Adesso dobbiamo dare forma alla nostra comunità digitale
Articolo di Edoardo Pivanti pubblicato da Immagina.
Questa situazione ci impone, anche in futuro di vivere contatti e relazioni in modo diverso. Molto diverso, e per diverso tempo.
Pensiamo ai primi mesi, al primo periodo della “riapertura”. Quando potremo di nuovo stringere la mano o riabbracciarci, lo faremo con la stessa leggerezza di prima?
Abbiamo dovuto in questi mesi misurarci con la mancanza di contatti e di relazioni, portando a rendere parte della nostra vita immateriale. Affetti, relazioni, acquisti, spese…tutto è stato vissuto attraverso uno schermo, un monitor che ci ha “protetto” ma anche allontanato.
Questo non significa che dovremmo per forza ridurre per sempre la nostra socialità, ma porta a pensare come un’organizzazione sociale strutturata, come per esempio un Partito, debba necessariamente riorganizzare la propria presenza anche in modo immateriale attraverso una rete.
E questa immaterialità, questa organizzazione sociale vive comunque attraverso una comunità che ha spostato parte di sé nel digitale. Ed è lì che si inserisce il nostro compito. Dare forma alla nostra comunità digitale, che interagisca tra sè e fuori di sè, per dare seguito e creare luoghi di discussione attraverso quell’immaterialità che sarà comunque parte della nostra vita.
Condividere un post, una foto, mettere un like, un ritweet non è solo oramai un insieme di 0 e di 1, ma è un gesto normale, che comporta conseguenze, posizioni, interazioni. E un minimo anche di contatto umano, che ci permette di essere diversi da chi usa questa rete solamente per creare consenso e non per veicolare idee.
Una comunità digitale, che riesca a trasformare questa immaterialità in una nuova forma di socialità e in opportunità di contatto, di crescita, di lavoro, di sviluppo.
In attesa, ovviamente, di tornare anche a riprenderci quella materialità nelle relazioni che è tipica del nostro essere umani.
Questa situazione ci impone, anche in futuro di vivere contatti e relazioni in modo diverso. Molto diverso, e per diverso tempo.
Pensiamo ai primi mesi, al primo periodo della “riapertura”. Quando potremo di nuovo stringere la mano o riabbracciarci, lo faremo con la stessa leggerezza di prima?
Abbiamo dovuto in questi mesi misurarci con la mancanza di contatti e di relazioni, portando a rendere parte della nostra vita immateriale. Affetti, relazioni, acquisti, spese…tutto è stato vissuto attraverso uno schermo, un monitor che ci ha “protetto” ma anche allontanato.
Questo non significa che dovremmo per forza ridurre per sempre la nostra socialità, ma porta a pensare come un’organizzazione sociale strutturata, come per esempio un Partito, debba necessariamente riorganizzare la propria presenza anche in modo immateriale attraverso una rete.
E questa immaterialità, questa organizzazione sociale vive comunque attraverso una comunità che ha spostato parte di sé nel digitale. Ed è lì che si inserisce il nostro compito. Dare forma alla nostra comunità digitale, che interagisca tra sè e fuori di sè, per dare seguito e creare luoghi di discussione attraverso quell’immaterialità che sarà comunque parte della nostra vita.
Condividere un post, una foto, mettere un like, un ritweet non è solo oramai un insieme di 0 e di 1, ma è un gesto normale, che comporta conseguenze, posizioni, interazioni. E un minimo anche di contatto umano, che ci permette di essere diversi da chi usa questa rete solamente per creare consenso e non per veicolare idee.
Una comunità digitale, che riesca a trasformare questa immaterialità in una nuova forma di socialità e in opportunità di contatto, di crescita, di lavoro, di sviluppo.
In attesa, ovviamente, di tornare anche a riprenderci quella materialità nelle relazioni che è tipica del nostro essere umani.
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