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Le riforme del Governo Renzi e il ruolo del PD

Scritto da Franco Mirabelli.

Franco MirabelliÈ difficile sintetizzare i tanti provvedimenti realizzati dal Governo Renzi in questi mesi; cercherò di mettere in evidenza quelli che, a mio avviso, vale la pena di valorizzare e quali sono, invece, le cose che andranno fatte prossimamente, cercando anche di rispondere ad argomenti che vengono utilizzati per fare polemica politica spesso a sproposito.
Inizierei ricordando che, dopo le elezioni politiche del 2013, il Parlamento era ingovernabile e quella vittoria del centrosinistra che tutti avevamo auspicato non si era verificata e al Senato non avevamo neanche la maggioranza per esprimere una presidenza. Uscivamo, quindi, da un dato elettorale che sostanzialmente indicava che il 25% degli elettori che chiedevano il cambiamento non hanno trovato nel centrosinistra l’interlocutore che cercavano ma, purtroppo, sono andati ad ingrossare le fila di un movimento protestatario e antisistema quale è il Movimento Cinque Stelle.
Quel dato elettorale, in sostanza, diceva che la crisi della democrazia in Italia stava raggiungendo livelli molto preoccupanti e molto pericolosi perché indicava che c’era una crisi profonda nel rapporto tra i cittadini e la politica e tra i cittadini e le istituzioni.
Il punto di partenza con cui si è configurato il Governo Renzi, dunque, è stato questo scenario e tutto ciò che è stato fatto da allora ad oggi è andato nella direzione di cercare di risolvere questa situazione. Questo problema non è ancora stato risolto, ovviamente, ma intanto si è assunta la consapevolezza che o questa legislatura diventa una legislatura in cui si è in grado di fare le riforme necessarie per restituire una credibilità alle istituzioni e alla politica oppure la crisi democratica, che è una crisi che si è manifestata in tutta Europa ma che in Italia è particolarmente pesante, rischia di avere esiti che non riusciremo più a governare.
Prima di avventurarci in un’analisi dei provvedimenti approvati, dunque, è bene ricordare che siamo partiti da questo scenario: dal dato elettorale delle elezioni politiche 2013 e dal punto più basso del rapporto tra i cittadini e la politica che si sia verificato nel Paese con la vicenda della Presidenza della Repubblica, per cui il Parlamento ha dovuto chiedere a Giorgio Napolitano di restare perché non era in grado neppure di affrontare insieme il nodo della rappresentanza istituzionale. In questi due anni, il quadro è cambiato molto. I problemi, ovviamente, non sono finiti ma, ad esempio, il modo in cui si è svolta l’elezione del Presidente Mattarella indica che nel frattempo è stato compiuto un percorso importante di ricostruzione e dell’assunzione di una responsabilità da parte della politica.

Se dovessi definire le motivazioni e i risultati delle scelte fatte in questi due anni, direi che stiamo cambiando il Paese.
Spesso, su ogni provvedimento approvato ci si sente rispondere che era necessario fare di più e che manca sempre qualcosa perché tutto è perfettibile. So bene che gli effetti concreti dei provvedimenti adottati dal Governo, nella vita quotidiana delle persone, soprattutto in quelle che hanno maggiori problemi e più bisogno di soluzioni, non arriveranno in pochi istanti però ci sono molti fattori che dimostrano che sta cambiando il Paese e lo sta cambiando il PD.
Il Governo, infatti, è presieduto dal Segretario del PD e sostenuto in Parlamento dal Partito Democratico. Questo Governo, con questa politica, sta provando a ricostruire un rapporto con i cittadini basandosi sulla concretezza.
Il tema da affrontare, quindi, è come si ricostruisce una credibilità, in un Paese in cui è molto difficile ottenere questo. In Italia, la politica ha poca credibilità perché c’è stata una stagione in cui ha ecceduto rispetto ai propri limiti, perché questo è il Paese della corruzione e dell’illegalità ma la questione fondamentale è che la politica in questi anni non è stata in grado di dimostrare di essere capace di fare delle cose e di dare risposte concrete ai cittadini.
Questa è la base di partenza con cui abbiamo affrontato le riforme istituzionali e alcune cose sono state fatte. Con questo Governo, abbiamo già dato alcuni segnali importanti rispetto al fatto che le riforme si stanno facendo davvero.
Innanzitutto, siamo intervenuti seriamente sui costi della politica: abbiamo abolito il finanziamento pubblico ai partiti ed è chiaro che questo cambierà anche i partiti.
Può essere che non sia sufficiente ma stiamo comunque facendo riforme per diminuire il peso della politica sul bilancio dello Stato.
Il problema è che quando otteniamo dei risultati, anche su questioni ampiamente richieste, non e parla mai nessuno. È importante, quindi, valorizzare meglio anche le cose che si fanno e i risultati che si ottengono.

