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Credibilità della politica e ruolo dei partiti

Scritto da Franco Mirabelli.

Franco MirabelliIntervento svolto all'incontro "Tra politica e società" (video).

Quando si parla di crisi della rappresentanza, ridurre questo concetto alla crisi del rapporto tra politica e cittadini o tra partiti e società è sbagliato. Oggi, infatti, siamo in un contesto in cui la crisi di rappresentanza coinvolge tutta la società italiana: c’è una crisi della politica, una crisi delle istituzioni, una crisi dei corpi intermedi, una crisi della rappresentanza del mondo economico. È una crisi più complessiva della democrazia per come l’abbiamo conosciuta fino ad ora e per come si è costituita in questi anni. Sicuramente la crisi economica ha aggravato la situazione e, soprattutto, ha aggravato la tensione tra i cittadini e la politica, perché la crisi economica di oggi ha trovato una politica che troppo spesso non è stata capace per errore di dare risposte, quelle risposte concrete che da tanti anni ormai i cittadini chiedono.

Ma anche una politica che non ha saputo dare le risposte perché ormai priva di strumenti di fronte ad un mondo cambiato, globalizzato e in cui le decisioni vengono prese su altri terreni.
Per questo, penso che il tema della fiducia nella politica e il ruolo dei partiti sia centrale perché, per ribaltare la situazione in cui attualmente ci troviamo, serve innanzitutto ridare credibilità alla politica, ridare credibilità alle istituzioni e ridare credibilità alla democrazia perché è evidente che la crisi del rapporto tra i cittadini e istituzioni è legato al fatto che si è persa la credibilità.
All’incontro di oggi sul rapporto tra politica e società organizzato dall’Associazione Democratici per Milano, tutti hanno sottolineato la necessità di ricostruire fiducia ma ciò passa dalla ricostruzione della credibilità e questo tema, sostanzialmente, è la bussola su cui stiamo costruendo la legislatura in corso, perché possiamo anche discutere nel merito ognuna delle riforme proposte (le riforme istituzionali, la legge elettorale ecc.), però credo che, all’interno di questa discussione, questo contesto non possa essere tralasciato. Oggi abbiamo bisogno di fare riforme vere in questo Paese per dare più forza e credibilità alla politica e alle istituzioni.
Questo non è un ragionamento di parte perché sono convinto che, se in questa legislatura non riusciamo a portare a termine le cose che ci siamo impegnati a fare e per cui si regge la legislatura (con maggioranza e anche una parte di opposizione), non solo non risolveremmo i problemi, ma non ci sarebbe una vittoria per nessuno perché la credibilità, che è la condizione della nostra democrazia, andrebbe persa.
Ritengo, infatti, che ci sia complessivamente un tema di credibilità e del cambiamento che la sinistra non ha saputo interpretare (lo evidenziano i dati delle ultime elezioni politiche). La domanda di cambiamento si è rivolta altrove. Una parte significativa della domanda di cambiamento ha ingrossato le fila del Movimento Cinque Stelle, si è ridotta ad essere una protesta.
Per dare credibilità al cambiamento, dall’esperienza fatta, oggi vedo due grandi ostacoli: il primo sta nel rapporto tra l’opinione pubblica e il tema della legalità, che è un tema centrale. Noi, troppo spesso, consideriamo la questione della legalità importante ma non prioritaria. Oggi occorre ridare il senso che la politica e la rappresentanza in questo Paese facciano uno sforzo culturale, sociale, normativo per ricostruire una legalità che ogni giorno i cittadini vedono che si è persa e che non riguarda solo la politica. Mi pare evidente che la vicenda di Roma e altre vicende mostrino che c’è un’illegalità diffusa che va contrastata con grande forza. Non è vero che non si fa niente, come sostengono le opposizioni, ma il problema è che non si fa abbastanza e anche che abbiamo a che fare con paradossi come ad esempio il fatto che a Milano siamo nella città di Expo e abbiamo realizzato uno dei sistemi migliori tra quelli conosciuti fino ad oggi per impedire le infiltrazioni mafiose ed è evidente che questa cosa potremmo valorizzarla, anche perché potrebbe dare credibilità alla politica che ha costruito quelle misure ma la contraddizione è che poi ci siamo trovati, invece, con la centrale pubblica appaltante (che doveva essere quella che garantiva tutto) che è stata protagonista delle vicende corruttive che abbiamo visto.
C’è da fare, quindi, un grande lavoro su questo. Non è da affrontare in maniera giustizialista come alcuni fanno ma penso comunque che una delle priorità della politica debba diventare quella di costruire prevenzione dentro i partiti e fuori dai partiti, alzare barriere, rendere sempre più difficile le infiltrazioni criminali oltre che una battaglia culturale che credo vada fatta.
L’altro tema è questo: anche nella discussione in questi giorni in Parlamento, sento da parte di alcuni una gran voglia di difendere l’esistente e questo, ovviamente, rende meno credibile il cambiamento. C’è in qualche modo una gran voglia di difendere la propria funzione, difendere la propria rendita di posizione, difendere i propri interessi di parte.
I dati ci dicono che la credibilità dei partiti è al 3% di e noi oggi abbiamo tutta l’opposizione che sostiene che non si possono fare quelle riforme che il PD ha proposto perché aggraverebbero la situazione del rapporto con i cittadini.
Personalmente ritengo che sia il contrario. Credo, infatti, che abbiamo bisogno di fare le riforme proprio per ribaltare questa situazione e ricostruire il rapporto tra i cittadini e la politica. Però, dentro a queste affermazioni, c’è un punto che è la paura del cambiamento che c’è in questo Paese che è vera, che non è solo difesa degli interessi ma è anche difesa delle abitudini, delle rendite, della pigrizia rispetto a dover modificare abitudini.
Credo, quindi, che su questo ci siano due ostacoli seri che però partono da un’incomprensione, cioè chi dice che i problemi degli italiani sono altri e le riforme vengono dopo o non servono, pensa che sia possibile in qualche modo un’operazione di aggiustamento che rimetta il treno sugli stessi binari di prima. Io penso, invece, che dobbiamo dirci con grande chiarezza che la crisi della politica così come l’abbiamo conosciuta e del sistema politico come lo abbiamo conosciuto è irreversibile e, come dice sempre Piero Fassino, “O si cambia o si muore”, o riusciamo a dare veramente una svolta o altrimenti questa crisi sarà ineluttabile e, quindi, i partiti non possono essere come prima, ma non solo perché è stato abolito il finanziamento pubblico ai partiti: non possono più essere come prima perché non abbiamo saputo in questi anni rappresentare i mutamenti sociali che sono avvenuti, perché siamo apparsi fermi di fronte a una società che cambiava e siamo apparsi autoreferenziali di fronte a quello che vivevano i cittadini.
Con Renzi, il Partito Democratico ha aperto una fase nuova: stiamo prendendo atto che ciò che c’è non va bene e che dobbiamo superare tanti limiti che la politica e le istituzioni hanno. Ma questo non è sufficiente. Dobbiamo anche provare a capire come ricostruire, sapendo che ciò che ricostruiremo non potrà essere uguale a ciò che c’era prima, così come il Paese non sarà uguale a com’era una volta quando usciremo dalla crisi. Dobbiamo cominciare a pensare e a progettare quale rapporto ci potrà essere tra la politica e i cittadini, tra le rappresentanze sociali e la politica. Una cosa è certa: non potrà più essere come prima.

Video dell'intervento»

Per seguire l'attività del senatore Franco Mirabelli: sito web - pagina facebook

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