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Il ruolo del PD nell'attuale situazione politica

Scritto da Franco Mirabelli.

Franco Mirabelli Intervento di Franco Mirabelli ad Abbiategrasso (video).

Credo che abbiamo bisogno di ritornare a parlare guardandoci negli occhi e abbiamo bisogno di fare il punto perché abbiamo bisogno anche che ci sia un partito orgoglioso delle cose che sta facendo il Governo anche grazie al PD.
Questo non vuol dire che tutto va bene ma non sono neanche vere le campagne di stampa che continuano a presentare il Governo come un soggetto in perenne fibrillazione, che pensa più agli scenari del dopo invece che a ciò che occorre oggi, a prescindere dalle cose che si fanno.
Quelle campagne sono anche il segno che c’è un’operazione politica di una parte della classe dirigente del Paese, non solo dell’opposizione, che tende a screditare questo Governo.
Siamo al Governo ormai da un anno.
Un anno fa abbiamo scelto di andare al Governo con chi avevamo combattuto fino a poco prima e, quindi, si tratta di una cosa molto difficile e lo abbiamo fatto convinti che bisognasse impedire una deriva che avrebbe portato l’Italia fuori dall’Europa e che avrebbe fatto del male al nostro Paese.
Abbiamo fatto tutto questo facendo tutti uno sforzo, con la consapevolezza di essere in una situazione di minorità in Parlamento, già prima della scissione.
I parlamentari di M5S sono molti di più di quelli del PD, hanno una rappresentanza molto più grande della nostra e, nonostante questo, abbiamo deciso di misurarci.
Abbiamo preso in mano le sorti del Paese perché il Ministro dell’Economia è del PD e la credibilità che abbiamo ricostruito in Europa è grazie al PD, così come sono del PD il Commissario Europeo all’Economia e il Presidente del Parlamento Europeo.
Stiamo, quindi, dando un contributo importante al futuro di questo Paese.
Circola una discussione surreale sulla subalternità del PD a M5S ma, al di là del dato numerico, faccio fatica a vederla.
Quando siamo andati al Governo, abbiamo detto che con la prima Legge di Bilancio si sarebbe dovuto mettere al centro il tema del lavoro e abbiamo tagliato il cuneo fiscale ad una parte importante dei lavoratori dipendenti del Paese.
Abbiamo riportato l’Italia in Europa e abbiamo ridato credibilità al Paese e se c’è qualcuno che ha cambiato idea su questo, che è un tema fondamentale per il futuro del Paese, sono stati i Cinque Stelle.
Grazie alla nostra azione politica, abbiamo fatto cambiare opinione a M5S e lo abbiamo schierato in un campo diverso. Questo è stato ciò che ci ha consentito di cambiare ruolo in Europa.
Questo è un risultato importante.
Restano, certamente, ancora molte cose da fare.
Uno dei temi che viene evocato più spesso è quello dei Decreti Salvini: adesso c’è un accordo di Governo e li cambieremo.
Già oggi, però, possiamo dire che se pensiamo alla gestione dell’immigrazione e degli sbarchi fatta un anno fa da Salvini e guardiamo a come questo Governo e il Ministro Lamorgese stanno governando il fenomeno in una fase ancora più difficile, perché c’è il coronavirus, mi pare che ci sia una differenza evidente e concreta, al di là della revisione dei Decreti che poi faremo. Concretamente stiamo facendo le cose in modo diverso da come venivano fatte dal Governo giallo-verde.

