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I valori dell’Occidente vanno difesi anche con cultura e bellezza

Scritto da Il Sole 24 Ore.

Articolo pubblicato da Il Sole 24 Ore.

Gli Stati generali della cultura, organizzati dal Sole 24 Ore, hanno offerto un riconoscimento della dimensione trasversale della cultura come componente strutturale della modernizzazione economica, ambientale, digitale e sociale del Paese. «La cultura non è il superfluo, ma un elemento costitutivo dell’identità italiana», ha affermato il Presidente Mattarella nel suo discorso di insediamento. Oggi in Europa, in uno scenario che è precipitato all’indietro negli abissi della storia, dovremmo tutti aprire gli occhi e ricordarci che cultura è impegno civico nel rinnovare e difendere democrazia, libertà e bene comune e, insieme, aiuto ai più deboli.
Non si è cittadini di un Paese sovrano senza essere consapevoli della responsabilità di capire e di partecipare, senza il dovere civile di esserci e di contribuire a scelte che possono essere fondamentali per il futuro, senza preoccuparsi di far avanzare la società tutta e non solo la parte più fortunata di essa.
La cultura resta la chiave per migliorare e rinnovare la “normalità” delle nostre vite occidentali con alcune fondamentali disruption: ad esempio, la cultura dell’ambiente sostenibile, del risparmio energetico (altra faccia dell’indipendenza di un Paese) e dell’educazione finanziaria, che serve sia in tempi di crisi economica e sia in tempi di ripresa. E tutte con l’obiettivo di aiutare i giovani, e non solo loro, a trovare la strada non solo professionale dopo la penalità della pandemia. È dunque naturale che il compito di una grande banca italiana come è Intesa Sanpaolo sia quello di assecondare, alimentare e stimolare in ogni modo possibile la diffusione della cultura. Ma con punti fermi molto chiari su metodo e obiettivi, a cominciare da nuovi modelli di collaborazione tra pubblico e privato per inglobare e superare quello di responsabilità sociale di impresa, e dalla contemporanea nostra presenza al fianco di enti locali e istituzioni culturali anche pubbliche, imprese profit e non profit. Con tutti, e ovviamente a cominciare dal ministero dei Beni culturali (che sta operando per valorizzare sempre di più i giacimenti del nostro Paese), lavoriamo insieme con passione e profondità. Il contributo dato da una grande azienda come la nostra va ben oltre l’erogazione di risorse economiche, ma aggiunge quelle risorse operative, di comunicazione, di partecipazione alla vita comunitaria che sempre più spesso risultano decisive nella riuscita di un progetto. Significativo è dunque l’impegno a rendere più efficienti e solidi i progetti sui quali lavoriamo. Il nostro apporto, soprattutto la sua continuità nel tempo, permette la creazione e il mantenimento di posti di lavoro, dando una prospettiva occupazionale concreta in un settore che negli ultimi tempi ha riconquistato tutta la sua strategicità.
Sono vagiti, segnali. Che però ci riconducono all’esigenza di provare a immaginare una via di uscita dalla crisi che poggi su riserve di energia solida nei territori, di tessuti sociali e di operosità che possano costituire un antidoto al combinato distruttivo di stagflazione e dissoluzione della sfera politica, alla cui ripresa non possono certo bastare soltanto la distribuzione di bonus o delle promesse del grande flusso Pnrr.
Guardare agli sforzi delle città-snodo nel mobilitare pezzi della loro memoria produttiva e di coesione sociale nel fare argine alla crisi induce tracce di speranza.
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