Un’altra questione di attualità riguarda il vitalizio ai condannati. Erano state raccolte 500mila firme per chiedere l’abolizione del vitalizio che ricevevano soggetti che erano stati condannati per mafia o corruzione e oggi, con un provvedimento preparato dalle Camere, chi è condannato per mafia e corruzione oltre che altri reati con condanne che prevedono pene superiori ai due non percepirà più alcun vitalizio. Può essere che si potesse fare altro ma, intanto, questo risultato è stato ottenuto e soggetti condannati che con le norme precedenti avrebbero preso il vitalizio, da oggi non lo avranno più.

Il paradosso di questo Paese è che abbiamo un’opposizione che punta a dire ogni volta che l’Italia non ce la farà, che il Paese non ha speranza e che le cose fatte (anche quando richieste) non sono sufficienti e non vanno bene lo stesso perché i problemi sono sempre altri, diffondendo e sfruttando un clima di distanza dei cittadini dalla politica per conquistare qualche consenso elettorale in più.
La realtà dei fatti, però, è che alcune cose sono state realizzate.

Anche l’approvazione della nuova legge elettorale – che ha suscitato molte polemiche – è stata ottenuta ed erano anni che tutti chiedevano di cambiare il Porcellum ma nessuno lo faceva per davvero.
Non è vero, inoltre, che prima di approvare l’Italicum non si è discusso: si è discusso moltissimo e la legge elettorale approvata alla Camera dei Deputati in prima lettura era molto diversa da quella approvata recentemente in via definitiva (nel prima versione non c’erano le preferenze ma liste corte bloccate e non solo il capolista; c’era un premio di maggioranza del 35% e non del 40% com’è ora; alcune forze politiche sarebbero state escluse dal Parlamento perché la soglia di accesso oscillava tra il 5% e l’8%, invece, adesso è del 3%; c’era il premio di coalizione mentre ora è per la lista).
Oggi, quindi, abbiamo una legge elettorale con cui emerge in modo chiaro chi ha vinto le elezioni e a cui spetta il premio di maggioranza e, con questo, chi vince è messo nelle condizioni di governare per cinque anni. Dopo anni in cui si parla di fare una legge elettorale in grado di dare stabilità al Paese, dunque, oggi con l’Italicum si potrà avere e anche questo è un segnale positivo.
I cittadini, con l’Italicum, avranno la possibilità di eleggere i candidati con un sistema misto. Il capolista sarà scritto sulla scheda (un po’ come con il sistema uninominale) e si eleggerà come primo; di conseguenza, il rapporto con il territorio sarà molto più stretto e ben diverso rispetto alle liste bloccate del Porcellum. Per gli altri candidati, invece, i cittadini potranno esprimere due preferenze (una per un uomo e una per una donna) e anche questa della preferenza di genere è un’innovazione importante introdotta.
Non saprei dire se è la legge migliore possibile ma sicuramente è buona legge ed è quella che, con i numeri che ci sono attualmente in Parlamento, si poteva fare.

Inoltre, in Parlamento, stiamo lavorando per la riforma del Senato e per la riforma del Titolo V e su questo la discussione è ancora aperta: non è vero che su questo terreno si vogliono fare delle forzature. Sicuramente resteranno alcuni paletti: vogliamo essere un Paese come tutti gli altri europei in cui c’è una Camera sola che vota la fiducia al Governo e che definisce l’esecutivo e un’altra Camera che invece rappresenta il territorio e su questo fa sentire la propria voce nei processi legislativi e di Governo.
A mio avviso, questa è una scelta giusta che, oltretutto, comporterà anche quella riduzione dei parlamentari che tutti evocano in continuazione ma che nessuno ha mai provato fare concretamente prima di adesso, perché, con la riforma, chi andrà al Senato sarà rappresentante di altre istituzioni.