Cosa sarebbe successo se al Governo del Paese ci fosse stato Salvini durante la pandemia.
Abbiamo visto cos’è successo dove hanno governato quelli che la pensano come Salvini.
Cosa sarebbe successo oggi, di fronte alla crisi economica originata dal covid?
È grazie al nostro lavoro che si è ottenuto dall’Europa il mettere in campo una serie di strumenti assolutamente inediti per aiutare i Paesi di fronte al covid: i soldi del Sure per la cassa integrazione; il Recovery Fund con 209 miliardi per prestiti e finanziamenti a fondo perduto su progetti per rilanciare il nostro Paese. Sono battaglie che abbiamo fatto noi. Se ci fosse stato Salvini, con quale credibilità avrebbe potuto chiedere risorse all’Europa? Salvini non le avrebbe neanche chieste.
Oggi abbiamo ricostruito una prospettiva anche grazie al fatto che, con la credibilità che abbiamo avuto, siamo riusciti a capire che questo era il momento in cui l’Europa doveva disfarsi dei panni del soggetto che si limitava a far rispettare le regole burocratiche ma doveva occuparsi del presente e del futuro dei cittadini.
Questo è ciò che siamo riusciti a fare e si tratta di risultati importanti.
Bisognerebbe raccontare di più ciò che i giornali hanno raccontato poco.
Abbiamo fatto un congresso in cui il tema conduttore era che non bisognava lasciare nessuno da solo di fronte alle difficoltà. Il covid ha prodotto difficoltà grandissime per tante famiglie e nessuno è stato lasciato solo.
Sono stati fatti molti interventi per la cassa integrazione e per i bonus. Eravamo in emergenza e abbiamo dovuto fare scelte drastiche che hanno portato a non mettere dei tetti, per cui le risorse potevano arrivare a tutti, e lo abbiamo fatto con delle strutture che non erano adeguate.
I lavoratori autonomi non hanno mai avuto alcuna tutela prima d’ora.
È evidente che c’è stato qualche ritardo: abbiamo affrontato queste situazioni con strumenti che servivano per altro.
Abbiamo saputo affrontare per primi la pandemia e salvaguardare la vita di tante persone e questo ci è stato riconosciuto nel mondo.
La scelta del lockdown o altre scelte che altri Paesi non hanno fatto e che oggi stanno pagando, ci fanno dire che il nostro Paese ha saputo affrontare la pandemia e tutt’ora la sta affrontando.
Dobbiamo, quindi, avere un po’ più di orgoglio per le cose fatte e le abbiamo fatte soprattutto grazie al Partito Democratico. Non dimentichiamoci, dunque, di raccontare anche quello che abbiamo fatto.

Adesso abbiamo di fronte una sfida significativa perché il Recovery Fund è una straordinaria opportunità ma non per dare soldi a pioggia e non per riorganizzare il Paese esattamente com’era prima del covid.
Il Recovery Fund serve per affrontare le sfide del futuro: digitalizzazione, economia verde, una sanità territoriale più efficace e più forte, un sistema dell’istruzione e della ricerca più all’altezza delle sfide del futuro.
Lì c’è un patrimonio che può cambiare in meglio la vita del Paese e delle persone.
Questa è la vera sfida che abbiamo di fronte adesso.
Se perdiamo questa occasione, e possiamo perderla è perché non siamo capaci e non ne capiamo la portata o perché la politica italiana si dedica ad altro.
Questa è la dimensione che dobbiamo affrontare ed è una straordinaria opportunità.
Così come è una grande opportunità il MES e su questo continueremo ad insistere perché si tratta di molti soldi concessi a interessi molto più bassi rispetto a quelli con cui paghiamo normalmente il debito.
Questi soldi, anche alla luce della pandemia, possono essere usati davvero per attrezzare la sanità.

