Un’Europa unita e più forte può salvaguardare la nostra competitività

Intervento in tv a 7Gold.
Stati Uniti, Russia e Cina hanno tutto l’interesse ad avere un’Europa debole. Un’Europa unita e più forte può salvaguardare meglio la propria capacità di competizione e, quindi, anche le nostre singole nazioni. Un’Europa debole è un’Europa in cui ogni Paese viene sottoposto alle pressioni internazionali e non regge dal punto di vista della competitività.
L’Europa unita, con un’economia comune e una capacità che purtroppo non ha ancora mostrato di avere, sarebbe la potenza economica più grande del mondo e potrebbe competere con tutti, per cui è ovvio che tutti i nostri competitor abbiano l’interesse a indebolire l’Europa. Non è un caso che tutti i sovranisti siano sostenuti da Trump e Putin.
La nuova Segreteria nazionale del PD

ANDREA MARTELLA Coordinatore
ENZO AMENDOLA Esteri e Cooperazione internazionale
CHIARA BRAGA Agenda 2030/Sostenibilità
PIETRO BUSSOLATI Imprese, professioni
ANDREA GIORGIS Riforme istituzionali
MARIA LUISA GNECCHI Welfare
ROBERTO MORASSUT Infrastrutture, Aree Urbane e periferie
NICOLA ODDATI Mezzogiorno
ROBERTA PINOTTI Politiche della sicurezza
GIUSEPPE PROVENZANO Politiche del Lavoro
MARINA SERENI Enti locali/Autonomie
Una nuova sfida per un futuro sostenibile

Sono grata al Segretario per la fiducia ma ancora di più per aver messo questo tema al centro della nostra iniziativa politica: sono convinta che questo sia uno dei terreni più fertili per ricostruire e rafforzare l’identità del PD e del centrosinistra. Continuerò ad occuparmi di ambiente come ho fatto in tutti questi anni ma la vera sfida per noi sarà quella di declinare la sostenibilità in tutti i suoi aspetti: ambientale, economica, sociale e istituzionale, come prevede appunto l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.
La tentazione della Chiesa nazionalista

Le analisi dei flussi di voto dopo le elezioni europee del 26 maggio scorso si sono basate su di un campione tutto sommato ristretto della base elettorale complessiva, giacché solo il 54.5% degli Italiani aventi diritto è andato al voto per rinnovare la nostra rappresentanza al Parlamento di Strasburgo.
Ciononostante, tali analisi sono comunque importanti non solo in base al principio per cui chi è assente ha sempre torto (anche se l’accentuarsi della sfiducia nella democrazia rappresentativa, che si somma al voto per forze politiche apertamente critiche dei tradizionali meccanismi di rappresentanza, è una questione su cui non ci si è ancora interrogati abbastanza), ma anche perché comunque chiariscono una linea di tendenza prevalente nell’opinione pubblica.
Realismo e ambizione per fermare il declino

E’ diventato ormai un leitmotiv il riconoscimento della distanza venutasi a creare tra quello che pensano le classi dirigenti e benestanti (persone istruite e economicamente stabili) e i nuovi ceti popolari (anziani, giovani che non riescono a entrare nel mercato del lavoro, abitanti delle periferie e della provincia, ex-classe media impoverita, working poors). Ci sono molte varianti di questa frattura. Ma non si può capire la fase attuale senza fare riferimento a tale questione. In fondo, ciò a cui stiamo assistendo è la risposta da parte dei diversi Paesi alla lunga e irreversibile trasformazione socio-economica iniziata dopo il 2008.