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Il decreto sicurezza è un manifesto di propaganda che non garantisce più sicurezza ai cittadini

Scritto da Franco Mirabelli.

Franco Mirabelli
Intervento in Senato in qualità di relatore di minoranza del "decreto sicurezza" (video).

Illustro la relazione di minoranza presentata dal Gruppo Partito Democratico in Commissione Affari Costituzionali partendo da una considerazione.
Abbiamo fatto una lunga discussione su questo decreto.
L'abbiamo approfondito avvalendoci anche di un nutrito numero di competenze che abbiamo audito in Commissione. Nel testo finale che arriva oggi in Aula, però, di quei contributi non troviamo nulla, così come troviamo pochissimo dei contributi dati dai Gruppi Parlamentari nella discussione in Commissione.
Abbiamo ascoltato competenze che ci hanno fatto rilievi puntuali sulla costituzionalità di alcune norme, sulla inopportunità di altre e registriamo che nulla di tutto ciò è stato raccolto in questo testo.
D'altra parte, non poteva che essere così perché questo decreto è, in realtà, un manifesto politico e non una legge. Non è il tentativo di introdurre in un decreto norme che garantiscano più sicurezza ai cittadini perché non ci sono norme di questo tipo: non ci sono soldi per la videosorveglianza e per le Forze dell'ordine; non ci sono strumenti per rendere più rapidi i respingimenti. Non c'è nulla di tutto ciò.
È un manifesto che indica delle priorità e dà un messaggio rispetto ad alcune priorità; confonde il tema del governo dell'immigrazione con il tema dell'insicurezza e temo che, su questo punto, il giudizio su questo decreto non sarà solo quello di un decreto inutile.
Sul punto dell'immigrazione e dal punto di vista della sicurezza questo decreto sarà dannoso; aumenterà l'insicurezza, il disordine e la clandestinità.
Non volete governare il fenomeno dell'immigrazione sulla base di norme; con questo decreto volete lanciare un messaggio fuori da noi.
Vi illudete di spiegare a persone che scappano dalla fame e dalla disperazione che, siccome qui ci sono delle norme brutte che rendono la vita difficile per gli immigrati, è meglio che non vengano.
Per fare questo si introducono una serie di norme assolutamente incomprensibili dal punto di vista del governo dell'imminigrazione.
Volete spaventare e per raggiungere questo obiettivo fate sì che chi paga siano alcune categorie. Innanzitutto, chi arriva qui - che abbia o meno diritto - viene sottoposto a un calvario, di cui francamente non c'è bisogno.
Inoltre, riducendo le motivazioni per il permesso umanitario succede che, quando il decreto sicurezza sarà in vigore, coloro che sono in Italia con uno di questi permessi, concesso perché in questi anni hanno lavorato, studiato, si sono fatti una famiglia o, magari, una casa, quando andranno a rinnovare il permesso non sarà concesso e sarà detto a queste persone che devono tornare a casa.
La scelta sarà tornare a casa o, più probabilmente, essendo soggetti che hanno un lavoro, una casa o una famiglia, entrare in clandestinità e restare in Italia con una posizione di irregolarità.
Non mi pare che questo dia più sicurezza ai cittadini. Non mi pare che si crei una convivenza civile migliore nella clandestinità.
Voglio, però, introdurre un altro tema. L'idea che questo sia un Paese che respinge gli immigrati e gli stranieri arriva fino al punto di colpire i ragazzi italiani che sono nati qui, che hanno studiato qui. Nella scorsa legislatura abbiamo parlato dello ius soli. Quella legge poteva essere migliorata ma, con il decreto sicurezza, a quei ragazzi, a cui abbiamo detto che dovevamo fare più in fretta a dar loro la cittadinanza, perché riconosciamo il fatto che sono nati qui e che vivono qui, adesso diciamo che non bastano più neanche ventiquattro mesi per avere la cittadinanza e che quando compiranno diciotto anni dovranno aspettare altri quattro anni per poterla richiedere.
Ecco, questo è contenuto in questo decreto.
E che cosa c'entri tutto questo con la sicurezza dei cittadini francamente faccio fatica a comprenderlo. Come faccio fatica a comprendere come non si capisca che questa misura rende meno sicuro un Paese e allarga la clandestinità.
Nel decreto è prevista l'eliminazione dei permessi di soggiorno per motivi umanitari, che priverà l'ordinamento italiano di strumenti essenziali per l'attuazione di articoli della Costituzione.
Ma non c'è solo questo: con questa legge si demoliscono i pezzi di integrazione che funzionano.
In questo Paese l'integrazione è un problema, ma c'è uno strumento che funziona e ha dimostrato di saper funzionare e sono gli SPRAR. Il sostanziale smantellamento degli SPRAR comporterà il venir meno di un fondamentale strumento di integrazione. Lì si insegna l'italiano, lì si spiega dove si è, lì si danno nuove competenze professionali, lì c'è la costruzione di reti sociali sui territori, li si fa integrazione.
Con il decreto sicurezza si smantellano gli SPRAR.