Domenica e lunedì ci sarà un appuntamento importante che è quelle delle elezioni regionali. Ovunque il PD si presenta come l’alternativa alla destra sovranista che, anche in una fase drammatica come quella che abbiamo attraversato, preferisce agitare i problemi anziché contribuire a risolverli.
Questa è la cifra su cui noi dobbiamo continuare a battere.
C’è una destra che continua ad agitare i problemi e noi cerchiamo di risolverli.
Sulla riapertura delle scuole non è arrivata neanche una proposta dalla destra: hanno semplicemente agitato i problemi nella speranza che non funzionasse niente e ci fosse un disastro.
Noi ci siamo dedicati a cercare di risolvere i problemi, sapendo che sono problemi grandi e inediti, che in nessun Paese del mondo si è ancora riusciti a risolvere.
Sicuramente l’apertura delle scuole andrà molto meglio di come hanno raccontato Salvini e Meloni.
Il primo appuntamento, quindi, saranno le elezioni regionali e spero che avremo un risultato positivo, soprattutto dove abbiamo governato e dove dobbiamo valorizzare anche il lavoro dei nostri Presidenti.
È evidente che avremmo voluto che la maggioranza di Governo - per cui nessuno ha mai chiesto ha un’alleanza organica - si presentasse coesa a contrastare la destra, pur comprendendo alcune difficoltà che ci sono in alcune realtà.
Uno sforzo maggiore per provare a far prevalere la necessità di stare insieme per battere i sovranisti e la destra sarebbe stato utile.

Si vota, però, anche per il referendum per la riduzione del numero dei parlamentari.
Pensiamo tutti che il taglio dei parlamentari non possa essere giustificato con l’antipolitica, caricata di significati come quelli attribuiti all’inizio, cioè il ridurre i parlamentari per ridurre i costi, come se la politica e la democrazia fossero un costo.
È chiaro che questo, comunque si scelga di votare, per noi è inaccettabile e sbagliato e per questo abbiamo votato contro in Parlamento per tre volte.
C’è stato, però, un fatto nuovo, si è costituito il Governo e questo ci ha dato un’opportunità, cioè quella di inserire il tema della riduzione dei parlamentari dentro ad un altro contesto, non quello dell’antipolitica ma della costruzione di un sistema di riforme costituzionali che migliorasse l’efficienza delle istituzioni e, quindi, abbiamo accettato di votare a favore nell’ultima lettura parlamentare in cambio di lavorare insieme per portare l’età di chi vota al Senato a 18 anni (legge approvata recentemente), cambiare il sistema elettorale del Senato e togliere la base regionale, creare un sistema per avere la stessa base elettorale per Camera e Senato e, quindi, togliere un problema che ha pesato sempre per il Paese e cioè che platee elettorali diverse portassero anche a maggioranze diverse, rendendo difficile la governabilità.
Queste sono tutte cose su cui abbiamo già fatto un accordo e le si stanno portando avanti.
È da poco stato incardinato anche il testo base della legge elettorale alla Camera dei Deputati.
Il taglio dei parlamentari diventa, quindi, un primo passo di un percorso che stabilisce una serie di altri interventi per migliorare il lavoro delle istituzioni.
Non è la riforma che vorremmo.
Non è la riforma del bicameralismo paritario come l’abbiamo pensata e come vorremmo portarla avanti, così come deciso nella Direzione Nazionale del PD.
Del referendum non se ne sentiva il bisogno, anche perché la legge per la riduzione del numero dei parlamentari è stata approvata con il 92% dei consensi in Parlamento e non c’era bisogno del referendum confermativo. Si è voluto fare il referendum a tutti i costi con il risultato che torniamo di nuovo su una questione che richiama l’antipolitica mentre invece nei mesi precedenti c’era stato un po’ di recupero di credibilità da parte delle istituzioni, anche per il modo in cui hanno affrontato la pandemia e questo aveva un po’ attenuato la spinta all’antipolitica.
Il referendum, dunque, ci riporta a discutere sul terreno dell’antipolitica.
Il no, però, potrebbe diventare la tomba di qualsiasi possibilità di riforma che noi riteniamo opportuna.
Chi viene dalla sinistra sa che è dagli anni ’70 che si parla di ridurre i parlamentari. Nell’ultima campagna referendaria, molti di noi hanno dato volantini con scritto che la nostra riforma avrebbe ridotto il numero dei parlamentari. Se ora dicessimo no, sembreremmo contraddittori con tutto il nostro percorso ma soprattutto elimineremmo ogni prospettiva di riforma.
Il sì, invece, è un primo passo per fare una serie di riforme e per raccogliere anche una spinta che viene dai cittadini e che chiede una politica che cambi.
Non è un percorso semplice ma credo che sia la scelta che dobbiamo fare.
Oggi si può compiere il primo passo per fare una serie di altre riforme, che servono a far funzionare meglio le istituzioni. Questo è anche parte di un quadro politico generale, in quanto fa parte di un accordo di Governo - che pretendiamo che anche gli altri rispettino - e, quindi, che dobbiamo rispettare anche noi.
Con questa lettura credo che il voto sul referendum diventi meno traumatico per noi e la prospettiva che abbiamo è quella di dare più forza alla maggioranza di Governo per prendere il Recovery Fund e per fare i progetti per il futuro e ridare al Paese la speranza e lo slancio che in gran parte si è indebolito con la pandemia.