Vorrei provare, poi, a rispondere ad alcune critiche che vengono fatte e che trovo assolutamente sbagliate. Continuano a dire che questo è il Governo degli annunci e che Renzi stesso fa solo annunci. In realtà, qualunque parlamentare di lungo corso potrebbe dire che un Governo che ha avuto una produzione di leggi (oltretutto importanti) come quelle che si sono fatte in quest’anno e mezzo, non c’è stato in questo Paese.
Avevamo detto che avremmo abbassato i costi della politica e lo abbiamo fatto; avevamo detto che avremmo fatto la riforma della legge elettorale e l’abbiamo fatta; avevamo detto che avremmo dato gli 80 euro e così è stato.
Sulla questione degli 80 euro, ci tengo a ricordare che alla base di quella scelta vi era l’idea di aiutare i lavoratori dipendenti e rilanciare i consumi e non è vero che non ha prodotto risultati perché, dal momento in cui il provvedimento è stato stabilizzato con l’ultima Legge di Stabilità, i consumi hanno cominciato ad aumentare un po’.

Questo Governo ha dato stabilità e ha dato credibilità all’Italia. Oggi abbiamo su dati economici che non dicono che siamo fuori dalla crisi ma che, per la prima volta dopo tanti anni, sono dati positivi. Non tutti i dati economici derivano dall’azione diretta del Governo, ovviamente, ma il fatto che in tre mesi il PIL sia cresciuto dello 0,3% dopo che per quattro anni è sempre sceso ininterrottamente è sicuramente una buona notizia. Questo dato indica anche che andremmo a chiudere l’anno in positivo e questo significa che saranno disponibili altre risorse da mettere a disposizione sia del risanamento che di politiche sociali (che oggi sono necessarie).
Un discorso analogo vale per quanto riguarda lo spread: se gli investitori comprano titoli italiani anche a interesse zero, per il Paese il fatto di non dover pagare gli interessi è un buon inizio.
I dati di questi giorni sulla conferma dell’aumento della produzione industriale e l’aumento delle commesse sono tutti dati che portano far dire che, se questo processo si avvia e la politica lavora per consolidarlo, sul fronte dell’occupazione potremmo anche pensare di andare oltre a ciò che abbiamo fatto con il Jobs Act.

Il Jobs Act è un’altra delle leggi approvate ma, a dispetto delle critiche, non lo abbiamo presentato come un provvedimento che da solo avrebbe creato occupazione: abbiamo sempre detto che il Jobs Act serviva a ridurre la precarietà (e il fatto che quest’anno in Italia ci sia stato il 25% di contratti a tempo indeterminato in più rispetto all’anno scorso è un dato molto positivo perché significa che abbiamo centrato l’obiettivo di estendere il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, anche grazie alla decontribuzione per i nuovi assunti). L’altro obiettivo del Jobs Act era quello di cambiare il sistema degli ammortizzatori sociali. È da poco stata rifinanziata la cassa integrazione in deroga ma intanto è stata istituita la NASPI (la nuova assicurazione per chi perde il posto di lavoro) che non vale più solo per i lavoratori delle grandi aziende ma che vale per tutti i lavoratori dipendenti e anche per chi perde il lavoro tra i lavoratori autonomi o tra quelli che avevano contratti a tempo determinato.
Tutto questo, dunque, è stato fatto e quindi non è vero che il Governo fa solo annunci ma fa cose concrete che contribuiscono anche a produrre i dati economici positivi che ci vengono presentati in questi giorni.

