torna a incentivare l’affitto, abbassando le tasse per chi affitta e interviene per incentivare il fatto che le case vengano messe in affitto a canoni concordati e perché vengano anche costruite case da mettere in affitto a canoni concordati.
Questa però non è la logica dei voucher su cui si continuano a spendere soldi.
Non sono ideologicamente contro i voucher ma quando succede ciò che è avvenuto in Regione Lombardia in cui si è fatto il voucher per aiutare le giovani coppie nell’acquisto della casa e il bando è stato vinto da una serie di famiglie che hanno il requisito di essere nullatenenti, mi domando come possano servire quei 1000 euro messi a disposizione ad acquistare la casa a dei nullatenenti.
Questi sono dei manifesti che, oltretutto, indicano una strada sbagliata.
A mio avviso, la strada da seguire è quella dell’incentivazione dell’affitto.
Dobbiamo anche renderci conto che il modello del Pubblico che trova i soldi da solo per costruire da solo le case popolari e assegnarle non regge perché non ci sono soldi a sufficienza e perché si rischia di non riuscire a costruire il mix sociale utile a evitare ghetti. Occorre, quindi, coinvolgere tutti i soggetti e fare un ragionamento su tutti gli alloggi sociali e non esclusivamente sull’Edilizia Residenziale Pubblica. Come “alloggi sociali”, quindi, occorre intendere tutti quegli alloggi messi a disposizione dal Pubblico o dalla cooperazione che rispondano all’esigenza di case ad affitto calmierato. Questo è il punto centrale e su questo si deve investire.
Un’altra questione riguarda la vendita degli alloggi.
Nella nuova legge non è scritto che bisogna vendere gli alloggi ma abbiamo inserito una norma che vincola la vendita degli alloggi esclusivamente a chi già vi risiede, garantendo comunque che chi non vuole comprare non venga mandato via.
In alcune Regioni è stato fatto un piano vendite e in Lombardia si è fatta la battaglia per evitare che venissero mandate via persone da condomini in cui si era incentivata la vendita degli alloggi.
Per capire questo aspetto, però, occorre domandarsi cosa sono le case popolari.
Sono l’opportunità abitativa che il Pubblico mette a disposizione dei cittadini in difficoltà finché sono in difficoltà o sono la casa garantita alle famiglie che sono in difficoltà finché vogliono restare lì e, spesso, anche tutta la vita?
Siccome, all’atto pratico, risultano essere questa seconda cosa e, di conseguenza, quegli alloggi non si libereranno perché ciascuno vuole restare nella casa che ha ottenuto e che magari nel frattempo si è anche sistemato spendendoci del proprio, dov’è lo scandalo se diciamo a quelle persone che abitano lì se, visto che resteranno in quella casa tutta la vita, la vogliono comprare?
Oggi, dati i tempi di crisi, probabilmente le domande di acquisto sono limitate ma, in anni passati, c’era chi desiderava avere la possibilità di comprarsi la casa popolare in cui risiedeva.
L’altra novità introdotta dalla legge è il fatto che i soldi ricavati dalla vendita degli alloggi popolari devono essere utilizzati per effettuare manutenzioni in altri alloggi in modo da poterli poi rendere disponibili e non per ripianare i bilanci degli enti gestori o altro.
C’è infine il tema dei costi delle spese di chi risiede nelle case popolari. Spesso gli abitanti delle case popolari vengono presentati come dei privilegiati perché spendono 20 o 40 euro al mese per l’affitto, dimenticando che quella situazione produce la mancanza di manutenzioni e di efficientamento energetico e questo comporta il fatto che poi le spese per l’inquilino possono arrivare a 250/300euro per questo.
Il tema della sostenibilità, quindi, non può essere limitato all’affitto ma deve valere anche per le spese.
Servirebbe, quindi, un fondo per aiutare gli inquilini delle case popolari a pagare le spese perché oggi sono queste la parte consistente dell’uscita e poi, ovviamente, occorre lavorare affinché queste spese si riducano e, quindi, realizzare tutti gli interventi necessari di efficientamento energetico degli edifici.
Cercheremo di fare questo all’interno della Legge di Stabilità.

Video dell’intervento»

Per seguire l'attività del senatore Franco Mirabelli: sito web - pagina facebook

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