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Milano bene comune

Written by La Stampa.

Articolo pubblicato da La Stampa.

A vedere gli scatti in bianco e nero e a colori alternati sulle pareti del “Centro Culturale di Milano”, l’impressione è che non si tratti della stessa città. Ma questa, forse, è proprio l’idea alla base della curatela di “Milano Bene Comune”, interessante e articolata rassegna di fotografia sui cambiamenti di Milano negli ultimi decenni prodotta dal Circolo Fotografico Milanese, il più antico della metropoli.
Come racconta la curatrice Cristina Quadrio Curzio all’opening: «Milano nasconde profonde contraddizioni, ancora più sorprendenti vista la sua nomea di città bigia e ordinata, con gli abitanti che camminano svelti e lo sguardo sulle scarpe. Queste contraddizioni fino a pochi anni fa erano appannaggio di città come Roma, Napoli e Palermo… non di questa sobria e composta signora adagiata sulla umida Pianura Padana. C’è da restarne stupiti».
La mostra non ha un focus univoco e ha come input i 17 punti dell’Onu per il decennio 2020-2030, in cui vengono delineati i criteri per un futuro migliore e sostenibile delle città. In questo contesto, Milano è la metropoli italiana che più è coinvolta da problematiche ambientali, ma anche di sostenibilità per la vita e il tessuto di una società altamente produttiva. Alla luce di queste problematiche, lo scopo di “Milano Bene Comune” è «indagare con la lente del medium fotografico interpretato da diversi fotografi, come cambia negli anni il rapporto tra Milano e i suoi abitanti: la città è troppo spesso usata e poco vissuta e accudita, mentre ne avrebbe molto bisogno».
Ma non solo: c’è «la volontà di testimoniare, attraverso una narrazione a più voci, i cambiamenti del profilo e dello spazio urbano milanese, delle attività sostenibili e a carattere circolare, dell’attività sociale, degli stili di vita e dei comportamenti personali, così come i pregi e i difetti dell’azione civica a tutti i livelli».
Anche scorrendo le foto selezionate, molte significative, non emerge un momento preciso in cui il mito della città ordinata e tristanzuola ha cominciato a vacillare. Anche perché già nel primo Dopoguerra Milano era la città della cultura, degli artisti, della grande editoria culturale, per non parlare dell’importanza e della portata delle filiere della moda e del design. Insomma, l’intellighenzia meneghina era già presente ma forse se c’è un momento di passaggio definitivo di percezione della città come città non solo operosa ma anche bella e divertente da vivere è stato con la trasformazione di piazzale Cadorna e la colorata (e controversa all’epoca) scultura “Ago, filo e nodo” dei coniugi Claes Oldenburg-Coosje van Bruggen all’alba del nuovo Millennio.
Nelle nove sezioni vengono osservati i cambiamenti degli ultimi trent’anni. “Giungla urbana” racconta il lato caotico e sempre più invivibile della città. “Milano a colori”, impressionante, testimonia come nel recente passato Milano sia diventata un contenitore caleidoscopico e palestra di architetture avanguardistiche. In “Cascine” ecco ciò che resta dell’antica vocazione agricola, mentre in “Botteghe storiche” e “Artigiani storici” la trasformazione dei mestieri di una volta in pratiche di eccellenza. E poi le "Biblioteche", con la Sormani in primis, polmone culturale secolare della città.
La mostra, sponsorizzata da SIF Italia e Power Point Car, è visitabile fino al 3 novembre (tutte le info sul sito www.circolofotograficomilanese.it) e include un centinaio di fotografie di medio formato, tutte rigorosamente di fotoamatori milanesi soci del Circolo: «Una curatela diversa avrebbe puntato su fotografi professionisti, ma lo scopo della mostra è favorire la percezione della città come patrimonio collettivo da valorizzare, e quindi gli scatti dei validissimi fotoamatori del Circolo sono la più libera espressione dell’amore per Milano espresso attraverso il mezzo fotografico», chiosa Quadrio Curzio.
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