Un’altra polemica di queste settimane riguarda il fronte della legalità.
Roberto Saviano è arrivato a dire che con Renzi c’è Gomorra.
Occupandomi di antimafia, a coloro che fanno finta che il tema di questa campagna elettorale non siano i programmi e il futuro delle Regioni che vanno al voto ma siano i candidati “impresentabili” di alcune liste, farei presente che non è vero che questi soggetti si stanno moltiplicando.
È stata diffusa l’idea che attaccata questo Governo c’è una disattenzione rispetto ai temi della legalità ma questo non corrisponde alla verità.
Questo è il Governo che ha fatto subito la modifica dell’articolo 416ter del codice penale con cui si punisce il voto di scambio inteso come voto in cambio di favori mentre prima era punibile solo il voto in cambio di soldi e si tratta di una modifica importante che i magistrati stanno già utilizzando nelle condanne. 
Con questo Governo, inoltre, è stato introdotto il reato di autoriciclaggio che consente di colpire chi detiene proventi illeciti e li usa in proprio. Si tratta di un meccanismo importante che consente di ricordare a coloro che sono depositari in conti correnti all’estero che devono far rientrare i capitali (senza condono) perché altrimenti, avendo guadagnato con gli interessi su quei soldi, incorrono in un reato penale con cui si va in galera.
Sul fronte della corruzione abbiamo appena approvato una legge per contrastarla con cui si reintroduce anche il reato di falso in bilancio, senza il quale era consentito a chi corrompe di mettere da parte i soldi per poi pagare in nero il corrotto. Sono state anche alzate le pene perché in Italia non ci sta nessuno in carcere per corruzione.
Inoltre, in Italia, erano 18 anni che si attendava una legge che istituisse i reati ambientali e ora abbiamo approvato la legge sugli eco-reati. L’Italia è il Paese in cui sono stati assolti tutti i dirigenti di Eternit e in cui si è potuto fare pochissimo sulla Terra dei fuochi perché mancavano quei reati.
Oggi abbiamo introdotto 4 tipologie di reati ambientali e previsto delle pene congrue e stabilito il principio che l’unica attenuante che si può avere, può essere concessa solo se si risarcisce il danno fatto.
Inoltre, stiamo lavorando ad un nuovo codice per gli appalti e alla legge per cambiare i tempi della prescrizione, è stata istituita l’Autorità Nazionale Anticorruzione presieduta da Raffaele Cantone che va a guardare gli appalti prima che vengano assegnati per verificare se ci sono tutele sul fronte della corruzione.
Insomma, Governi che possano contare tutti questi provvedimenti sul fronte della legalità non ci sono.
L’accusa che viene fatta al Governo su questo tema, quindi, è pretestuosa e fondata su chiacchiere.

Questo non è un Governo di sinistra ma non significa che le cose che stiamo facendo non siano di sinistra.
Ridurre la precarietà nel mondo del lavoro è una cosa di sinistra.
Cambiare gli ammortizzatori sociali per estenderli anche a chi non ha contratti a tempo indeterminato o non sta in una grande azienda è una cosa di sinistra.
Penso che sia di sinistra anche costruire una scuola in cui gli studenti vengano formati. Di sicuro, è di sinistra assumere i 100mila precari della scuola. Così come non penso che non sia di sinistra rifinanziare l’edilizia scolastica tanto quanto lo ha fatto questo Governo.
Probabilmente la riforma della scuola cambierà ma su alcuni punti no perché ragionamenti come quelli riguardanti il merito e la valutazione sono temi seri.
Anche le politiche sulla casa che stiamo facendo penso che siano politiche di sinistra perché guardano all’interesse delle persone che sono più in difficoltà.

Tutte queste cose sono state fatte riscontrando molte resistenze. È normale che il cambiamento produca resistenze: spesso di fronte ai cambiamenti si ha un po’ paura, poi ci sono anche le resistenze di chi difende un interesse.
Inoltre, a volte ci si è anche trovati di fronte a difficoltà.
L’ultima difficoltà, ad esempio, è la sentenza della Corte Costituzionale sulle pensioni alla quale, a mio avviso, abbiamo dato la risposta giusta e che tiene conto delle motivazioni espresse dalla Corte. La Corte, infatti, afferma che è stata sbagliata la legge con cui sono state bloccate le indicizzazioni in quanto non erano rispettati i principi di progressività e proporzionalità. Innanzitutto, però, occorre chiarire che stiamo parlando delle pensioni dai 1.500 euro in su. Purtroppo, stiamo mettendo 2 miliardi di euro (che è il minimo che si poteva fare) a disposizione di pensionati con pensioni da 1.500 euro in su mentre forse, in questo momento, sarebbe stato più utile utilizzare quelle risorse per le pensioni più basse e per aiutare gli indigenti. Ora il Governo prevede di dare dei soldi una tantum alla fascia di pensionati con pensioni intorno ai 1.500 euro lordi e si ragionerà su come stabilire un’indicizzazione anche a quelle pensioni.
Questa è stata comunque una difficoltà seria di fronte a cui ci siamo trovati.
Sempre in materia di pensioni, vale la pena di segnalare che il Presidente del Consiglio ha ufficializzato ciò che prevedono dei disegni di legge già depositati in Parlamento, in cui si sostiene che è in corso un ragionamento rispetto alla possibilità di fare l’uscita flessibile. Si tratta, quindi, di smettere di dire ad ogni persona di questo Paese quando deve finire di lavorare ma dare ad ogni lavoratore la possibilità di scegliere quando andare in pensione sapendo che, in base alla scelta, avrà un reddito diverso. In questo modo ciascuno potrà costruirsi una propria carriera previdenziale guardando eventualmente i soldi da investire.