Video dell'inetervento»  

Il Decreto Semplificazioni, che abbiamo approvato di recente, aiuta molto sulla questione delle infrastrutture, per la messa a terra di tanti finanziamenti che ci sono e che non riuscivano ad arrivare per aprire i cantieri a causa delle lentezze della burocrazia, perché i dirigenti degli uffici tecnici facevano fatica a firmare.
Abbiamo, quindi, fatto un decreto che consente di accelerare i tempi, che consente di garantire a chi non delinque un minimo di protezione quando firma ma che anche chiede a tutti di garantire tempi rapidi e, dunque, di assumersi la responsabilità quando è giusto firmare i permessi perché è un dovere.
Sulla questione degli appalti e delle infrastrutture abbiamo fatto una serie di scelte, come quella di prevedere dei commissari straordinari per le grandi opere: tutte le opere che riguardano le ferrovie e quelle infrastrutturali.
Abbiamo fatto la scelta anche di velocizzare le procedure per gli appalti sotto e sopra soglia.
Personalmente ho seguito i lavori su questa legge e sono molto orgoglioso del fatto che tutte queste cose siano state fatte senza rinunciare alla legalità.
Uno dei concetti più volte espressi da Salvini era quello che bisognava fare le opere in fretta e per questo bisognava sospendere il Codice Antimafia e il Codice degli Appalti.
Invece, abbiamo fatto norme importanti per accelerare e per sburocratizzare, senza ridurre le tutele di legalità ma, anzi, adeguando la necessità di fare in fretta con la necessità di garantire la legalità.
In quel decreto ci sono norme che possono aiutare a migliorare le città e a fare in modo che riprenda l’edilizia, perché diamo la possibilità di abbattere e ricostruire gli edifici senza dover chiedere permessi particolari ma semplicemente considerando gli interventi come delle ristrutturazioni. Questo, unitamente al superbonus del 110%, serve anche ad accelerare la ripresa del settore dell’edilizia.
Tutte queste cose dobbiamo rivendicarle: non piovono dal cielo.
Anche la scelta di mettere i tavolini fuori dai bar non è dei sindaci ma è dovuta ad una legge nazionale che è stata fatta subito durante l’emergenza per aiutare i commercianti, dando la possibilità di utilizzare uno spazio esterno pari al 30% del loro locale.
Noi abbiamo fatto la digitalizzazione della Pubblica Amministrazione, che tra qualche mese comincerà a dare frutti, cioè le imprese e le famiglie potranno avere i certificati direttamente da casa e dialogare con la Pubblica Amministrazione in maniera più rapida e veloce.
Questo dobbiamo cominciare a raccontarlo.

