Il governo mette fiducia perché la maggioranza è incagliata
Intervento di Beatrice Lorenzin in Aula al Senato.
Ciò è avvenuto sul Decreto Aiuti Quater anzitutto mostra che ci troviamo di fronte ad un fatto politico: sul provvedimento al nostro esame verrà posta la questione di fiducia, dopo quasi un mese di gestazione, quasi il parto di un elefante, di quello che doveva essere un decreto-legge molto semplice, che, definendosi decreto-legge aiuti, avrebbe dovuto portare un largo consenso e certamente non farci arrivare all'ultimo giorno utile di lavoro con la fiducia.
Se c'è un'anomalia in questo Parlamento, non sono certo le questioni pregiudiziali che attengono alle possibilità e al sindacato ispettivo di questo Parlamento e dei Parlamenti democratici, quanto piuttosto un uso della fiducia in base alla maggioranza che ha anche i numeri su una misura come questa. Si mette la fiducia perché sul superbonus al 110 per cento vi siete arenati e non avete risolto il problema dei debiti incagliati, né quello delle bollette; abbiamo praticamente la maggioranza incagliata al Senato, come alla Camera, e quindi vi state risolvendo i problemi.
Questo è il primo tema.
Mi rivolgo anche agli onorevoli colleghi: uno ha dieci minuti, ma non è detto che, se è contrario alla questione pregiudiziale, li debba utilizzare tutti, perché si rischia che sette minuti e mezzo dei dieci ci diano argomenti a noi per convincerci anche di cose sulle quali forse avevamo una posizione un pochino più morbida.
Secondo punto: la questione pregiudiziale, in sé, sull'ambiente. Signor Presidente, ho ascoltato attentamente le parole del collega Borghi: capisco che egli non ritenga la questione ambientale un tema storico, la sfida numero uno di questa generazione, non sono in Italia, ma sul pianeta, e la sfida numero uno dei nostri figli. Facciamocene però una ragione, a maggioranza ampia l'abbiamo messa in Costituzione, e quindi, quando ci sono interventi di particolare delicatezza che riguardano il futuro e la tenuta dell'ambiente del nostro Paese e dell'area mediterranea, è nostro dovere questo surplus di approfondimento in queste Aule. Se infatti non lo facciamo noi in queste Aule, non lo fa nessuno. È una cosa che attiene ai nostri doveri e non alle nostre possibilità.
Entriamo poi nel merito. Il provvedimento presenta moltissime questioni importanti, ma il punto sollevato dal senatore De Cristofaro e dagli altri firmatari ci permette di intervenire sui temi dell'ambiente, all'articolo 4 del decreto-legge, e in particolare su una questione che coinvolge le nostre vite ormai da quando è scoppiata purtroppo la drammatica guerra tra la Russia e l'Ucraina, ossia l'approvvigionamento e il fabbisogno del gas nel nostro Paese. Ci interroga sulle nostre strategie: nessuno tra i banchi del Partito Democratico è contrario a mix energetici che ci permettano di realizzare la transizione ecologica, che è comunque l'obiettivo che dobbiamo raggiungere e su cui non possiamo tornare indietro. Tutto l'impegno del Governo precedente, in cui erano presenti anche esponenti della maggioranza attuale, è stato portato al fine di ottenere una diversificazione del mix energetico e di spingere sulle rinnovabili, ma anche di aumentare la produzione del gas degli impianti estrattivi già esistenti nel nostro Paese.
Certamente però qui ci troviamo di fronte a qualcosa su cui si è verificata una totale assenza nel dibattito politico del Paese, cioè quello che avviene nel delta del Po e nella laguna di Venezia. Abbiamo una questione importantissima dal punto di vista della sostenibilità del bacino del Po, delle questioni che riguardano la siccità e di quelle tecniche che riguardano l'abbassamento degli alvei, perché della salinizzazione dei terreni e del problema dell'agricoltura di quell'area, ma anche della tenuta di tutte le aree sabbiose e paludose dell'area del bacino di Venezia. Non è una questione banale, perché ricordo che su di essa sul piano politico trasversalmente ci siamo espressi contrari noi, ma anche il presidente Zaia, alla luce delle relazioni e delle analisi tecniche condotte dagli uffici regionali del Veneto, che certamente non possono essere accusati di essere tutti sinceri democratici.
C'è però un tema che riguarda l'evidenza tecnico-scientifica sulla tenuta di una delle aree più preziose del Mediterraneo, che è quella della laguna veneta e del delta del Po, a cui è collegata un'economia di scala e di filiera (allevamenti, agricoltura e risaie) che ha un valore molto superiore rispetto a quello limitato di questo specifico giacimento.
Ci asterremo quindi sulla questione pregiudiziale in oggetto, per quel che riguarda la tenuta e il concetto stessi del decreto-legge aiuti che stiamo andando a convertire in legge, ma non possiamo non esprimere la nostra preoccupazione e la nostra contrarietà al metodo, alla forma e alla sostanza con cui il Governo sta procedendo su questi temi, a colpi di decreti-legge, senza un surplus di dibattito tecnico, in modo sordo e cieco rispetto alle preoccupazioni di esponenti importanti della sua stessa maggioranza, non solo dell'opposizione.
Qui è in gioco, infatti, non l'interesse di un piccolo principio di una parte politica, ma il futuro dell'ambiente e della sostenibilità ambientale della nostra Nazione.