Ad alcuni non piace lo stile di Renzi ma penso che stiamo facendo le riforme e abbiamo credibilità in questo Paese anche perché Matteo Renzi ha dato l’idea che ciò che conta è fare le cose. Renzi, in questo, dimostra una determinazione e una decisione che in un Paese come l’Italia, abituato a discutere all’infinito le cose e a non farle mai perché si aspetta sempre di mettere tutti d’accordo, sicuramente suona strano.
Renzi potrebbe attenuare il carattere, potrebbe dare maggiore visibilità alla discussione che, comunque, viene fatta. Non è vero, infatti, che non si discute. Sulla riforma elettorale abbiamo discusso molto. Il Jobs Act è cambiato molto rispetto a com’era inizialmente proprio perché si è discusso.
Penso che il Presidente del Consiglio voglia lanciare agli italiani un messaggio chiaro che è quello di dire che adesso la politica fa, smette di celebrare i riti infiniti per cercare di mettere d’accordo tutti senza poi fare nulla e si agisce.

Tra le prossime questioni che si dovranno affrontare, probabilmente, vi è il capitolo dei diritti civili perché fino ad ora è stato fatto solo il divorzio breve ed è un po’ poco da questo punto di vista.

Il PD oggi è la forza che sta trainando il cambiamento del Paese. Il PD è la forza che si sta intestando questo cambiamento, con tutti i rischi del caso. Abbiamo intrapreso una strada e la stiamo seguendo e da cui non credo si possa tornare indietro. Credo che il PD debba ragionare su che partito è e a cosa serve il PD sui territori. A mio avviso, il PD sui territori serve a discutere ma serve anche a sostenere questo cambiamento e a sostenere le ragioni delle riforme che stiamo facendo. Il PD, mentre a Roma si cerca di cambiare il Paese, non può ridursi ad un posto sui territori in cui si dà spazio a discussioni autoreferenziali con dei posizionamenti politici che fanno da stella polare. Il compito del PD è sostenere questo cambiamento e intestarsi questo cambiamento, farlo vivere nei nostri circoli. Non possiamo avere un partito che fa solo da coscienza critica del Governo e non possiamo avere un partito che ragiona solo su se stesso e sui posizionamenti interni.
Credo che le minoranze debbano avere voce e spazio ma penso che lo debbano avere anche le maggioranze e, soprattutto, credo che le maggioranze - dopo aver discusso - devono poter decidere. Non si può mettere un partito nelle condizioni di non poter decidere o di non poter fare ciò che si è deciso dopo la discussione perché c’è una parte che non lo consente, non riconoscendo la propria condizione di minoranza.
Dobbiamo abituarci ad uscire da una logica vecchia.
Abbiamo deciso di fare le primarie, di svolgere i nostri congressi in questo modo, abbiamo eletto un Segretario e abbiamo eletto un gruppo dirigente. Quando ci sarà il prossimo congresso si potrà ridiscutere tutto, oggi però, bisogna che sia chiaro che chi ha vinto il congresso deve essere messo nelle condizioni di fare le cose.
Non possiamo, quindi, essere la coscienza critica ma abbiamo bisogno di essere parte di un meccanismo che cambia il clima di questo Paese. Se non cambia il clima in questo Paese, rischiamo di non farcela.
Ci sono molte famiglie normali che da tempo mettono da parte i soldi nei depositi bancari perché sono preoccupate per il futuro.
Occorre convincere le persone che possono spendere quei soldi perché il futuro non è fosco ma l’Italia ce la può fare. Expo dimostra che questo Paese è capace di fare. Milano, in questi mesi e in questi anni, ha dimostrato che questo Paese ce la può fare.
Quando facciamo le cose, le sappiamo fare benissimo e un altro esempio è piazza Gae Aulenti.
Questo Paese ha un futuro se i dati economici positivi che ci sono vengono consolidati e se rimettiamo in moto anche i consumi interni e ridiamo fiducia.
Se, invece, l’idea continua a essere quella che diffondono le opposizioni che non hanno niente da dire e cioè che questo è un Paese disperato e che non ce la farà mai, finiremo per non farcela davvero.
Su questo tema, però, non è sufficiente solo l’azione del Parlamento e del Governo, ma occorre che ci sia un partito che sia capace di fare fino in fondo la propria parte sui territori.

Video dell'intervento»

Per seguire l'attività del senatore Franco Mirabelli: sito web - pagina facebook

 
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