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Il partito ha bisogno di un cambio di passo

Scritto da Piero Fassino.

Piero Fassino
Intervista del Mattino a Piero Fassino.

Fassino, nei tanti webinar che sta tenendo per presentare il suo libro «Dalla rivoluzione alla democrazia» dedicato ai cent'anni del Pci e pubblicato da Donzelli, evoca spesso l'immagine di un partito «che respira con la società e abbia un rapporto di osmosi con i cittadini». Questo per lui era il Pci e questo oggi - sottolinea il parlamentare dei democrat e ultimo segretario dei Ds - dovrebbe essere il Pd. «Guardi, non c'è alcuna nostalgia. Viviamo in un mondo tutto diverso. Ma nel momento in cui il Paese vive la crisi più difficile dal dopoguerra, con un'inquietudine e un'angoscia che hanno cambiato radicalmente la vita di tutti, un partito deve occuparsi prima di tutto di quello che accade fuori dalle sue stanze.
C'è un'Italia che aspetta ciò e sono convinto che Nicola Zingaretti parlasse di questo quando ha voluto dare un segnale forte richiamando tutti alle proprie responsabilità e ponendo fine a un dibattito lacerante e autoreferenziale che stava logorando il Pd e la sua credibilità. E l'obiettivo a cui dobbiamo dedicare ogni nostra energia. Per farlo occorre necessariamente un cambio di passo».
Fassino, lei interpreta così l'annuncio di dimissioni di Zingaretti utilizzando parole forti invitando addirittura a vergognarsi.

«Guardi, sono stato sette anni segretario di partito e comprendo la sofferenza di chi, spendendo ogni sua energia, non si sente riconosciuto. Conosco Zingaretti, è uno dei giovani della "nidiata" che lanciai da segretario Ds. Gli sono vicino e sono convinto che non abbia voluto offendere nessuno, ma che la sua intenzione sia di pretendere un cambio di passo da un Pd che ha di fronte a due sfide».
Quali?

«La prima è il successo del governo di Mario Draghi. Nel suo discorso alle Camere ci sono le nostre idee e le riforme che da tempo il Pd chiede e ai cui contenuti deve concorrere rendendo visibile e riconoscibile il nostro contributo. La seconda sfida riguarda la prospettiva politica: il governo Draghi non è una parentesi, ma il terreno di una ristrutturazione del sistema politico con una netta separazione tra un prima e un dopo, equilibri e alleanze stanno già cambiando il profilo di centrosinistra e centrodestra Il Pd è chiamato a impegnarsi nella costruzione di un nuovo campo progressista, partendo dal rafforzamento dall'intesa con M5S e Leu, ma non chiudendosi in essa, perché abbiamo bisogno di coinvolgere i tanti mondi della società con una proposta innovatrice e riformista in grado di conquistare larghe adesioni e consensi nella società».
Un itinerario che il Pd rischia di intraprendere però senza aver sanato vizi di origine.

«Come uomo politico che ha lavorato per far nascere il Pd, direi che il partito di oggi non è ancora quello che avevamo immaginato. Utilizzerei una metafora: senza due persone che decidono di volerne generare una terza, nessuna creatura può nascere. Se nei primi tempi questo nuovo nato continua ad appoggiarsi sui genitori, matura poi il bisogno di emanciparsi, di costruirsi un proprio profilo identitario. Così è per il Pd, nato da un atto di generazione di Ds e Margherita, ma che via via deve assumere il profilo proprio di forza riformista. In parte c'è riuscito, in parte non ancora».
Massimo Cacciari sostiene di no e basta.

«Non possiamo ignorare che nato nel 2007, il Pd dal 2008 al 2015 ha fatto i conti con una crisi economica devastante e quando pensavamo di esserne usciti è arrivata la pandemia. E questo ha fortemente condizionato lo sviluppo del Pd: non voglio giustificare niente, ma non si può ignorare che negli ultimi 15 anni tutta la sinistra europea ha conosciuto difficoltà e riduzione di consensi. Una crisi che non ha investito solo il Pd».
Oggi la preoccupa che il Pd possa deflagrare?

«Sono preoccupato per l'Italia. Il Pd è una forza determinante per il destino del Paese, nessuna altra forza politica può svolgere il ruolo e il compito che spettano al Pd. Il governo Draghi per farcela ha bisogno del Pd. E un'enorme responsabilità di cui bisogna essere consapevoli. Per questa ragione io mi auguro che il gesto di Zingaretti produca un sussulto di consapevolezza. Il Pd ha bisogno di identificarsi con una società in difficoltà, di interpretare le sue nuove pressanti domande, di ricostruire una presenza sui territori, riqualificando il suo impegno e radicandosi in ogni articolazione sociale. E questo il cambio di passo che l'Italia ci chiede di compiere».
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