Ciò è avvenuto sul Decreto Aiuti Quater anzitutto mostra che ci troviamo di fronte ad un fatto politico: sul provvedimento al nostro esame verrà posta la questione di fiducia, dopo quasi un mese di gestazione, quasi il parto di un elefante, di quello che doveva essere un decreto-legge molto semplice, che, definendosi decreto-legge aiuti, avrebbe dovuto portare un largo consenso e certamente non farci arrivare all'ultimo giorno utile di lavoro con la fiducia.
Se c'è un'anomalia in questo Parlamento, non sono certo le questioni pregiudiziali che attengono alle possibilità e al sindacato ispettivo di questo Parlamento e dei Parlamenti democratici, quanto piuttosto un uso della fiducia in base alla maggioranza che ha anche i numeri su una misura come questa. Si mette la fiducia perché sul superbonus al 110 per cento vi siete arenati e non avete risolto il problema dei debiti incagliati, né quello delle bollette; abbiamo praticamente la maggioranza incagliata al Senato, come alla Camera, e quindi vi state risolvendo i problemi.
Questo è il primo tema.
Mi rivolgo anche agli onorevoli colleghi: uno ha dieci minuti, ma non è detto che, se è contrario alla questione pregiudiziale, li debba utilizzare tutti, perché si rischia che sette minuti e mezzo dei dieci ci diano argomenti a noi per convincerci anche di cose sulle quali forse avevamo una posizione un pochino più morbida.
Secondo punto: la questione pregiudiziale, in sé, sull'ambiente. Signor Presidente, ho ascoltato attentamente le parole del collega Borghi: capisco che egli non ritenga la questione ambientale un tema storico, la sfida numero uno di questa generazione, non sono in Italia, ma sul pianeta, e la sfida numero uno dei nostri figli. Facciamocene però una ragione, a maggioranza ampia l'abbiamo messa in Costituzione, e quindi, quando ci sono interventi di particolare delicatezza che riguardano il futuro e la tenuta dell'ambiente del nostro Paese e dell'area mediterranea, è nostro dovere questo surplus di approfondimento in queste Aule. Se infatti non lo facciamo noi in queste Aule, non lo fa nessuno. È una cosa che attiene ai nostri doveri e non alle nostre possibilità.
Entriamo poi nel merito. Il provvedimento presenta moltissime questioni importanti, ma il punto sollevato dal senatore De Cristofaro e dagli altri firmatari ci permette di intervenire sui temi dell'ambiente, all'articolo 4 del decreto-legge, e in particolare su una questione che coinvolge le nostre vite ormai da quando è scoppiata purtroppo la drammatica guerra tra la Russia e l'Ucraina, ossia l'approvvigionamento e il fabbisogno del gas nel nostro Paese. Ci interroga sulle nostre strategie: nessuno tra i banchi del Partito Democratico è contrario a mix energetici che ci permettano di realizzare la transizione ecologica, che è comunque l'obiettivo che dobbiamo raggiungere e su cui non possiamo tornare indietro. Tutto l'impegno del Governo precedente, in cui erano presenti anche esponenti della maggioranza attuale, è stato portato al fine di ottenere una diversificazione del mix energetico e di spingere sulle rinnovabili, ma anche di aumentare la produzione del gas degli impianti estrattivi già esistenti nel nostro Paese.
Certamente però qui ci troviamo di fronte a qualcosa su cui si è verificata una totale assenza nel dibattito politico del Paese, cioè quello che avviene nel delta del Po e nella laguna di Venezia. Abbiamo una questione importantissima dal punto di vista della sostenibilità del bacino del Po, delle questioni che riguardano la siccità e di quelle tecniche che riguardano l'abbassamento degli alvei, perché della salinizzazione dei terreni e del problema dell'agricoltura di quell'area, ma anche della tenuta di tutte le aree sabbiose e paludose dell'area del bacino di Venezia. Non è una questione banale, perché ricordo che su di essa sul piano politico trasversalmente ci siamo espressi contrari noi, ma anche il presidente Zaia, alla luce delle relazioni e delle analisi tecniche condotte dagli uffici regionali del Veneto, che certamente non possono essere accusati di essere tutti sinceri democratici.
C'è però un tema che riguarda l'evidenza tecnico-scientifica sulla tenuta di una delle aree più preziose del Mediterraneo, che è quella della laguna veneta e del delta del Po, a cui è collegata un'economia di scala e di filiera (allevamenti, agricoltura e risaie) che ha un valore molto superiore rispetto a quello limitato di questo specifico giacimento.
Ci asterremo quindi sulla questione pregiudiziale in oggetto, per quel che riguarda la tenuta e il concetto stessi del decreto-legge aiuti che stiamo andando a convertire in legge, ma non possiamo non esprimere la nostra preoccupazione e la nostra contrarietà al metodo, alla forma e alla sostanza con cui il Governo sta procedendo su questi temi, a colpi di decreti-legge, senza un surplus di dibattito tecnico, in modo sordo e cieco rispetto alle preoccupazioni di esponenti importanti della sua stessa maggioranza, non solo dell'opposizione.
Qui è in gioco, infatti, non l'interesse di un piccolo principio di una parte politica, ma il futuro dell'ambiente e della sostenibilità ambientale della nostra Nazione.