Video del Secondo intervento»  

Continuo a pensare che il referendum sia un’occasione per avviare altre riforme che riteniamo necessarie, dopo il passaggio della riduzione dei parlamentari.
Una vittoria del no sarebbe l’ennesima sconfitta di un tentativo di cambiare qualcosa e credo, quindi, che poi per molti anni non arriverebbero altri tentativi di riformare la Costituzione che, invece, è necessario.
La Costituzione ha bisogno di essere aggiornata.
Credo che sarebbe stato meglio evitare il referendum e penso che abbiano sbagliato anche i nostri parlamentari che lo hanno promosso perché si è nuovamente spostata la discussione sull’antipolitica.
Lega e centrodestra hanno votato a favore della riduzione dei parlamentari in Parlamento mentre ora fanno campagna per il no perché, come al solito, non guardano al merito ma cercano di usare questo referendum contro il Governo.
Non credo che per iniziare a cambiare qualcosa occorra aspettare di avere una riforma complessiva della Costituzione, anche perché lo abbiamo già tentato in passato ed è stata bocciata. È successo a noi nel 2016 con la riforma di Renzi ed è successo anni prima al centrodestra.
Penso, quindi, che sia più utile fare una serie di riforme che, passo passo, arrivino a modificare in meglio la Costituzione. I cittadini lo hanno espresso per già due referendum di seguito che la riforma complessiva non la vogliono, si presta a strumentalizzazioni e ad accreditare manovre antidemocratiche.
Sicuramente siamo arrivati tardi con la discussione sul referendum e potevamo gestirla meglio, però, prima di partire ciascuno a dire la propria, bisogna anche cercare di trovare una condivisione su alcuni punti.

Riguardo al rapporto tra i giovani e il PD, penso che in generale il rapporto tra i giovani e la politica sia, giustamente, molto complicato. I giovani, in questi anni, hanno avuto poco dalla politica e dalle istituzioni.
Il Governo precedente ha fatto scelte che colpiscono direttamente le giovani generazioni. Le risorse impiegate in Quota 100 o nel reddito di cittadinanza sono state sottratte ai giovani.
Noi abbiamo cominciato a fare una serie di interventi per facilitare l’accesso al lavoro dei giovani ma ci vorrà molto tempo per recuperare.
La possibilità di far votare i 18enni anche per il Senato, nel momento in cui si vanno a ridurre i parlamentari, è un segnale positivo mandato ai giovani.
Il PD è una straordinaria comunità, figlia dell’incontro tra culture riformiste che hanno alla base l’idea di assumersi la responsabilità di lavorare per risolvere i problemi concreti dei cittadini e di pensare al futuro del Paese e dell’Europa.
La questione europea, infatti, è dirimente e può esserlo anche per i giovani.
Dire che il PD è un partito europeista non è un fatto secondario.
Siamo il partito che ha riportato l’Italia in Europa, abbiamo ridato credibilità all’Italia in Europa.
Siamo un partito che pensa ad un futuro democratico nella dimensione europea perché pensa che l’Europa sia la sede in cui affrontare e risolvere i problemi.
Anche rispetto al tema dell’immigrazione, il PD pensa che ci voglia una politica europea fatta di solidarietà internazionale, di promozione dello sviluppo nei Paesi dell’Africa e di un’Europa che solidalmente si assume la responsabilità di governare i flussi migratori.
Anche se non abbiamo ancora modificato i Decreti Salvini, su cui abbiamo già raggiunto un accordo per farlo, c’è un patto di Malta che sta producendo effetti positivi, perché ci sono sempre più Paesi che si fanno carico di affrontare il tema del governo dei flussi migratori.
Oggi non stanno più arrivando centinaia di migranti nelle nostre città perché è in campo un’iniziativa europea.
Se dovessi spiegare a un giovane che cos’è il PD, direi che è il partito che, in un momento difficilissimo per il Paese, guarda all’interesse dell’Italia e, anziché agitare i problemi, cerca di contribuire a risolverli, in un quadro molto difficile. Ormai parlare male del PD è lo sport nazionale ma proviamo a spostare l’attenzione sulle cose concrete e pensiamo a ciò che sarebbe successo nel Paese senza il PD e senza questo Governo, soprattutto in una fase emergenziale come quella che stiamo attraversando.

