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L’Occidente, il consumismo e la cultura della non cultura

Scritto da Rosa Aimoni.

Rosa Aimoni
Articolo pubblicato da Report Online
Molto spesso si parla di dialogo fra le diverse culture, di integrazione e di tolleranza.
Oggi, a mio avviso, il vero problema non deriva dalla mancata integrazione fra le diverse culture, quanto dall’appiattimento delle stesse provocato dalla globalizzazione e, ancor prima, dal consumismo che l’Occidente ha esportato come modello.
L’appiattimento delle culture provoca la spersonalizzazione delle masse, e l’incapacità individuale di identificarsi con un insieme di valori.
Questo triste fenomeno è iniziato proprio con il dilagare del consumismo, che ha reso superflui il mantenimento e lo studio della cultura, anche di quella occidentale, proprio perché non necessari ai fini del possesso.
E non occupandoci più della nostra cultura, diventiamo freddi, insensibili ed intolleranti anche nei confronti di quella degli altri.
Spesso si parla degli stranieri. Quello che non si dice, però, è che gli immigrati, se non fossero usati per scopi consumistici, come spesso accade, potrebbero essere per noi anche fonte di arricchimento culturale. (Mi riferisco, a questo proposito, allo sfruttamento esistente nei cantieri edili, oppure in quei luoghi dove le donne vengono “utilizzate” per soddisfare i bisogni sessuali dei clienti).
Se fosse esistente un vero modello integrativo, magari programmato e attuato a livello europeo, gli immigrati potrebbero spiegarci le loro tradizioni, e noi potremmo fare altrettanto con loro.
Se così fosse, vi sarebbe un dialogo tra le diversità che porterebbe ad un reciproco vantaggio; infatti, la civiltà, sia individuale che collettiva, si raggiunge sempre attraverso il confronto, che è l’unico strumento idoneo ad innalzare il livello di comprensione e di umanità.
Ma l’Occidente è assuefatto ormai al solo consumo, e alla morale “usa e getta” che da questo deriva.
Ciò ci impedisce di valorizzare noi stessi e gli altri; gli esseri umani vengono spesso visti solo come strumenti per raggiungere i fini personali di profitto.
Tutto questo impedisce anche a molti immigrati, che seguono il nostro esempio, di ricordare e raccontarci il loro sapere, e rende noi occidentali incapaci di abbandonare lo schema psicologico-consumistico che ci impone di essere una volta sfruttatori e l’altra sfruttati, arrecandoci enormi disagi e dolori.
Una considerazione a parte merita l’Islam, religione che, diversamente dalle altre, non risulta essere indebolita dai nostri condizionamenti.
L’Islam presenta al suo interno diverse correnti; il nostro dialogo culturale con quelle civili e moderate (che sono la maggioranza), porterebbe sicuramente lo stesso Islam ad isolare, ridurre ed infine convertire le frange terroristiche (che non sono affatto numericamente superiori, ma così appaiono perché i loro atti ci fanno ovviamente paura).
Ma noi non siamo abituati al dialogo e al confronto con un’altra cultura, visto che quasi non ci occupiamo più neanche della nostra.
L’appiattimento in nome della globalizzazione e del consumo, e la conseguente incapacità di dialogare con gli altri, non ci porterà mai nessun vantaggio; forse possediamo più beni materiali ma, a mio avviso, la vera ricchezza è la cultura. Non quella globale e consumistica, ma quella dei singoli Paesi, delle singole nazioni e delle diverse religioni, che dal reciproco confronto potrebbero trarre il più elevato giovamento.
Il separatismo e l’esclusione provocano il fanatismo, la paura e l’odio; il dialogo senza preconcetti genera invece la comprensione, la civiltà e la pacifica convivenza.
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