Indebolire l'integrazione non è qualcosa che dà più sicurezza a un Paese, ma ne dà certamente meno.
Tralascio altre brutture, come quella di costruire i centri per il rimpatrio.
Tutto legittimo, sono d'accordo che chi non ha diritto a stare in questo Paese dovrebbe andare via. Registro, però, che in questo decreto si costruiscono nuovi centri per il rimpatrio che, scopriamo, sono talmente urgenti per cui si fa quello che, quando lo abbiamo fatto noi per Expo, non andava bene.
Per costruire questi centri si possono, cioè, concedere gli appalti senza fare le gare, cosa che M5S, negli anni scorsi, aveva spiegato essere un crimine e che nessuno di loro lo avrebbe mai fatto.
Comunque, voi costruite i centri per il rimpatrio e li fate costruire con appalti concessi senza gara, come la legge prevede. È una deroga che si può fare, ma io sottolineo il fatto che voi la fate.
Dopodiché, noi metteremo quei 400.000, 500.000 o 600.000 immigrati irregolari di cui si blatera dentro questi centri, non più per novanta giorni ma per centottanta giorni. Poi, però, non c'è una norma che regoli il rimpatrio.
Non ci sono risorse in più per i rimpatri, se non le promesse nella legge di bilancio.
Non c'è una capacità diplomatica per favorire i rimpatri. A meno che non si pensi che insultare quotidianamente il Governo tunisino, come fa qualcuno, sia un modo per ottenere le condizioni perché ci siano i rimpatri.
Questo è questo decreto. Le misure che adesso venivano citate puntualmente nella relazione della maggioranza di Governo sul provvedimento sono misure francamente senza soldi e senza forze. E noi abbiamo fatto proposte.
Siamo fermi al cosiddetto pacchetto Minniti. Non c'è niente di più e anche quando si fa finta di attribuire ai sindaci molti poteri, sostanzialmente si dice loro che potranno fare quello che già oggi possono fare con le ordinanze e in altro modo.
Quindi, anche in tal caso, non c'è niente che possa far dire che domani i cittadini italiani saranno più sicuri e il territorio più vigilato.
Non c'è nulla di tutto ciò.
Abbiamo votato una legge sulla legittima difesa con cui lo Stato mandava un messaggio ai cittadini: non ce la facciamo a difendervi, difendetevi da soli. Dopo aver letto il decreto sicurezza, si conferma questa versione. Non c'è un euro e sono stati respinti tutti gli emendamenti sulla videosorveglianza.
Dove sono le norme per garantire più attenzione al territorio?
Dove sono le norme per impedire che vicende come quella di San Lorenzo succedano ancora?
Se i sindaci avevano bisogno di strumenti per intervenire, dovevano essere messi nel provvedimento al nostro esame, costringendo, ad esempio, le proprietà ad impedire il degrado delle strutture; misure forti che si potevano mettere e non si sono messe.
Dove sono le misure contro gli scafisti e i trafficanti di esseri umani?
Non ci sono perché nel Paese ormai, da parte di alcuni, sembra che la sicurezza consista nel combattere il negozietto etnico sotto casa o il parcheggiatore abusivo.
Anche la questione della mafia passa in secondo piano. Dal decreto sicurezza si intuisce che ci sono molte cose che vengono prima della lotta alla mafia, la quale interessa soltanto perché si interviene sui beni confiscati e sulla loro vendita, facendo in modo che vengano venduti più rapidamente e che si possano così avere i soldi che provengono da tale vendita.
Si dimentica però che la cosiddetta "legge Pio La Torre", che stabilisce la confisca dei beni dice che, da una parte, bisogna colpire i patrimoni dei mafiosi con la confisca, ma, dall'altra parte, che quei patrimoni devono essere restituiti ai cittadini.
Capisco che se i Comuni non ce la fanno, quei beni non devono rimanere sine die senza destinazione, però francamente lanciare il messaggio che si vendono i beni confiscati, è sbagliato ed è un messaggio solo in parte smorzato dal fatto che si è deciso di attivare almeno un fondo che consenta ai Comuni di avere i soldi per mettere i beni confiscati a disposizione della comunità. Detto questo, il messaggio complessivo non cambia.
Non ci sono norme per la lotta alla mafia, vengono prima di tutto le vendite e si demolisce anche un pochino, in alcuni aspetti, la riforma recente del codice antimafia. Quando infatti si dice che diventano facoltativi i tavoli tra sindacati e confindustrie locali, per discutere delle aziende confiscate e garantire che quelle possano vivere e possano con uno sforzo collettivo mantenere l'occupazione, non è un bel segnale.
Ecco, io penso che questo sia il decreto al nostro esame, al di là delle singole norme. È un manifesto politico che indica un nemico - l'immigrazione - in cui non ci sono una norma e un euro per potenziare la sicurezza dei cittadini. È un manifesto che serve a dare soddisfazione ad una forza politica, a una parte del Governo, ma non aiuta i cittadini italiani ad essere più sicuri.

Per seguire l'attività del senatore Franco Mirabelli: sito web - pagina facebook

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