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Il DAP avrebbe potuto fare di più per trovare soluzioni diverse che conciliassero salute e sicurezza

Scritto da Franco Mirabelli.

Franco Mirabelli Intervento durante l'audizione in Commissione Antimafia del Direttore Generale della Direzione detenuti del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, dottor Giulio Romano (video).

Non ho potuto partecipare ieri a tutta l’audizione di Giulio Romano e sono andato a leggere il resoconto di ciò che non avevo ascoltato.
Prendo atto dell’autocritica che ha fatto Giulio Romano sulla vicenda di Zagaria.
Prendo atto, con più soddisfazione, della rivendicazione orgogliosa che ha fatto Giulio Romano rispetto alla scelta di fare una nota che era convinto servisse a provare a tutelare le persone detenute che avrebbero potuto essere colpite in maniera più diffusa dal virus e la interpreto come tale.
Personalmente, dall’inizio di questo ciclo di audizioni in Commissione Antimafia, sostengo che il problema non è la nota emanata ma trovo strano che facendo quella nota - non condivisa dalla dottoressa Malagoli (la quale aveva informato Giulio Romano della non condivisione) – al DAP non si sia fatto nulla per distinguere i detenuti e non si sia preso alcun provvedimento per fare in modo che il trattamento dei detenuti comuni e dei detenuti in alta sicurezza fosse diverso.
Non penso che non dovesse essere salvaguardata la salute dei detenuti in alta sicurezza ma penso che su questo il DAP avrebbe potuto fare molto di più per trovare soluzioni diverse che conciliassero salute e sicurezza che non fossero gli arresti domiciliari.
Dal momento che Giulio Romano ha affermato di aver visto l’articolo 123 del Decreto Cura Italia, era evidente che già il legislatore aveva distinto e aveva chiarito che quella norma si applicava per i detenuti comuni mentre non si applicava per le persone detenute in regime di alta sicurezza.
Io penso che questo sia il vero nodo da affrontare e di cui in Commissione Antimafia dobbiamo chiedere conto a Giulio Romano e alla dottoressa Malagoli, che comunque era responsabile del dipartimento che si occupa di alta sicurezza e di 41bis.
Penso che questo sia il tema e, quindi, questa è la prima questione che volevo porre a Giulio Romano.
La seconda questione è ovviamente legata a questa.
Nella precedente audizione in Commissione Antimafia abbiamo un po’ approfondito le questioni con Sebastiano Ardita e, se ho capito bene, Giulio Romano era arrivato da poco tempo al ruolo di dirigente del DAP, però su tutto questo si sarà fatto un’idea.
A me colpisce molto il fatto che con i magistrati di sorveglianza - che pure applicano la legge e salvaguardano la salute dei detenuti - non ci fossero mai stati problemi sull’alta sicurezza e sul 41 bis, fino a quando ha funzionato un meccanismo di comunicazione continuo, quasi quotidiano, garantito proprio dal DAP con la Direzione Nazionale Antimafia e le Procure Distrettuali Antimafia. Questo meccanismo, infatti, consentiva di avere il quadro giorno per giorno della realtà e della situazione dei singoli detenuti.
Il fatto che si sia spezzato questo ruolo del DAP e si sia interrotta questa funzione ha portato al fatto che ci siamo trovati con questa vicenda e con i magistrati di sorveglianza che non avevano direttamente informazioni e abbiamo dovuto fare un decreto per farle ottenere.
Evidentemente quel meccanismo che funzionava prima, adesso non funziona più e bisogna, quindi, sopperire in altro modo per garantire che le Procure Antimafia e la Direzione Nazionale Antimafia possano - sulla base delle informazioni - anche negare i benefici a fronte di una valutazione sui collegamenti che permangono tra il detenuto e le organizzazioni criminali.
Vorrei sapere, quindi, se Giulio Romano, nel breve periodo in cui è stato al DAP ha ricostruito la ragione per cui si è interrotto quel processo che prima funzionava.
A mio avviso quella interruzione sta molto alla radice del problema che stiamo affrontando con queste audizioni.

Video degli interventi e delle risposte» 

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