Video del Terzo intervento»  

C’è una questione molto seria, che ci dà il senso anche di qual è la mission della politica, di un partito e di un Governo da qui ai prossimi anni e qual è lo spazio che dobbiamo aprire alle donne e ai giovani per progettare insieme il futuro.
Il punto non è solo lo smart working: dev’esser chiaro, infatti, che quell’esperienza iniziata nei mesi del lockwdown e che non si chiuderà completamente, produce un mutamento molto serio quasi come quello che ci fu quando chiusero le grandi fabbriche e si riconvertirono pezzi di economia sul terziario.
Le nostre città sono organizzate in un certo modo anche perché ci sono gli uffici, i servizi in presenza e i lavoratori e attorno a questo nascono ristornati e bar e una serie di attività.
Già oggi sappiamo che nei centri delle grandi città questo sistema non regge più perché, essendo molti lavoratori in smart working, resta fuori tutto l’indotto.
C’è, quindi, il tema di come riorganizzare le città e la vita e di come sfruttare un’opportunità che potrebbe però anche diventare un problema se non gestita. Questo è un tema molto serio su cui la politica si deve misurare.
Nel Decreto Semplificazioni abbiamo fatto un emendamento, in accordo con ANCI, per affrontare il tema della mobilità nelle nostre città. Il rischio, infatti, è che il covid, in seguito alla preoccupazione delle persone di utilizzare i mezzi pubblici, produca il fatto che tutto si sposti sul ritorno all’utilizzo del mezzo privato, con tutto quello che comporta in termini di traffico e inquinamento.
Con l’emendamento che abbiamo presentato, di fatto, abbiamo cambiato il Codice della Strada, mettendo in campo una serie di misure possibili che i Comuni possono attuare per favorire la mobilità su altri mezzi (biciclette ecc.) e anche per avvicinare i servizi alle abitazioni, o poter chiudere al traffico le strade dove ci sono le scuole per evitare gli ingorghi che possono creare problemi.
Tutto questo cambierà le città.
La politica deve essere capace di governare queste trasformazioni.
Il Recovery Fund deve servire anche a questo: a consentirci di scegliere una strada per riorganizzare il mercato del lavoro e di ciò che sta intorno.
Questo ragionamento è interessante fatto anche dal punto di vista delle donne e dei giovani.
Complessivamente, questa è la sfida che la politica ha di fronte nei prossimi anni, a meno che non pensiamo che, finito il covid, è possibile che tutto torni come prima.

Nella discussione sul referendum, spesso, c’è un non detto che dobbiamo raccontarci: nel 2016 i manifesti della nostra campagna referendaria erano quelli che dicevano che volevamo tagliare i parlamentari e ridurre i costi della politica.
La spinta a considerare la politica come qualcosa su cui intervenire per ridurre i parlamentari e ridurre i costi, l’abbiamo assecondata. Il finanziamento pubblico ai partiti è stato abolito definitivamente dal Governo Letta, non da altri.
Fatico, quindi, a comprendere come si possa presentarsi dagli elettori a dire che votiamo no.
Non mi stupisce che al nostro interno ci siano posizioni diverse sul referendum, c’erano anche nel 2016, il problema è come si esprimono e avere rispetto e consapevolezza di qual è la posizione del partito, che è stata anche votata a larghissima maggioranza in direzione.
Non bisogna confondere una scelta personale legittima con una scelta ponderata che non può essere banalizzata come segno di subalternità a M5S.
Discutiamo sul merito delle cose ma smettiamola con l’idea della subalternità del PD a M5S.
Oggi i Cinque Stelle sono nostri alleati: non possiamo sempre avere il retropensiero che sono i nostri nemici perché questo non aiuta né il PD né il Paese.

Video del Quarto intervento» 

Per seguire l'attività del senatore Franco Mirabelli: sito web - pagina facebook

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