Shimon Peres

Era un palazzone dei congressi a Gerusalemme, di fronte alla Stazione degli autobus, io avevo 20 anni.
Dall'Italia facevo il tifo per il partito della sinistra israeliana, figlio della tradizione sionista, socialista, pacifista nella quale ero stato educato. Il Partito di chiamava Mapam, oggi si chiama Meretz. In Italia incontravamo esponenti palestinesi che abitavano in Italia, per parlare di accordi di pace. Oslo era ancora lontana. Dieci anni. Ma Israele ed Egitto avevano già siglato gli accordi di Camp David e Israele aveva già sgomberato il Sinai, con la conseguenza che Saadat aveva pagato con la vita il suo coraggio di pace, guarda caso ucciso da fondamentalisti islamici.
L’Europa deve rispondere ai bisogni dei cittadini

Lectio magistralis tenuta a Trento.
Una insoddisfazione crescente nei confronti del progetto europeo ha caratterizzato gli ultimi anni del suo percorso. Con il referendum del 23 giugno i cittadini del Regno Unito hanno votato a favore dell'uscita dall'Unione europea. Per alcuni dei paesi dell'Unione questi sono stati anni che hanno visto: la più grave crisi economica del dopoguerra, la disoccupazione, specialmente quella giovanile, raggiungere livelli senza precedenti in presenza di uno stato sociale i cui margini di azione si restringono per la bassa crescita e per i vincoli di finanza pubblica. Sono anni in cui cresce, in un continente che invecchia, l'incertezza sulla sostenibilità dei nostri sistemi pensionistici.
La contraddizione rimossa dall’UE

Questa settimana al Parlamento Europeo, col suo discorso sullo Stato dell'Unione Jean Claude Juncker ha dimostrato di essere consapevole del passaggio storico che stiamo vivendo. É stato un discorso ricco di proposte condivisibili, il problema é se ci sarà nel Parlamento europeo una forza politica sufficientemente larga per dare corso alle sue proposte. La responsabilità storica alla quale Juncker ci ha chiamato é importante: l'Europa rischia la dissoluzione se non reagisce dopo la Brexit. Dobbiamo essere all'altezza di questo momento perché saremo chiamati al giudizio della storia.
I sindaci e la politica internazionale

Articolo pubblicato da ArcipelagoMilano.
In passato era normale che sia i Sindaci sia i Consigli Comunali si occupassero di questioni internazionali: basti pensare alle vicende del Cile o della Palestina, che riassumono una stagione d’impegno e di attenzione, di ordini del giorno, di convegni, ma anche di solidarietà concreta con gli esuli e con chi combatteva per la libertà e la democrazia nel proprio paese. Forse c’era un po’ di ritualità, ma sicuramente un tessuto valoriale che portava a quell’impegno, c’erano narrazioni politiche forti, anche divisive, ma di grande significato. C’era uno scenario internazionale, tutto sommato, più semplice, con meno chiaroscuri.
Politiche attive del lavoro

Le Politiche attive del lavoro sono l’aspetto decisivo del Jobs Act. Siamo ultimi in Europa: 5 miliardi, contro i 20 per politiche passive. Con il D.lgs. 150/15 è nata l’ANPAL, l’Agenzia nazionale per le Politiche attive, che metterà a sistema il molto che c’è, governerà e sosterrà le regioni rimaste al palo. E il presidente Maurizio Del Conte – pronto ad “anticipare le crisi aziendali” – apre al sano concorrere tra pubblico e privato sulla ricollocazione dei senza lavoro (con pagamento a risultato ottenuto e secondo la difficoltà: un aiuto al Sud). Ottima cosa.